Il governo taglia i fondi agli enti locali, ma salva il Ponte di Messina

28 Giu 2010

Stretta dei conti nella Manovra di quasi 25 miliardi. Ma i soldi per il faraonico ponte non si toccano. E, nero su bianco, in Gazzetta ufficiale spunta il primo contributo: 1.300 milioni assegnati allo Stretto di Messina Spa.

Vi ricordate le ottomila e più firme raccolte da LeG l’anno scorso in calce ad un appello che sollecitava il governo ad annullare l’enorme impegno finanziario per il faraonico Ponte sullo Stretto, utile solo come mangiatoia e soprattutto come ennesima fanfaronata di Silvio Berlusconi? E vi ricordate che con quell’appello avevamo proposto di destinare quegli stessi fondi al risanamento delle zone franose del messinese e del reggino che tanti morti e danni enormi avevano causato proprio nel corso del 2009?

Ebbene, quelle firme (che testimoniavano di un senso comune ben più ampio) sono state del tutto inutili. La manovra, ora all’esame del Senato, prevede una stretta dei conti, pubblici e privati, di quasi 25 miliardi di euro. Tutto è stato tagliato, soprattutto a regioni e comuni, e ai percettori di redditi medio-bassi. Ma una delle poche cose su cui il governo non è intervenuto è proprio il Ponte sullo Stretto, questo incredibile miraggio che tale è e resta, alla faccia della conclamata sismicità dell’area siculo-calabrese, e alla faccia della persistente mancanza persino del progetto esecutivo in base al quale avviare concretamente i lavori: i carotaggi, i famosi piloni sulle punte estreme delle due regioni, l’altrettanto mitica, unica campata di più di tre chilometri, ecc. ecc.

Malgrado dunque che il Ponte sia tutto e solo sulla carta (ma proprio su questo campa da vent’anni la Società per azioni Ponte sullo Stretto), e malgrado sia stata e sia sempre strombazzata la favola che i maggiori costi saranno sulle spalle di privati – con il sistema del project financing – che tuttavia non si sono ancora materialmente esposti, ecco materializzarsi sulla Gazzetta ufficiale lo sfacciato intervento del governo per il Ponte.

Ecco le prove. Con l’articolo 4 (commi 4-quater e 4-quinquies) del decreto-legge 1. luglio 2009 (dal paradossale titolo di “Provvedimenti anticrisi”) “convertito nella legge n. 102 del 3 agosto 2009 come modificato dall’art. 1, comma 1, del decreto-legge 3 agosto 2009 n. 103 convertito nella legge 3 ottobre 2009 n. 141” è stato assegnato alla Stretto di Messina SpA un primo contributo in conto impianti di 1.300 milioni di euro “a valere sulle risorse del Fondo infrastrutture”. Bisogna tenere presente che si tratta ancora di una minima parte del mega-finanziamento “quantificato nel suo complesso” dal governo in 12 milioni e 676 mila euro. Ebbene, forse che un solo euro è stato stornato sulle vere e drammatiche emergenze dell’area dello Stretto?

Macché. I decreti e le leggi di conversione demandavano al Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) la determinazione, con proprie delibere, delle quote annuali “compatibilmente” (attenzione a questo avverbio) “con i vincoli di finanza pubblica”. Detto e fatto: con deliberazione del 6 novembre 2009 – dunque con la crisi mondiale già maturata e in via di esplosione – il Cipe ha disposto la ripartizione in quattro anni dello stanziamento dei primi 1.300 milioni: 92,729 milioni per questo anno; 96,874 per l’anno prossimo; 455,479 per il 2012; 642,242 per l’anno successivo. Tutto questo è stato certificato dalla recente pubblicazione in Gazzetta ufficiale (serie generale, n. 36) del “programma delle infrastrutture strategiche – Ponte sullo Stretto di Messina – Presa d’atto della relazione del commissario straordinario e conrtributo ex articolo 4, comma 4-quater, legge n. 102/2009”.

Dunque, è confermato anche da questa vergognosa storia: tutti pagano per la manovra. Tranne Berlusconi. E tranne le sue follie magagalattiche. “Compatibilmente con i vincoli della finanza pubblica”, com’è ovvio.

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