La carta svuotata

21 Giu 2010

Stefano Rodotà

In questa stagione torbida le prove di decostituzionalizzazione si susseguono e si infittiscono. Per la prima volta nella storia della Repubblica un governo vuole modificare un articolo della parte iniziale della Costituzione, l´articolo 41.
Una norma contigua, l´articolo 40 che disciplina il fondamentale diritto di sciopero, viene messo concretamente in discussione dal documento della Fiat riguardante i lavoratori di Pomigliano d´Arco. Non a caso dall´attuale maggioranza si è affermato perentoriamente che è venuto il momento di cambiare lo stesso articolo 1, considerandosi anacronistico che si parli di «una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Ancora il Governo propone di modificare l´articolo 118, altri ritengono che si deve porre mano all´articolo 81 e si è addirittura pubblicamente sostenuto che si debba ammettere il referendum sulle leggi tributarie, escluso dall´articolo 75. In questo clima si dice apertamente che deve cadere il tabù della prima parte della Costituzione, e che è tempo di cambiarne persino i principi fondamentali. Ho parlato di decostituzionalizzazione, e non di modifiche, perché siamo di fronte a tentativi dichiarati di liberarsi della Costituzione. Sembra così giungere a compimento un vecchio progetto, che attraversa tutta la storia della Repubblica e che finora era stato sventato. Il caso dell´articolo 41 illustra bene lo stato delle cose. In questi giorni sono state ricordate la genesi e la portata della norma: storia nota, consegnata da anni a studi impeccabili, che smentiscono sia la tesi di una sua ascendenza comunista, sia quella dell´impossibilità di introdurre regole più flessibili per le imprese senza modificare quell´articolo. L´ignoranza della storia sta divenendo una sua continua falsificazione. Non si leggono gli atti dell´Assemblea costituente né la giurisprudenza costituzionale, si inventano inesistenti “vuoti” costituzionali, che dovrebbero essere colmati con le parole “mercato” e “concorrenza”, necessarie perché l´Italia si allinei all´Europa e all´ultima generazione di costituzioni. Un´altra falsificazione. La concorrenza non figura più tra i principi di base del Trattato europeo di Lisbona: piaccia o no, questo è il risultato di una iniziativa di Sarkozy, che l´ha confinata in uno dei tanti protocolli che accompagnano il Trattato. Tutte le costituzioni europee prevedono il diritto dei poteri pubblici di regolare il funzionamento del mercato e quando questa parola compare, come nella costituzione spagnola, la si accompagna con la previsione esplicita del potere dello Stato di sottoporla a pianificazione. E ricordo per l´ennesima volta quel che è scritto nella costituzione tedesca: “La proprietà impone obblighi. Il suo uso deve al tempo stesso servire al bene della collettività” (art. 14); “la proprietà terriera, le ricchezze naturali e i mezzi di produzione possono essere trasferiti, ai fini della socializzazione, alla collettività o essere sottoposti a altre forme di economia collettiva mediante una legge che determini il modo e la misura dell´indennizzo”).

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