Legge Bavaglio, Berlusconi: testo blindato alla Camera

08 Giu 2010

A Montecitorio non si faranno ulteriori modifiche. Il testo al presidente Fini solo mezz’ora prima del vertice

Silvio Berlusconi blinda il ddl intercettazioni alla Camera e, parlando in mattinata all’assemblea di Federalberghi, attacca nuovamente i giudici politicizzati che bloccano l’azione del governo e arrivano a «sostituirsi al popolo sovrano». Il premer è stufo delle critiche, dei suoi scarsi poteri, delle «forche caudine» cui ogni legge deve sottostare tanto da rendere «un calvario quotidiano» farne una, che quando esce da Palazzo Chigi – spiega- «ti ritrovi un dromedario mentre avevi pensato ad un cavallo».

Dopo estenuanti trattative, Berlusconi spinge a chiudere i giochi sulle intercettazioni e su un testo del quale non è del tutto soddisfatto: «è passato all’unanimità in ufficio di presidenza ed io soltanto – sottolinea – mi sono astenuto perchè la legge non risponde del tutto alle promesse che avevamo fatto nel programma». Ma adesso il Cavaliere vuole solo portare a casa una legge che «le lobby dei magistrati e dei giudici hanno tentato di bloccare» ma che è comunque un buon compromesso, un primo soddisfacente passo «nel lungo cammino per il nostro diritto alla libertà».

Dal presidente della Camera Gianfranco Fini, che ha potuto accendere il semaforo verde su un testo arrivato solo alle 8,30 del mattino sulla sua scrivania, arriva una risposta piccata: «Va ad onore di Berlusconi essersi astenuto sul ddl intercettazioni perchè a suo avviso, non manterrebbe in toto gli impegni presi con gli elettori in materia di tutela della privacy. Comunque sono certo che Berlusconi concordi con me sul fatto che la nuova formulazione del ddl fa si che esso di certo non contrasti con altri impegni presi con gli elettori: quelli in materia di lotta alla criminalità e di difesa della legalita».

Come sia sia, dopo un lungo braccio di ferro Fini depone le armi. È invece Berlusconi ad alzare gli scudi contro chi lo critica e lo ostacola nella sua azione di governo. «Facciamo quello che si può, non si può fare di più – si inalbera -Abbiamo una straordinaria forza di volontà, resistiamo con la pelle dura a tutte le critiche che ci vengono rivolte: ma non chiedeteci di più». «Resistiamo – insiste – anche se a mettervi nei miei panni, a leggere giornali e guardare Tv pensando di essere Berlusconi, viene la nausea».

Un “resistere, resistere, resistere” che evoca un pessimo rapporto con quella magistratura politicizzata che anche oggi il premier attacca. «La sovranità – punta il dito – non è più nelle mani del popolo, ma in quelle di alcuni pm che attraverso la Corte costituzionale si fanno abrogare le leggi». Quei pm che «respingono un cittadino innocente, dopo il primo grado, nel girone infernale dei processi perchè con il loro mestiere ci guadagnano, perchè vogliono dimostrare il loro teorema accusatorio, perchè gli stai antipatico o solo per pregiudizio politico». Giudici che, denuncia, «mi hanno spinto a chiedere alla Protezione Civile di non da andare più all’Aquila, perchè dopo la denuncia di mancato allarme da parte della magistratura qualche mente fragile che ha avuto morti sotto le macerie potrebbe arrivare a sparare».

Berlusconi appare battagliero ma stanco di lottare con i lacci e lacciuoli che rallentano l’azione di governo. «Non c’è niente che non sia faticoso nell’attività di governo – si lamenta -. Il presidente del Consiglio non ha nessun potere. Le decisioni toccano a Capo dello Stato, Parlamento, Corte costituzionale». E anche la ’navettà dei provvedimenti tra le Camere è «un giochino che può andare avanti all’infinito», per arrivare ad una legge che, se passa il vaglio del Quirinale, «devi sperare che i pubblici ministeri di Magistratura democratica non vadano alla Consulta per farla abrogare…». Agli albergatori il Cavaliere promette: «la tassa di soggiorno a Roma, una decisione che è stata presa alle mie spalle, sarà solo una extrema ratio».

Poi difende una manovra di «pochi sacrifici» e promette ancora la riduzione delle tasse «appena si può». Non senza bacchettare la Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, seduta nelle prime file, per il suo no al posto di ministro dello Sviluppo economico. «Mi ha fatto una lunga lista di richieste e io le ho detto vieni tu a fare queste cose – recrimina il premier -. Sapevo che il mio invito non sarebbe stato accolto ma adesso attenti perchè non si può solo criticare chi al governo ha tutte le responsabilità».

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