Intercettazioni, a che punto è la notte?

01 Giu 2010

La decisione del presidente della Camera di scendere in campo contro il testo che il Senato dovrebbe licenziare, apre un conflitto senza precedenti, tale da prefigurare una crisi istituzionale. Da una parte, Fini; dall’altra, Renato Schifani, il presidente del Senato e fedelissimo di Berlusconi, che si bacchettano senza esclusione di colpi

C’è una settimana (il tempo in cui la legge stazionerà ancora in commissione) per capire come finirà la battaglia sulle intercettazioni e fin dove può arrivare lo scontro aperto da Gianfranco Fini all’interno del Pdl. Gli interrogativi si intrecciano.
Primo: gli uomini di Berlusconi proveranno la spallata, costi quel che costi, per imporre i voleri del capo oppure si troverà alla fine un escamotage per spingere il provvedimento su un binario morto?
Secondo: il conflitto nella destra sul tema dei diritti e della legalità, che affronta la prova chiave sulla legge bavaglio, può arrivare fino a uno strappo definitivo? Era una previsione abbastanza diffusa che tra Berlusconi e Fini si fosse ormai giunti a una tregua, favorita anche dall’esigenza, per il premier, di trovare un contrappeso alla diarchia Tremonti-Bossi. E, invece, l’armistizio, se mai c’è stato, è durato lo spazio di un mattino, e il regolamento dei conti potrebbe essere vicino. La decisione del presidente della Camera di scendere in campo contro il testo che il Senato dovrebbe licenziare, apre un conflitto senza precedenti, tale da prefigurare una crisi istituzionale. Da una parte, Fini; dall’altra, Renato Schifani, il presidente del Senato e fedelissimo di Berlusconi, che si bacchettano senza esclusione di colpi. Seconda e terza carica dello Stato l’una contro l’altra in armi. Fino alla richiesta, ormai abbastanza esplicita, dei “falchi” del Pdl, che invocano le dimissioni dell’inquilino di Montecitorio.

E’ un duello singolare. Fini,  sollevando “dubbi sul testo al Senato”, ha compiuto un gesto che non è certo rituale. Schifani  gli replica individuando in ciò un’ingerenza e una scorrettezza costituzionale. Ma non è forse vero che la legge, così come è stata congegnata, è una violazione dei principi costituzionali, ignorando l’equilibrio tra i poteri, il rispetto delle istituzioni e persino il minimo senso dello Stato? Non appare sempre più chiaro che la proclamata tutela della privacy è divenuta il pretesto per aggredire l’odiata magistratura e la libera informazione?  Fini può anche aver fatto qualche forzatura, visto il suo ruolo pubblico. Ma va al cuore della materia in discussione, a quelli che sono gli aspetti più aberranti della legge. Anzitutto, le condizioni proibitive in cui  gli inquirenti potranno usare le intercettazioni, per una durata non superiore a 75 giorni, per cui peggio per loro, si arrangino, se stanno per accertare un reato al settantaquattresimo giorno. E, poi, il colpo di coda finale, l’emendamento introdotto al Senato, grazie al quale la nuova disciplina può essere applicata anche ai processi in corso, col risultato di far saltare, condannandole alla decadenza, tutta una serie di inchieste E, questa, la norma salva-cricca, la tagliola preparata in tutta fretta per salvaguardare posizioni a rischio, interessi inconfessabili.

Fini, ponendo i suoi paletti, mostra di privilegiare le convinzioni agli interessi. Assume l’immagine di un liberale, attento alla legalità, ai diritti e ai doveri. Ma c’è da chiedersi quale avvenire possa avere questa posizione in un partito come il Pdl, dove la fedeltà al leader è l’unico criterio di selezione. Può anche mettere in crisi il governo su una determinata legge, perché i voti di cui dispone possono farsi sentire in qualche passaggio essenziale. Però, sparata questa cartuccia, non ha più altri proiettili a disposizione. La partita torna in altre mani, quelle di Berlusconi. L’opposizione ha i suoi buoni motivi per prestare la dovuta attenzione alla “ribellione” del presidente della Camera. Senza un accordo preventivo tra gli uomini di Fini e il grosso della maggioranza, la legge non potrà che arenarsi. Ma al centrosinistra deve essere chiaro che il testo proposto dal governo è, di fatto, inemendabile. Solo uno suo stravolgimento potrebbe renderlo accettabile. E, quindi, non c’è margine per analisi autoconsolatorie. La battaglia va condotta fino all’ultimo. Con tutti gli strumenti leciti. Per impedire quest’ultimo strappo alla nostra Costituzione. Che ci allontanerebbe dal contesto di una normale democrazia. Realizzando uno stato di eccezione permanente per i privilegi e le prepotenze di un’intera classe dirigente.

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