Bavagli e amnesie

20 Mag 2010

Impegnati a smentire l’impietosa statistica che al Senato dall’inizio dell’anno segnala 9 ore di lavoro alla settimana, da giorni i senatori della maggioranza in Commissione Giustizia si impegnano a lavare l’onta facendo le 3 di notte per mandare in Aula a giugno il disegno di legge governativo sulle intercettazioni. Neofiti dello stakanovismo. E pure incompresi da tutti, ma proprio tutti.

Il capo della polizia e i sindacati delle forze dell’ordine, i magistrati e gli avvocati, la federazione degli editori dei giornali accanto al sindacato dei cronisti, l’associazione degli editori di libri, per non parlare dell’opposizione e persino di liberi battitori nella maggioranza, i professori universitari, fino a chi fa sommessamente presente la giurisprudenza della Corte europea di Strasburgo: tutti mettono in guardia dalle assurdità e incongruenze di una legge che, con la scusa di colpire l’abuso di intercettazioni, renderà i cittadini più insicuri di fronte alla delinquenza; meno uguali, a forza di eccezioni per parlamentari, preti e agenti segreti; e più disinformati. Proprio ieri, infatti, la Commissione ha approvato gli emendamenti che, come ripetutamente segnalato dal Corriere, impedirebbero fino all’inizio del processo (sotto il pugno di sanzioni agli editori fino a 465.000 euro per notizia) anche il semplice riassunto di qualunque atto d’indagine non più coperto da segreto: come le deposizioni delle due sorelle che vendettero casa a Scajola o l’esistenza di 80 assegni, dati giudiziari a partire dai quali i quotidiani hanno condotto le inchieste giornalistiche sfociate nelle dimissioni del ministro neppure indagato.

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