Riforme, il punto di Zagrebelsky e Grosso

14 Mag 2010

Zagrebelsky e Grosso a confronto sul tema delle riforme istituzionali

Gustavo Zagrebelsky

Un parterre di oltre duecento persone, moltissimi i giovani, lunedì 3 maggio a Ivrea, Carlo Federico Grosso e Gustavo Zagrebelsky si sono confrontati sul tema della “Riforma della Giustizia e altre revisioni costituzionali”. L’incontro, moderato da Roberta Ponzetti, è stato organizzato da Forum Democratico del Canavese e Libertà e Giustizia. Tema all’ordine del giorno nel Paese, in Parlamento e tra le forze politiche, tutti uniti, a parole, nel giudicare improcrastinabili le riforme istituzionali, quelle della giustizia ma anche economiche e sociali. Anche se, al di là dei proclami, si percepisce una diffusa indecisione nell’affrontare seriamente l’argomento. Pare interessi l’attuazione del federalismo fiscale (già avviata con la modifica del titolo V della Costituzione), e certe riforme in materia di giustizia, si pensi ai tempi record con cui sono state approvate la legge Alfano poi dichiarata incostituzionale, la legge sul legittimo impedimento, quella sulle intercettazioni ed al cosiddetto processo breve.

Federico Grosso e l’obbligatorietà dell’azione penale

Il dibattito entra immediatamente nel vivo con la risposta di Federico Grosso, alla domanda sulle conseguenze della revisione o della limitazione dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Grosso si definisce “conservatore” poiché ritiene irrinunciabile il principio, costituzionalmente sancito, dell’obbligatorietà dell’azione penale, senza il quale sarebbero messo a repentaglio le garanzie e l’uguaglianza dei cittadini, asservendoli a interessi politici contingenti.
La revisione di tale principio, se congiunto ad altre riforme quali la separazione delle carriere, la creazione di un ordine di pubblici ministeri indipendenti, potrebbe rappresentare un rischio per la democrazia. Se, per altro verso, la separazione delle carriere dovesse costituire la premessa per un asservimento dei pubblici ministeri al governo, l’attentato sarebbe ancora più evidente: mai, in uno Stato democratico, dovrebbe essere consentito all’esecutivo di interferire sull’esercizio dell’azione penale.
Se infatti la discrezionalità dei PM venisse usata secondo criteri dettati dalla politica, dipendenti direttamente da un programma politico, allora si attenterebbe direttamente all’ indipendenza e all’ imparzialità della funzione giudiziaria. Se invece il potere di agire venisse esercitato in modo indipendente da organi dell’accusa che non rispondono se non a se stessi, allora la discrezionalità dell’agire rischierebbe di trasformarsi in arbitrio.
L’obbligatorietà dell’azione penale è proprio la garanzia che il potere dell’accusa non sia esercitato arbitrariamente. Se nei fatti il principio non è rispettato, la risposta dovrebbe essere quella di rafforzare misure e meccanismi che riducano, e non accrescano, i margini di scelta delle procure e dei singoli magistrati.
Sulla “ragionevole durata del processo” Grosso ritiene poi che se, in astratto, si riuscisse a ridurre la durata dei processi, si otterrebbe certamente un risultato molto apprezzabile.
Per raggiungere effettivamente questo obiettivo servirebbero, tuttavia, alcune condizioni che oggi mancano: riorganizzazione del sistema giudiziario; risorse ingenti da stanziare, e che attualmente non ci sono; aumento del personale giudiziario e para giudiziario; eliminazione dei presidi inutili e accorpamento dei tribunali; informatizzazione degli uffici; iniziative per rendere più rapida la macchina della giustizia, altrimenti si andrebbe allo sfascio, centinaia di procedimenti verrebbero inesorabilmente prescritti.
Grosso manifesta anche grande preoccupazione in ordine alla legge sulle intercettazioni, in corso di approvazione e indica alcuni esempi pratici, volti a dimostrarne le conseguenze sul funzionamento della Giustizia e sulla libertà di informazione.
La ratio della legge viene pretestuosamente ricondotta al virtuoso proposito di tutelare la privacy. Per questo, però, si sarebbe potuto introdurre l’obbligo di distruggere i contenuti delle intercettazioni relativi a persone estranee alle indagini o comunque irrilevanti che avrebbero potuto essere conservati in un archivio riservato.

Gustavo Zagrebelsky: la privacy e i personaggi pubblici
Il principio della privacy ha un contenuto diverso quando viene in rilievo per soggetti che ricoprono incarichi pubblici. E’ inoltre evidente che qualora la legge fosse definitivamente approvata, non sarebbe possibile dare notizie su importanti casi di rilievo pubblico, perché con tale provvedimento si introduce un divieto di pubblicazione che non riguarda le sole intercettazioni: sarà il silenzio stampa, nulla potrà essere scritto su qualsiasi fatto delittuoso fino all’udienza preliminare.
Quanto alle riforme costituzionali, Zagrebelsky fa ricorso a una serie di efficacissimi paradossi. In sostanza, in un contesto politico consolidato e frammentato pluralisticamente, nessuna vera riforma costituzionale è possibile, poiché non esistono le condizioni necessarie né per un’ imposizione costituzionale unilaterale né per un nuovo contratto o compromesso costituzionale.
Gli stessi presunti riformatori aspirano a una riforma che sblocchi un sistema di relazioni politiche irrigidito in un equilibrio simile alla paralisi, ma questa è solo la riprova indiretta dell’impossibilità della riforma stessa.
La situazione potrebbe essere diversa se in futuro, ad esempio, nuove regole elettorali offrissero alla maggioranza la forza numerica sufficiente a operare da sola, nel proprio interesse e suscitando reazioni e divisioni rischiose per tutti, nel campo delle riforme costituzionali.
Per adesso, la via tentata sembra essere quella dell’accordo di compromesso (o di  cooperazione) fra i diversi gruppi politici. Tuttavia questa strada non porta da nessuna parte, perché, nelle circostanze date, uno scambio fra le diverse parti politiche non può essere per tutti ugualmente favorevole o ugualmente pregiudizievole.
Paradossalmente, è più facile fondare dal nulla un nuovo sistema costituzionale che riformare parzialmente quello esistente: infatti, solo all’inizio di una nuova esperienza costituzionale i rapporti fra le parti politiche sono ancora magmatici e in fase di definizione, mentre in un sistema democratico rappresentativo consolidato, in cui le forze politiche sono espressione di interessi sociali, qualsiasi riforma incide anche sul consenso e quindi sulla rispettiva forza dei soggetti politici.
Per fare le riforme nell’attuale sistema, prosegue Zagrebelsky,  occorrerebbe un difficile, anzi impossibile sdoppiamento, evocando l’immagine pirandelliana di colui che davanti allo specchio cerca con movimenti rapidi di sottrarsi alla propria immagine riflessa, che lo segue in ogni movimento, o quella del barone di Münchhausen, che volendo uscire dal pantano in cui è caduto, si aggrappa ai suoi baffi.
La motivazione da cui si parte normalmente per motivare la volontà di riforma costituzionale della forma di governo, aggiunge Zagrebelsky, è la difficoltà di prendere decisioni nella situazione esistente. Si trascura però di considerare che, quanto più la motivazione della riforma è la mancanza della capacità di decidere, tanto più la riforma è difficile. Al contrario,  se il sistema è capace di decidere, la riforma è facile, ma anche superflua.
Oggi non sono tanto le leggi e i contratti costituzionali a operare, ma piuttosto le regole e le convenzioni derivanti dalle pressioni particolari che incidono sull’ordinamento costituzionale e producono la cosiddetta costituzione materiale.
Dalla separazione fra le mai realizzate  grandi riforme formali e quelle concrete dei rapporti costituzionali, deriva l’autorizzazione a far andare per loro conto le ultime.  Al contrario, se si vuole cambiare la Costituzione per migliorarla, si icominci intanto a farla funzionare nel modo migliore attraverso le tante azioni particolari che la Costituzione consente.
Ma il periodo che stiamo vivendo, dice Gustavo Zagrebelsky, nonostante tutto, è  “eccitante”, paragonabile ai moti carbonari del Risorgimento, e si spera possa  preludere a una nuova era.

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