Veca: Vorrei Milano amica dei bambini

06 Mag 2010

«Una città amica dei bambini». Che Milano vorrei? Salvatore Veca risponde fuori dalle convenzioni. L’ idea è apparentemente semplice: «Tutelare e migliorare la qualità di vita dei più piccoli è la scelta di civiltà su cui si può ritrovare l’ orgoglio di Milano. Perché di lì una ciliegia tira l’ altra o, come si direbbe da professori, si innesca una connessione a catena tra scelte politiche e i loro effetti sulla società». Da dove si dovrebbe partire, professore, per rendere Milano “amica dei bambini”? E perché dà per scontato che questa sia, come avrebbe detto Moretti, una cosa di sinistra? «Lasciamo per un attimo indietro la seconda domanda, e partiamo dal concreto. Una città amica dei bambini non li obbligaa respirare dai passeggini quantità di smog che tutti i pediatri ci insegnano essere causa di patologie crescenti. Si preoccupa del loro ambiente, che non vuol dire discutere all’ infinito dove mettere gli alberi, ma aumentare davvero il verde a disposizione. E una città amica offre alle fasce più giovani dei suoi cittadini nidi ed educazione primaria, ma migliora anche i tempi di vita e di lavoro delle madri, adeguando alle loro esigenze i servizi e la mobilità urbana». Prima i bambini e poi le donne? «Come dicevo una ciliegia tira l’ altra, dai bambini si passa alle mamme, e anche il tasso di tutela e rispetto delle donne è certamente un indicatore di civiltà. Prima ancora che di sinistra, per venire al secondo quesito, questo è un punto di vista che avrebbero condiviso gli illuministi milanesi del Caffè…» Facciamo la prova del nove: crede che oggi Milano sia “nemica dei bambini”? «Purtroppo lo è nei fatti. Più in generale, è una città che privilegia chi non ha bisogno di tutela, chi ha risorse per fronteggiare i disagi comuni, e sanziona doppiamente chi ha già degli svantaggi. Se una madre ha un bambino che esce da scuola a un’ ora, uno a un’ altra, lavora part time e usa i mezzi pubblici, lo sa. Come paga un doppio disagio un anziano che esce per andarsi a curare, se si rompe il tram. A proposito di cause e di effetti, partendo dai bambini presto si arriva anche ai nonni. E ai giovani, appena cresciuti, che vivono condizioni di disagio a partire dalla mancanza di alloggi universitari». Troverebbe banale l’ obiezione che i bambini in città sono meno dei singlee che ci sono ampi ceti che evidentemente hanno un’ altra idea dei propri interessi? «Tutt’ altro. Ma vede, un progetto politico si basa su una visione della convivenza e della cittadinanza condivisa. Sappiamo che Milano è tante città diverse, ma ricomporre questo arcipelago di differenze creando ponti e non ghetti conviene a tutti. Oggi la città è percepita come rancorosa e incattivita, e anche solo questa percezione ci fa sentire peggio. Si possono convincere i cittadini che è un vantaggio per tutti creare inclusione e non esclusione, costruire compagnia e non solitudine». La città a misura di bambini incrocia anche il tema dell’ immigrazione, dato che il recupero demografico viene soprattutto dai “nuovi milanesi”. «Naturalmente sì, ed è un tema fondamentale. Può piacere o non piacere una certa politica dell’ immigrazione, ma l’ immigrazione in sé è un fatto, su cui va costruita una cultura della convivenza. Una città amica dei bambini è una città sostenibile da un punto di vista economico, con misure a tutela dell’ educazione dell’ infanzia e delle donne, da un punto di vista energetico, con una politica ambientale corretta, e da un punto di vista culturale, con l’ integrazione tra le diversità». Crede che la sinistra milanese possa farsi carico di un progetto così impegnativo? «Da cittadino appassionato, non da politico e in questo caso neppure da filosofo della politica, indico un’ agenda, non un programma. Ma vedo che ci sono associazioni e gruppi molto attenti alla qualità della vita urbana, dai genitori che chiedono servizi e tempi di vita diversi alle mamme antismog. Mi piacerebbe che diventassero gli azionisti di riferimento di una cultura dello stare assieme che si propaghi. E se non vogliamo arrivare l’ anno prossimo alla solita affannosa ricerca del candidato per le elezioni a sindaco, è bene che su questo ragioni anche un ceto politico oggi minoritario, a cui per tante ragioni resto affezionato, ma di cui si vedono anche i limiti».

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