Scandali, gaffe, dimissioni: il berlusconismo sotto accusa

06 Mag 2010

Non sono giornate allegre. Prima, la vergognosa vicenda del ministro Scaiola, che pone una domanda grande quanto la sua casa con vista sul Colosseo: perché mai il costruttore Anemone ha sborsato 900 mila euro per “facilitarne” l’acquisto, quali i favori inconfessabili e il tornaconto? Subito dopo, il “caso” del coordinatore del Pdl, Denis Verdini, già tirato in ballo nel primo filone fiorentino del cosiddetto “Bertolasogate”, e ora indagato per corruzione dalla Procura di Roma nell’inchiesta che riguarda l’energia eolica in Sardegna. Altri sviluppi, su altri fronti, si attendono (e si temono). E, allora, sono i libri e le denunce di Saviano a dare quella cattiva immagine del Paese che tanto preoccupa il presidente del Consiglio? Oppure è questo governo che ci sta portando a un crescente livello di degrado? Dimenticavamo: Scaiola e Verdini sono entrambi fedeli “discepoli” del Cavaliere. Il primo, nato nella Dc, ebbe un colpo di fulmine (“Mi ha stregato”) per il Berlusconi entrato in politica. Diverse origini ha il secondo, ma la stessa determinazione ha mostrato quando, presone il posto nel partito, si è trattato di attuare i voleri del capo.
Era facile capire come la vicenda Scaiola fosse solo l’inizio, l’avvisaglia di una valanga. Troppo semplice considerarla una vicenda personale, fatta di ingenuità e arroganza. Piuttosto, c’è una storia ancora tutta da scrivere se si vuole svelare un sistema che opera nell’ombra, con le sue reti di complicità.

Un sistema di abusi di Stato, che si è nutrito di un intricatissimo groviglio politico-affaristico. Facilitato dal fatto che gli appalti pubblici, in nome dell’emergenza, sfuggono a ogni regola e controllo. Per cui, l’intreccio di interessi convergenti tra costruttori e politici fa sparire qualsiasi confine tra il pubblico e il privato. Concussione, corruzione, abuso d’ufficio: questo il rosario che si va sgranando. La ripetitività degli scandali minaccia di provocare un’assuefazione cinica e rassegnata in mancanza di un sussulto delle coscienze. Ma ci vogliono iniziative concrete se si vogliono eliminare i meccanismi che alimentano il vizio corruttivo. Bisogna cancellare un sistema di eccezione permanente, in cui le varie consorterie si spartiscono la spesa pubblica con spensierata impunità.
Che cosa sta facendo il governo? Per prima cosa, dopo le dimissioni di Scaiola, Berlusconi si è preso l’interim, ignorando il nuovo, clamoroso caso di conflitto d’interessi: il presidente imprenditore che, come si è giustamente osservato, è al tempo stesso ministro dello sviluppo economico, vale a dire di se stesso. Poi, ha saggiato la possibilità di usare ancora una volta il “metodo Silvio”: attacco alle Procure rosse e denuncia di un complotto. “E’ chiaro che si tratta di una congiura contro di me”, si è sfogato con i suoi. Ma questo schema scricchiola all’interno della stessa maggioranza. Si è dissociato subito, come era prevedibile, Gianfranco Fini.

E, per la prima volta, prende le distanze anche Bossi. In crescente difficoltà, il Cavaliere si trova ormai con troppi fronti aperti. Ma sbaglierebbe il Pd se confidasse troppo nella guerriglia dentro il campo della destra. Il centrosinistra deve puntare anzitutto su se stesso. E usare tutti gli strumenti, di cui l’opposizione dispone, per avere chiarezza. A questo punto, la responsabilità politica riguarda direttamente il presidente del Consiglio. E’ il suo leaderismo carismatico che viene messo sotto accusa.

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