Ainis-Davigo: l’Italia corrotta e la questione morale

04 Mag 2010

RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, I PALETTI DI LEG // Giustizia, legalità e corruzione: questi i temi trattati lunedì sera in un incontro dei soci del Circolo romano di Libertà e Giustizia con due interlocutori d’eccezione, Piercamillo Davigo, protagonista della stagione di Mani Pulite e oggi magistrato in Cassazione, e Michele Ainis, ordinario di diritto pubblico all’Università di Roma Tre ed editorialista de La Stampa.Il dibattito, moderato dal coordinatore del Circolo Massimo Marnetto, ha delineato un quadro impietoso dello stato della legalità in Italia. Un quadro tanto drammatico da far disperare della possibilità di risalire la china. Vediamo qui una sintesi di ciò che è stato detto.
Ainis: Perché il grado di legalità in Italia è tanto basso? C’è una malattia lombrosiana degli italiani? C’è un cattivo ambiente giuridico? In realtà una delle cause è l’eccessivo numero delle leggi. Abbiamo visto il ministro Calderoli bruciare 370 mila leggi: non so come sia arrivato a quel numero. Forse ci ha messo dentro anche i decreti ministeriali e le ordinanze comunali. In realtà, tra leggi nazionali e leggi regionali si arriva a circa 50 mila. Ma sono comunque troppe, tanto che il problema del giudice non è interpretare la legge, ma individuare il perimetro entro il quale collocare il giudizio.Inoltre, viviamo in un sistema oligarchico senza rinnovo delle classi dirigenti, e questo provoca debolezza etica perché tutti sanno che si va avanti solo attraverso giuramenti di fedeltà.

Perciò o sei un eroe o ti arrangi, vivendo al di sotto o al di là delle regole.
Davigo: Vero, queste sono le precondizioni della illegalità. Da noi si vieta quasi tutto ma poi si è di manica larga nell’applicare i divieti. Il rigore ci è estraneo, al contrario di quanto accade nei paesi del Nord Europa, dove si vietano poche cose, ma quelle si vietano chiaramente. L’Italia è tra i paesi più corrotti al mondo, ma il numero di condanne è inferiore a quello della Finlandia, che fino a poco tempo fa era il paese meno corrotto, anche se recentemente è scesa al secondo posto.La polemica sul giustizialismo è perciò infondata: non abbiamo troppa repressione, ma troppo poca. Pensate alle nuove norme sul falso in bilancio: renderlo perseguibile a querela del socio, che o è di minoranza e allora non lo sa, o è di maggioranza e allora è il mandante, è come rendere il furto perseguibile a querela del ladro. Tutto questo è gravissimo perché la corruzione è seriale (chi si fa corrompere una volta lo farà ancora) ed è diffusiva: in un ambiente corrotto sono le persone per bene che se ne devono andare.Si parla di togliere l’obbligatorietà dell’azione penale, ma in Italia il Pm è l’unica possibilità di andare davanti ad un giudice. In Francia non c’è l’obbligatorietà ma chi si ritiene vittima di un reato sul quale il Pm decide di non indagare può chiedere di andare ugualmente in giudizio, pagando una cauzione che serve a scoraggiare gli eccessi.

Vi faccio un esempio: in Francia un tale denunciò di essere stato picchiato in Gendarmeria, ma il Pm decise di non portare avanti la denuncia (perché questo succede). Allora il tale chiese di andare davanti al giudice e gli fu imposta una cauzione di 86 mila euro, che il denunciante non era in grado di pagare. Perciò decise di rivolgersi alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, che gli ha dato ragione. Chissà quante condanne si prenderà l’Italia.Ma qui è l’intera discussione politica sulla giustizia ad essere sbagliata. Ricordo una frase dell’onorevole Pecorella, in cui lamentava che i giudici si comportassero come “un organo a se stante, senza rendere conto a nessuno”. Aveva scoperto la Costituzione! Ma non voglio negare il conflitto tra politica e magistratura. Il conflitto esiste, per risolverlo basterebbe che smettessero di rubare.
Ainis: Si dice che abbiamo una Costituzione che non funzione, che è farraginosa, produce lungaggini e non dà abbastanza poteri al governo o al presidente del Consiglio. La verità è che siamo un paese senza Costituzione, perché abbiamo delegittimato la vecchia senza averne una nuova. Ma finora i tentativi di riformare la Carta non hanno avuto successo. L’unico che è uscito dal Parlamento è stato bocciato dagli italiani col referendum. C’è molta ignoranza in giro, e tra i giovani si percepisce perfino disperazione. Non hanno prospettive, e questo non va bene. Produce un deserto etico che non può portare nulla di buono.
Davigo: La lentezza della giustizia è dovuta alle poche risorse, ma anche all’eccesso dei procedimenti.

Se ci sono troppe macchine la strada si blocca. Abbiamo un numero di impugnazioni che non ha uguali al mondo, e la maggior parte delle prescrizioni avviene in sede di impugnazione. In Italia praticamente tutte le sentenze vengono appellate, e una delle ragioni sta nel fatto che in appello il giudice non può aumentare la pena, come per esempio avviene in Francia. Se potesse farlo il condannato ci penserebbe due volte ad appellarsi, specie se la pena avuta in primo grado è bassa.E poi abbiamo un codice di procedura penale scritto da menti malate. Non possiamo acquisire atti scritti, tutto deve essere orale. Così accade che i poliziotti che testimoniano finiscano per leggere le loro vecchie deposizioni. Inoltre, quando si arriva in giudizio si butta tutto quello che è stato fatto prima. Nei telefilm americani i poliziotti avvertono l’arrestato che quel che dirà potrà essere usato contro di lui. Anche noi lo avvertiamo, ma non potremo usare quel che dirà, a meno che non lo ripeta nel processo.Che cosa può fare la società civile? Può indignarsi. Ricordate che il parlamento degli inquisiti fu quello che abolì l’autorizzazione a procedere.

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