Dimissioni, un istituto da rivalutare

06 Apr 2010

Si dice: in Italia nessuno mai si dimette, specie se in conseguenza delle elezioni. È vero, con alcune eccezioni. Per rimanere ai tempi più recenti, D’Alema lasciò la presidenza del Consiglio dopo il risultato elettorale deludente delle regionali 2000. Non era obbligato ma compì un gesto politico significativo. Veltroni, parimenti, ha lasciato la guida del Pd dopo aver perduto il confronto elettorale con Berlusconi nel 2008. Eccezioni decisamente importanti.
Cosa accade adesso? Si registra una pratica innovativa in fatto di dimissioni. Si annunciano, si presentano, magari con carta intestata e firma, e poi vengono rimangiate. Guardiano a due casi che si svolgono alla luce delle elezioni in Puglia. C’è un ministro, Raffaele Fitto, già presidente della Regione, che il giorno dopo la sconfitta del centro destra nella battaglia contro Niki Vendola, decide di assumersi tutte le colpe della candidatura di un suo scudiero. Detto, fatto: letterina a Berlusconi e dimissioni dal governo. Gesto nobilissimo. Infatti, è unanime il giudizio sulle responsabilità di Fitto, proconsole Pdl in Puglia. Ha puntato i piedi e ha imposto il suo amico Palese come candidato presidente. La cosa straordinaria è che lo ha imposto persino a Berlusconi. Coraggioso.
Il candidato Palese, tuttavia, è uscito con le ossa rotte. E Fitto, lealmente, conclude che deve pagarla: si autopunisce con le dimissioni. Ma Berlusconi lo accoglie a Palazzo Chigi e, nella prima riunione del governo, gli fa fare un bell’applauso e lo rimette a posto.

Fitto che fa? Reitera? Ripresenta le dimissioni, pretende di andarsene? Ma quando mai. Il gesto lo ha fatto già una volta. Basta e ne avanza. Coraggioso una volta, fesso mai.
Il “lodo Fitto” viene applicato a se stesso dall’esponente del Pd pugliese Nicola Mazzarano. Indagato dai giudici che hanno in mano il dossier malasanità, Mazzarano dichiara di rinunciare alla candidatura al Consiglio regionale. “Non votatemi”, dice ai pugliesi. Da un punto di vista tecnico il suo nome non può essere espunto dalla scheda elettorale. Ci resta. E Mazzarano viene eletto con alcune migliaia di preferenze. Voi direte: Mazzarano sarà coerente e si dimetterà. Dite? Mazzarano non è dello stesso parere. Cambia. Per “rispetto degli elettori” stabilisce che deve restare consigliere. Ma come sarebbe? Se hai annunciato, prima del voto, di ritirarti, dovresti essere conseguente: via in ogni caso. Niente da fare, anche se ancora, nel caso suo, si può aspettare sino all’insediamento del nuovo Consiglio regionale.
Il balletto, ridicolo e offensivo nei confronti degli elettori, su dimissioni date e ritirate, potrebbe essere risolto facilmente. Con una riforma che non costa nulla. Un eletto dà le dimissioni? Bene: si stabilisca per legge che in quel posto non può più ritornare, almeno sino alla scadenza del rispettivo termine di mandato. Motivazione: per decenza.

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