La sfida di Sabrina e Jacopo

31 Mar 2010

Quattro anni fa Sabrina e Jacopo vennero a Pavia e frequentarono la scuola di formazione politica di Libertà e Giustizia. Arrivavano da Pietrasanta, città toscana passata alla storia per la memoria della strage di sant’Anna di Stazzema e per gli studi dei grandi scultori del marmo. Da almeno due legislature era governata da una destra e da un sindaco che potremmo definire con un eufemismo, arroganti e affaristi, sui quali pende ancora una indagine della procura di Lucca. Sabrina e Jacopo non si davano pace, manifestavano contro la corruzione, scrivevano, denunciavano. Poi hanno avuto un’idea: e se la politica potesse essere diversa da quella che ci appare ogni giorno, luogo eccelso di privilegi, potere, risse, distanza dai cittadini, interessi personali, e, magari, anche illegali? Se potesse essere veramente la mèta delle nostre passioni civili, del nostro impegno, il campus per le nostre idee?
Se fosse possibile costruire a Pietrasanta, “la piccola Atene”, un laboratorio di buona politica?
Ci hanno provato, non da soli, ovviamente. Hanno fatto delle primarie “vere”, sostenendo un giovane candidato che ha perso per 200 voti contro un bravo pediatra, stimato e conosciuto in città. All’indomani della sconfitta, si sono messi tutti insieme, loro e gli altri, tutti a fianco di Domenico Lombardi, candidato sindaco. Una campagna elettorale all’insegna della trasparenza e del rinnovamento, di un promesso regolamento urbanistico per riportare ordine nell’abusivismo attuale.

Hanno aperto la lista a tutti gli oppositori (Idv, pensionati, verdi, sinistra ecc), hanno subito le angherie pseudomafiose di chi cercava di negare (a suon di diffide) persino gli spazi elettorali. Lombardi ha preso il 47 per cento dei voti e i sui antagonisti il 19 e il 28. L’11 aprile si giocano la partita definitiva.
Mi sono dilungata a raccontare questo angolo di Toscana perché è evidente che non è scritto da nessuna parte che il centro sinistra debba per forza perdere. Che il disastro non è un destino che ci è stato cucito addosso.
Quando sono andata con altri amici a dare una mano a Pietrasanta, ho detto loro che li invidiavo: avvertivo la passione di chi sente che sta per scrollarsi di dosso una cappa insopportabile, di chi sa quanto ogni voto sia importante. Il calore di una battaglia in corso, la voglia di ricominciare a vivere e sognare. C’era un senso di fratellanza anche fra coloro che prima non erano insieme. Una determinatezza rappresentata anche dal presidente della provincia di Lucca. Insomma, la piccola Italia dei comuni, là dove anche il Pd sa scegliere e muoversi, esiste, c’è, la conosciamo troppo poco, è fatta di gente come noi, noi di LeG, di giovani che sanno mettere da parte le rivalità per la causa di tutti.
Accidenti, se c’è.
E allora lo spettacolo nazionale grida vendetta ancora di più. Risollevarsi non sarebbe impossibile, se i dirigenti sapessero farsi da parte o almeno fare passi indietro per aprire, per ascoltare. Per farci dimenticare quelle loro facce tristi e perdenti, quelle parole inutilmente vuote che vanno proferendo da mesi e anni, bipolarismo, riforme, dialogo, presidenzialismo, alleanze, staffette, condivisione…Tutto banale, tutto inutile, tutto vuoto.

E’ chiaro che per una buona proposta di governo, il confronto è possibile e doveroso. E’ altrettanto chiaro che su progetti eversivi della nostra Costituzione il NO deve essere fermo e definitivo e deve arrivare fino al Colle più alto. Passare ore e ore a discutere di cose elementari, di situazioni astratte, di equilibri studiati a tavolino, crea il distacco e la lontananza dei cittadini presi da pensieri diversi, assillanti e preoccupati, credetelo o no, anche per la tenuta delle nostre istituzioni e della giustizia uguale per tutti o dell’informazione che non arriva: nel nostro paese, l’Italia, e nella “piccola Atene” della Versilia.

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