Berlusconi, l’arroganza del potere e la certezza dell’impunità

10 Mar 2010

Era facile prevedere come Berlusconi si sarebbe mosso dopo il verdetto dei giudici che esclude la lista del Pdl dalla consultazione regionale a Roma. Il cavaliere è stato sempre assai abile a recitare, fra le tante parti in commedia, quella della vittima, costretta a muoversi nella selva di trappole e inganni orditi dalla sinistra. Anche questa volta, dunque – nella conferenza stampa appositamente convocata a Roma –, ha rispettato lo schema: nessuna colpa, da parte dei suoi, se a Roma la lista del Pdl non è stata neppure presentata; responsabilità e soprusi sono soltanto del fronte opposto, rappresentato dalle sinistre e dai giudici. La novità è che questa volta ha usato toni burocratici, da azzeccagarbugli, con i quali ha cercato di avvalorare un’inedita versione della vicenda, così benevola per il centrodestra come neppure i pasdaran della stampa di sua proprietà avevano osato accreditarla.
Comunque, la sostanza non cambia: lui, Berlusconi, è il bene, e gli altri il male. C’è in ciò l’essenza del berlusconismo: l’arroganza del potere, la certezza dell’impunità,la pratica della discrezionalità esercitata a vantaggio del più forte. Non contano leggi, norme, procedure, ma solo la convenienza di chi comanda. Che può scegliere, a seconda dei casi, la strada più opportuna per perseguire i propri interessi: far prevalere la “sostanza” sulla rigidità dei regolamenti, oppure adottare il metodo opposto, privilegiando i più vieti formalismi. Come è accaduto alla Rai, dove i programmi d’approfondimento sono stati sospesi d’imperio, lasciando campo libero al Tg1, e, usando il regolamento nella maniera più bieca, si è serviti dell’abito preconfezionato della par condicio per stroncare il dibattito politico.
Insomma, il metodo è sempre quello del colpo di spugna.

Si tratti dei trucchi nelle liste elettorali, della Rai imbavagliata oppure dei processi al presidente del Consiglio. Procedimenti, competenze, regole non esistono più. La linea di confine fra torti e ragioni è caduta. E bisogna prepararsi a un’offensiva esasperata e velenosa. Che l’opposizione deve contrastare, combattendo fino all’ultimo voto.
* Arturo Meli, ex capo dell’edizione romana del Corriere della Sera e poi condirettore del Secolo XIX con questo articolo avvia la sua collaborazione con Libertà e Giustizia.

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