Bombardati da leggi “a grappolo”

03 Mar 2010

In questa legislatura siamo sottoposti ad un bombardamento di leggi a grappolo. Continuando ad utilizzare questo linguaggio traslato si può affermare che sono anche leggi intelligenti che provocano effetti collaterali, sempre più devastanti, nel nostro sistema politico e sociale. I poteri legislativo ed esecutivo sono infatti consacrati quasi esclusivamente alla salvaguardia del leader e dei suoi sodali e trascurano i compiti per i quali sono stati eletti (meglio … nominati) : la difesa e la crescita dei diritti sociali e politici dei cittadini.
Vi è un antidoto a questi bombardamenti? Crediamo di sì, dobbiamo informarci ed informare, e il commento che segue, di Lorenza Carlassare è un esempio di informazione circostanziata e tempestiva. Il 3 marzo, in Senato, si parlerà infatti dell’ennesima legge intelligente : il legittimo impedimento. Il potere esecutivo dimostra però di avere la memoria corta : il commento di Lorenza Carlassare ci ricorda che per ben due volte la Corte costituzionale (sentenza sul c.d. Lodo Schifani e sentenza sul c.d. Lodo Alfano) ha deliberato sulla materia oggetto del provvedimento su il legittimo impedimento.
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1.- Quali erano gli argomenti che avrebbero dovuto convincere la Corte a decidere per l’infondatezza superando le gravi accuse d’incostituzionalità? E’ quasi incredibile il disappunto dei difensori della legge di fronte ad una decisione che già dalla lettura della sentenza del 2004 appariva scontata [1] .

Questo tipo di reazioni incredule disvela la vera ragione dei sostenitori dell’Alfano: una ragione tutta politica che col diritto aveva poco a che fare, alla quale evidentemente, a loro avviso, la Corte avrebbe dovuto inchinarsi. Nella memoria dell’Avvocatura la ragione politica appare, sia pure in termini diversi da quelli in cui giornalisticamente era stata presentata : non poteva sfuggire all’organo tecnico la debolezza degli argomenti giuridici, ad-dotti infatti, in quella memoria, in modo poco convinto. Dovere d’ufficio, certamente, vista la posizione processuale dell’Avvocatura secondo la dottrina dominante, forse da ridiscutere: di-fesa obbligata, ad ogni costo, di una legge incostituzionale? [2]Gli argomenti a favore della legge oltre che poco consistenti – oscillando fra le esigenze della difesa in giudizio e il “sereno svolgimento della funzione” già sperimentato con insuccesso e ormai insostenibile di fronte alla possibilità di rinunciare alla sospensione-erano anche contrad-dittori. Sulla rinunciabilità fa leva la difesa dell’imputato per negare che la sospensione sia ”una prerogativa connessa al fatto di ricoprire una determinata funzione“ ed escludere così la viola-zione degli art.90 e 96 che nulla avrebbero a che vedere con l’articolo denunciato essendo ri-volti, invece, “a tutelare il sereno svolgimento delle funzioni”.Un’affermazione, quest’ultima, davvero singolare. Che il procedimento d’accusa, nella sua ge-nesi e nella sua attualità sia diretto a tutelare il sereno svolgimento delle funzioni [3] non si era saputo mai: un impeachment benefico?Attribuendo quella finalità all’art.96 sarebbe caduta la censura di differenziare la posizione del Presidente del Consiglio da quella dei ministri.

Essendo diversi i beni giuridici tutelati appare razionale che l’art. 96, garantendo “il sereno svolgimento del potere esecutivo” accomuni “in un’unica disciplina coloro che esercitano lo stesso potere, sebbene con funzioni diverse e in posizione differenziata”.E altrettanto razionale pare che la legge Alfano , che tutela il diritto inviolabile di difesa perso-nale, li differenzi “a causa dei rilevantissimi poteri-doveri politici attribuiti al Presidente del Consiglio”, prevedendo “che solo i suoi impegni possano configurare un costante legittimo im-pedimento a comparire nel processo penale, diretto ad accertare una responsabilità giuridica esclusivamente personale”.2. – Per la Corte (punto 7.3.2.1) “tale ricostruzione della finalità della norma non può essere condivisa” : in primo luogo la stessa Relazione al d.d.l. (tradottosi poi nella legge124) “identifica espressamente la ratio della sospensione nell’esigenza di tutelare i principi di <continuità e regolarità nell’esercizio delle più alte funzioni pubbliche> e non nella soddisfazione di esigenze difensive”. In secondo luogo, la disposizione denunciata non può avere la finalità prevalente o esclusiva di tutelare il diritto di difesa degli imputati perché allora “avrebbe dovuto applicarsi a tutti gli imputati che, in ragione della propria attività, abbiano difficoltà a partecipare al proces-so penale”.La conclusione è dunque che la ratio della norma, allo stesso modo di quella oggetto della sent.24/2004, “va individuata nella protezione delle funzioni di alcuni organi costituzionali, rea-2lizzata attraverso una peculiare sospensione del processo penale”.

E, dunque gli stessi rilievi mossi a quella norma valgono per la legge 124/2008: applicandosi solo ai titolari delle quattro alte cariche, per reati di ogni tipo, commessi in qualunque tempo ed estranei alle attività ine-renti alla carica, è infatti “derogatoria rispetto al regime processuale comune” creando “un’evidente disparità di trattamento” rispetto a tutti gli altri cittadini che svolgono attività al-trettanto impegnative e doverose.3.- In questa sentenza (punto 7.3.2.3.1) trova finalmente autorevole smentita la falsa idea della posizione di preminenza del Presidente del Consiglio rispetto ai ministri, continuamente evocata dai politici della maggioranza sulla base di una bizzarra nozione di ‘costituzione mate-riale’ (e/o della legislazione elettorale) espressamente riaffermata in giudizio dalla difesa dell’imputato.La preminenza del Presidente del Consiglio non è configurabile – dice la Corte- perché egli “non è il solo titolare della funzione di indirizzo del Governo, ma si limita a mantenerne l’unità pro-muovendo e coordinando l’attività dei ministri e ricopre, per ciò, una posizione tradizionalmen-te definita di primus inter pares”.Né una simile preminenza potrebbe fondarsi sulla l. 270/2005 che richiede nel procedimento elettorale la formale indicazione preventiva del capo della forza politica o della coalizione : quella legge, “in quanto fonte di rango ordinario, non è idonea a modificare la posizione costi-tuzionale del Presidente del Consiglio”.E’ un passaggio importante che merita di essere sottolineato per due ragioni convergenti: l’insistenza con cui governo e maggioranza si appellano a quella ‘preminenza’ in ogni possibile occasione, facendone un punto fermo ormai indiscutibile ; l’autorevolezza della sede da cui viene la smentita, una smentita decisa che non lascia spazio a interpretazioni differenti.4.

– La sentenza in commento, inoltre, interessa particolarmente per ciò che se ne ricava ri-guardo al prossimo futuro. Da alcuni significativi passaggi appare assai dubbia la legittimità delle nuove misure che il governo ha intenzione di introdurre a protezione del Presidente del Consiglio – processo breve, riforma dell’art.68, legittimo impedimento – ; forse in sede ministe-riale, rispetto al legittimo impedimento, la decisione costituzionale non è stata letta bene.A chiusura del punto 7.3.1 si legge che il legittimo impedimento a comparire nel processo pe-nale, che già esiste, non costituisce prerogativa costituzionale “perché prescinde dalla natura dell’attività che legittima l’impedimento, è di generale applicazione e perciò non deroga al prin-cipio di pari trattamento davanti alla giurisdizione”. E, dunque, è legittimamente previsto da una legge ordinaria come il codice di rito penale, in quanto strumento processuale posto a tutela del diritto di difesa di qualsiasi imputato “anche se tale strumento, nella sua pratica applicazione, va modulato in considerazione dell’entità dell’impegno addotto dall’imputato”. La disposizione denunciata invece (punto 7.3.2.1) “non può avere la finalità, prevalente o esclusiva, di tutelare il diritto di difesa degli imputati, perché in tal caso – data la generalità di tale diritto … prevista dall’art.24 in relazione al principio di uguaglianza – avrebbe dovuto applicarsi a tutti gli imputati che, in ragione della propria attività, abbiano difficoltà a partecipare al processo penale”.

Inoltre rispetto a quella finalità (il diritto di difesa dell’imputato), sarebbe “intrinseca-mente irragionevole e sproporzionata” la previsione di una presunzione legale assoluta di legit-timo impedimento “derivante dal solo fatto della titolarità della carica” . Una simile presunzione iuris et de iure impedirebbe infatti qualsiasi verifica sull’effettiva sussistenza dell’impedimento a comparire, rendendo operante la sospensione anche nei casi in cui l’impedimento non sussi-sta “e non vi sia alcuna esigenza di tutelare il diritto di difesa”. Dunque l’unica ratio compatibile con la norma censurata è proprio la protezione delle funzioni connesse all’alta carica : lo “evi-denzia” la scelta del legislatore di prevedere solo per alcune alte cariche “l’automatica sospen-sione del processo senza alcuna verifica caso per caso dell’impedimento” . La norma altrimenti non sarebbe stata necessaria essendo la sospensione per legittimo impedimento a comparire già nel codice “che contempera le esigenze del diritto di difesa con le esigenze dell’esercizio della giurisdizione, differenziando la posizione processuale di un componente di un organo co-stituzionale solo per lo stretto necessario, senza alcun meccanismo automatico e generale”.Non sembrano rimanere spazi aperti per l’introduzione del legittimo impedimento assoluto: in-costituzionale la norma che lo prevede se (come ritiene la Corte) diretta alla protezione delle funzioni connesse all’alta carica ; egualmente illegittima a volerla considerare ispirata alla di-versa ratio della tutela del diritto di difesa in giudizio dell’imputato (secondo la tesi difensiva), in quanto misura “irrazionale e sproporzionata”.Come si può pensare seriamente a una nuova legge sul legittimo impedimento destinata a tu-telare il Presidente del Consiglio? La Corte, mi pare, azzera qui ogni possibilità di emanarla.

[1] Si veda per tutti il commento di A.


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