Caso Mills, la corruzione c’è ma non si vede

26 Feb 2010

Inutile negarlo: il premier ha tirato un bel sospiro di sollievo, ieri sera, dopo la sentenza delle sezioni unite della Cassazione. Per carità, non era lui direttamente, Berlusconi, sotto processo alla Suprema Corte, bensì l’avvocato inglese Mills, accusato e condannato dalla corte d’appello di Milano a 4 anni e mezzo per corruzione in atti giudiziari. E corrotto da chi, nel novembre 1999? Proprio da Berlusconi, secondo gli atti del processo.
Quindi la sentenza della Cassazione dice che la corruzione ci fu ma il reato è prescritto (dopo dieci anni, da qualche mese, per Mills) e la condanna annullata. Il procuratore generale della Corte, Ciani, è stato chiaro ed ha precisato che “non vi sono i presupposti per il proscioglimento nel merito di Mills”. Cioè resta confermato quello che i magistrati di Milano sostengono da anni: la Fininvest di Silvio Berlusconi versò all’avvocato inglese “non meno di 600 mila dollari” su conti svizzeri, “perché dichiarasse il falso, negasse il vero o tacesse fatti a sua conoscenza”, per tener fuori il cavaliere dai processi su All Iberian e sulle tangenti alla Guardia di Finanza. Adesso Mills esce definitivamente di scena, anche se -a conferma del fatto che un illecito grave fu commesso- dovrà risarcire proprio lo Stato italiano e la Presidenza del consiglio con 250 mila euro, “per danno all’immagine”. E’ questo un profilo paradossale della sentenza: si risarcisce palazzo Chigi, l’organo istituzionale di cui è responsabile pro tempore Berlusconi, cioè colui che è coimputato di Mills, prescritto sì, ma condannato a pagare!
Si badi bene: né Mills, né Berlusconi (che però non era chiamato in Cassazione) sono stati riconosciuti innocenti dalla Suprema Corte.

Non si è stabilito che il reato non sussiste, anzi. Il processo contro il premier riprende davanti al tribunale di Milano sabato 27 (è ancora in primo grado, a causa di innumerevoli rinvii e sospensioni, in particolare a causa del lodo Alfano, già dichiarato incostituzionale).La prescrizione per Berlusconi scatterà solo fra un anno, quindi teoricamente il procedimento potrebbe andare avanti, ma è evidente che i giudici dovranno, da subito, tenere conto della sentenza della Cassazione e con ogni probabilità dichiarare la impossibilità di arrivare in tempo utile alla sentenza. Anche il premier finirà in prescrizione, il reato di corruzione sarà estinto, vaporizzato, dopo la decisione della Corte Suprema. Tanto più che egli sarà ampiamente protetto dallo scudo del “legittimo impedimento”, che sarà approvato in via definitiva -salvo improbabili colpi di scena- dal Senato, il 10 o l’11 marzo. Come si capisce nulla è lasciato al caso: tutto è ben coordinato, organizzato e programmato, per salvare Berlusconi dai processi e da una condanna, che proprio sul caso Mills appariva più che probabile.
Naturalmente adesso il premier dirà che è stato (sarà) assolto (per prescrizione!!), non ha subìto né punizione né censura, è perseguitato dai giudici, vittima della giustizia ad orologeria, e via intonando la solita canzone berlusconiana. Ma la sentenza della Cassazione pone comunque in modo chiaro un problema etico e politico: è inquietante e indecoroso che il presidente del consiglio in carica non sia riconosciuto innocente al di là di ogni sospetto, non sia scagionato appieno in un processo per corruzione.

Anzi sia considerato come il corruttore (non c’è alternativa o altro imputato) di un uomo colpevole, Mills, che sfugge alla giustizia e al carcere, solo perché troppo tempo è passato sotto i ponti. La sentenza è infamante anche per il premier: che credibilità può rivendicare per gli atti di governo? Ed è umiliante che egli resti a palazzo Chigi, alla guida degli italiani. Purtroppo, è forse vero che, come ha scritto giovedì sul “Corriere” Corrado Stajano, “non si sente più un grido”, c’è solo “un’accettazione rassegnata”.

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