Sfida di governo

21 Gen 2010

L’aspetto più sconfortante dell’approvazione, da parte del Senato, del disegno di legge denominato, irrisoriamente, “processo breve” è l’invocazione strumentale dei – reali – problemi del sistema della giustizia in Italia al fine di assestare, al sistema medesimo, un altro colpo. E’ vero che i processi in Italia durano troppo a lungo, così come è vero che la qualità del servizio giustizia è modesta, ineguale attraverso il territorio nazionale, insufficiente ad arginare la criminalità organizzata e a tutelare adeguatamente i cittadini. Ma questi, che sono problemi reali del paese, annosi e difficili da affrontare, vengono dalla attuale maggioranza utilizzati come pretesto per produrre un mostro giuridico, quale è l’estinzione immediata dei processi penali pendenti che abbiano superato una certa durata. Un approccio virtuoso consisterebbe naturalmente nel mettere in atto una serie di misure, anche dolorose (colpire gli interessi corporativi, pretendere maggiore efficienza, rendere la giustizia più costosa etc.), per favorire una progressiva riduzione dei tempi dei processi. Ma ciò richiederebbe studio, consenso tra gli operatori, risorse finanziarie: tutte cose che il governo attuale non ha interesse alcuno a dedicare alla giustizia. E invece, beffardamente, i guai della giustizia sono la bandiera dietro la quale si fa passare un provvedimento che, nella sua parte sostanziale, ha il solo scopo di liberare Berlusconi dalle sue pendenze giudiziarie e, nel far ciò, trascina e getta via molti processi pendenti per reati anche gravissimi, con sprezzo dell’interesse generale al rispetto della legge nonché degli interessi specifici delle vittime di quegli stessi reati.

Un provvedimento irragionevole, nella parte in cui si applica ai processi pendenti: quasi una gigantesca sanzione contro un sistema giudiziario certamente inefficiente, proveniente tuttavia da un potere governativo che nulla ha fatto né fa, contestualmente alla distruzione, per migliorare quel sistema, come sarebbe indubbiamente suo dovere. Un provvedimento assurdo, da parte di una maggioranza che si riempie la bocca di invocazioni alla “sicurezza” e poi non trova di meglio che azzerare anni di lavoro delle Procure e degli organi giudiziari, pur di far piacere al Grande Imputato. In questa ennesima triste pagina della legislazione di questi anni le responsabilità non sono però tutte della attuale maggioranza: il centro-sinistra ha la grave responsabilità di non avere espresso, dopo il periodo del ministero Flick, alcuna credibile politica in materia di giustizia, né quando è stato al governo (si pensi all’imperdonabile indulto) né quando è stato all’opposizione, limitandosi ad altalenanti, generiche e in fin dei conti inconcludenti prese di posizione, affidate per scelta precisa a soggetti incompetenti e di basso profilo. Dunque oggi il centro-sinistra raccoglie ciò che ha seminato, ovvero una sconfitta clamorosa dei principi costituzionali in tema di giustizia, triturati di fronte all’interesse personale di un singolo, potente imputato. Ma si ha l’impressione che in questa sfida che la maggioranza porta alle istituzioni di controllo di questo paese e finanche ai cittadini – i quali non si vede quale interesse possano avere alla subitanea e immotivata scomparsa di migliaia di processi penali pendenti – vi siano dei messaggi ancora più preoccupanti.

Il primo è diretto alla Corte Costituzionale e dice in sostanza: stai attenta a quello che fai, perché le censure alle leggi ad personam (leggi “lodo Alfano”) non fanno che condurre a derive ancora più pericolose, a forzature ancora più gravi del sistema istituzionale del paese. Il secondo è diretto all’opposizione e suona: non avete alternative a mettervi d’accordo con noi, siamo troppo forti e non ci fermiamo di fronte a nulla per raggiungere i nostri obiettivi. Ad entrambi questi capisaldi di una società democratica spetta di dare a questa sfida una, davvero ardua ma indispensabile, ferma risposta.

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