Islam, genere e democrazia

24 Ott 2009

I punti di vista. La supposta validità universale del modello di sviluppo occidentale esclude la diversità islamica. L’occidente è abituato a sentirsi il motore della storia, non si cura di conoscere il mondo mussulmano. Come scriveva Edward Said, autore arabo palestinese, ne “L’Orientalismo” (1978), si tratta di un atteggiamento culturale dalle radici molto antiche. Un sottile e persistente pregiudizio eurocentrico contro i popoli arabo-musulmani e la loro cultura, elaborato in una lunga tradizione di immagini false e romanticizzate che hanno sistemato il mondo orientale-musulmano in una cornice di immobilità, fuori dal tempo e dalla storia, è stato funzionale alla costruzione dell’identità europea e alla definizione della modernità. E, lo stesso pregiudizio è anche diventato giustificazione implicita alle ambizioni colonialistiche e imperialistiche dell’Europa e degli USA. Movimenti islamisti. Il mondo islamico invece non è monolitico, tuttavia nel consolidarsi di una idea dell’Islam come qualcosa di monoliticamente unificante non possiamo sottostimare il ruolo dei movimenti islamisti. Essi contestano la modernità intesa come laicità occidentale e propugnano per una visione olistica e utopica di società musulmana in cui la fede individuale, la comunità di fedeli (umma) e lo stato siano fusi. Nati a fine Ottocento in reazione alla modernizzazione imposta, questi movimenti hanno trovato spazio fertile negli anni Settanta e Ottanta del Novecento, accanto ai movimenti identitari.

Condividono con essi la stessa sensibilità critica verso il progetto illuminista e verso le sue concezioni razionalistiche e universali, rivendicando la necessità di una riappropriazione critica dell’identità musulmana. La modernità non è unica ma plurale. È quel che esprimono i movimenti islamisti: le molte modernità nascono dall’interazione dei modelli di modernità con la realtà locale. Negli ultimi decenni questi movimenti si sono particolarmente radicati. Islam e democrazia. Poiché nel panorama generale offerto dai paesi musulmani si osservano regimi autoritari, libertà limitate e una netta prevalenza di rapporti di genere assimmetrici, il dibattito spesso viene costruito sulla domanda “La religione mussulmana è compatibile con la democrazia?”. Ecco, questa non è una domanda giusta perché, come tutte le altre religioni monoteistiche, anche l’Islam non ha pretese democratiche.Islam, religione e politica. Tale domanda si costruisce in verità su un’ulteriore supposizione ovvero che nell’ambito dell’Islam la religione e la politica siano cosa unica e inseparabile. La storia dell’Islam respinge però questa ipotesi. Nella storiografia mussulmana la separazione politica – religione è segnata dalla morte di Maometto.Come nascono i regimi autoritari. Morto il profeta avvenne la divisione tra il potere spirituale (il Califfo) e temporale (la dinastia). La fondazione, intorno al IX secolo di quattro scuole giuridiche segnò l’emergere di un potente ceto di dotti, gli ulema, che avrebbe mantenuto il monopolio dell’elaborazione e dell’interpretazione del Diritto Musulmano, la Sharia, basata sul Corano e sul corpus di tradizioni consistente i detti e i comportamenti attribuiti al Profeta.

Così la comunità dei fedeli, la umma si fondò con una relativa autonomia rispetto il potere temporale, poggiandosi sulla lealtà ai principi religiosi derivanti dalla parola di Dio, i cui intepreti, gli ulema, sebbene agissero spesso come complemento all’establishment politico, rimasero per lo più in una posizione ostile. Il sultano convogliò su di sé le funzioni amministrative e militari. Si venne a configurare un sistema giuridico binario, fatto di regolamenti sultaniali e di Sharia. Tale evoluzione separata di stato e società portò a circoscrivere la sfera di influenza dello stato moderno allo spazio pubblico e economico, contribuendo allo stabilirsi dei regimi autoritari, mentre il diritto privato rimaneva nell’ambito della Sharia, la sacra legge interpretata dagli ulema.Caso Turchia. Le elité modernizzatrici turco-ottomane non conobbero la colonizzazione, erano positivisti, avevano una forte tradizione statale, credevano nell’occidente e nei suoi valori. Per questo fu più facile completare la costruzione dello stato moderno e unificare il sistema giuridico in una cornice laica. Tuttavia anche nella Turchia repubblicana e laica (1923), fra i sei principi fondanti (repubblicanesimo, nazionalismo, populismo, statalismo, laicismo e rivoluzionarismo) non figura il concetto di democrazia. La sua mancanza è spiegabile con il timore dell’élite governante laica che la sovranità del popolo finisse con il diventare la sovranità dell’Islam. Islam e genere.

Situazione di forte asimmetria, la umma è basata sulla segregazione sessuale e sulla subordinazione di un sesso ad un altro: in queste condizioni non c’è nulla di democratico. Il fondamentalismo è spesso un meccanismo di difesa contro cambiamenti profondi sia nei ruoli sessuali che nel delicato soggetto dell’identità sessuale. Non a caso la centrale preoccupazione dei fondamentalisti è che l’educazione e relativa libertà delle donne comporti automaticamente la dissoluzione dell’ordine tradizionale basato sulla segregazione spaziale dei sessi, sui ruoli di genere e sull’etica familiare. Peraltro gli interessi di cosiddetti stati ‘Neo patriarcali’ della regione Medio orientale e Nord africano convergono sul mantenimento della subordinazione delle donne.
* Docente di Lingua e letteratura turca dell’Università di Firenze. Appunti della serata al caminetto

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