Una bussola per il 25 ottobre

20 Ott 2009

Tutto quello che sta accadendo da un po’ di tempo a questa parte e che può essere sinteticamente definito come “processo di progressiva distruzione delle istituzioni”, era stato denunciato dal manifesto “Rompiamo il silenzio” che Libertà e Giustizia diffuse nel febbraio scorso. Sono passati nove mesi. Abbiamo girato mezza Italia e diffuso l’appello assai oltre i confini di LeG nel silenzio/assenza dei politici di opposizione.
Il male è peggiorato. Nell’indifferenza della classe politica non berlusconiana, l’attuale capo del governo ha potuto permettersi di tutto, ha detto e fatto ciò che un tempo sarebbe stato improponibile persino dai più fieri “eversori” del nostro ordinamento costituzionale. Non un NO altisonante, non un muro quando Berlusconi ha attaccato uno dopo l’altro articoli fondamentali della Costituzione.
Una prova? Basta la disarmante lettura delle mozioni presentate dai candidati alla segreteria del Pd. Riferimenti alla deriva istituzionale come emergenza primaria, insieme a quella economica? Non sono riuscita a trovarli.
Solo in queste giornate di vigilia delle primarie si sente borbottare qualcosa. Tanto che viene da chiedersi se solo oggi se ne sono accorti oppure se (spero proprio che non sia così) il tema venga trattato soltanto strumentalmente, perché, costretti dalle quotidiane uscite di Berlusconi, non è più possibile far finta di niente.
Questa premessa per dire che io su cosa farò il 25 ottobre non ho ancora deciso.

Una nazione è più o meno democratica tanto più dispone di strumenti contro le oligarchie” ci ha spiegato Gustavo Zagrebelsky alla scuola toscana di LeG. I nostri strumenti sono messi a rischio. Possiamo per esempio consolarci della sentenza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano o preoccuparci del fatto che siamo costretti a consolarci per qualcosa che un tempo sarebbe apparso normale e oggi non lo è più.
La risposta a chi minaccia giornalmente di fare riforme costituzionali tali da trasformare l’Italia da Repubblica parlamentare a Repubblica presidenziale, di fare riforme che aboliscano anche sulla carte la separazione dei poteri per consegnare tutto il potere a uno solo, chiunque egli sia, a suon di maggioranza, non può essere la timida richiesta di avere un posto al tavolo di queste riforme, ma un sonoro NO con la promessa di sconfiggere col referendum chi si provasse a sovvertire l’ordinamento costituzionale. Un’altra volta, se la precedente non è bastata.
Purtroppo in questo clima non si può mettere mano nemmeno a quelle riforme che potrebbero essere importanti come quelle prevista dalla “bozza Violante”. Un pacchetto che non può esser considerato un punto di partenza (“a partire da…”) ma un punto di arrivo, perché oltre quelle riforme sensate c’è solo l’avventura. Mi pare davvero un azzardo partire per un viaggio del quale la mèta è una incognita essendo nella disponibilità di una maggioranza parlamentare blindata (sul presidenzialismo anche Fini è d’accordo) e che, per dare alla Lega ciò che chiede, potrebbe anche portarci a rimpiangere quella difficile unità d’Italia in cui oggi viviamo.
Vengono dunque in questi giorni al pettine problemi denunciati da LeG molto tempo fa.

Viene da dire: teniamoci ben salda la Carta che abbiamo, che non è mai stata attuata del tutto, che è lungimirante anche quando prevede modifiche. Se non si crede e non si osserva la Costituzione, se ogni giorno la si insidia e la si tradisce, non si può nemmeno cambiarla. Non ora, non così si possono fare le riforme necessarie.
Se i candidati del Pd lo avessero detto sempre e forte non saremmo a questo punto. Per quanto mi riguarda questo è il tema di fondo nella mia decisione personale sul che fare il 25 ottobre: se votare alle primarie e per chi.

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