Se regolarizzarevuol dire denunciare

09 Set 2009

L’APPELLO: NON RIMANDATECI INDIETRO // Questa è una storia personale, ma può essere utile a chi si stia cimentando, in questo settembre, con la corsa a ostacoli rappresentata dalla regolarizzazione delle badanti. Come in molte famiglie italiane, anche nella mia c’è una ragazza, ucraina e dunque extracomunitaria, che si occupa di due anziane sorelle con pazienza e competenza da ormai tre anni e che finora non si è riusciti, malgrado gli sforzi profusi, a legalizzare. Accogliamo dunque con entusiasmo la sanatoria in corso e ci tuffiamo ignari nel percorso escogitato dal ministero. Tralascio le difficoltà iniziali (il programma scaricato dal sito del ministero dell’Interno che tramortisce il computer di casa, le agenzie che chiedono cifre da 600 euro in su per sgravarci dalle resse bibliche che affollano gli uffici competenti) e parto dal patronato Cgil che, con cortesia ed efficienza, ci accoglie per risolvere il problema.La procedura scattava il primo settembre, ma i patronati sono riusciti ad avere istruzioni certe solo qualche giorno dopo, così sono stati costretti a partire in ritardo. Comunque fanno del loro meglio per far fronte alle necessità di tutti, in un’anticamera gremita di un’umanità varia, compresi anziani e pazienti in carrozzella. Tocca noi, e siamo felici di constatare che le carte richieste sono in ordine e che il modulo elettronico possa essere compilato senza difficoltà.

Entro 72 ore, secondo le disposizioni del ministero, riceveremo in via telematica la ricevuta che consentirà alla nostra badante di uscire di casa senza patemi. La nostra salvatrice, una bionda e gentile signora, ci comunica che però abbiamo un ultimo compito da svolgere: consegnare entro 48 ore al commissariato di zona il “modulo di cessione fabbricato”, quello che certifica come la badante in questione conviva con la sue assistite in quel preciso appartamento. Sereni e sollevati, compiliamo il modulo e andiamo subito al commissariato per liberarci anche di quest’ultima incombenza. E invece ecco la sorpresa. Il poliziotto legge e replica: “Qui ci vuole copia del passaporto e del permesso di soggiorno”. Noi replichiamo indulgenti: “No, guardi che stiamo facendo la regolarizzazione…”. Lui sbarra gli occhi: ”Ma allora è clandestina!”. Ci allarmiamo: “Stiamo seguendo la procedura per la sanatoria. Lei saprà…”. Ci interrompe: “Io non dovrei neppure ascoltarle queste cose. Sono un poliziotto e dovrei andare a questo indirizzo per prelevare questa ragazza e portarla a Ponte Galeria”. Nominare Ponte Galeria, e cioè il Centro di Identificazione ed Espulsione, a Roma è come nominare l’anticamera dell’inferno. Ormai siamo sulle spine. Lui intima: “Andiamo all’ufficio stranieri!”. Poi ci guarda e si ammansisce: “Va bene, facciamo così. Voi andate e tornate quando avrete la ricevuta della domanda di regolarizzazione”. Ma quella arriverà tra tre giorni, e cioè uno dopo la scadenza delle quarantotto ore che la legge impone per la cessione fabbricato.

Il poliziotto non sente ragioni, ci rimette in mano il foglio e ci invita tacitamente a non abusare della sua comprensione.Ce ne andiamo sconcertati e segnaliamo il problema al patronato Cgil. Il quale appura, dopo un rapido giro di telefonate, che la stessa cosa sta accadendo in molti commissariati italiani. L’unica spiegazione possibile è che il ministero si sia dimenticato di fornire istruzioni adeguate ai commissariati. E l’unica soluzione possibile è una furberia: non andare di persona, ma spedire il modulo per raccomandata con ricevuta di ritorno. Così la scadenza delle 48 ore sarà rispettata, perché vale il timbro di partenza, ma la raccomandata arriverà a destinazione quando il ministero ci avrà fatto avere la famosa ricevuta che vale come un permesso provvisorio di soggiorno. Ora speriamo che il ministero rispetti i tempi. Oppure che dia ai commissariati le istruzioni mancanti. E’ chiedere troppo?

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