Il baratro davanti a noi

04 Set 2009

E’ difficile, davvero difficile, reprimere un moto di sconforto di fronte agli avvenimenti di questi giorni. Al caso Boffo, infatti, si affianca un’incredibile serie di casi altrettanto massacranti: dagli attacchi ai giornali, italiani e stranieri, agli ultimatum ai portavoce europei, dall’occupazione manu militari della Rai alla intimidazione nei confronti degli economisti profeti di sventura. Non c’è democrazia che regga di fronte ad un tale sconquasso. Eppure non succede niente. Certo, si levano alte critiche, ma sempre dai soliti noti, facilmente neutralizzabili dalla propaganda di regime. Neppure il Vaticano è riuscito a reagire, impastoiato dalle sue divisioni interne e dai favori che comunque spera di ricevere dal governo a titolo di risarcimento. E che dire dell’Europa? Lo scatto un po’ tardivo di Barroso in difesa dei portavoce non è certo all’altezza della sfida berlusconiana. Si sa che Barroso non vuole irritare nessuno per guadagnarsi la riconferma alla presidenza della Commissione europea, ma come sarebbe stato bello se avesse alzato subito la voce, infischiandosene della poltrona ma guadagnando in dignità a prestigio, almeno agli occhi di chi nella democrazia continua a credere.
Invece si legge di tentativi di ricucitura, di appelli ad abbassare i toni, di ambascerie per cercare la pace, il tutto mentre Palazzo Chigi continua ad alzare l’asticella provocando nuovi tentativi, appelli e ambascerie. Ma che gioco è questo?Ora pare che Berlusconi abbia detto di essere favorevole al disarmo, purché sia bilaterale.

Che significa? Che lui è libero di fare quel che gli pare mentre i suoi critici saranno liberi di stare zitti oppure di parlare tra loro in salotto a patto di tenere le finestre chiuse e i telefoni spenti? Non si può fare a meno di pensare a quel che accadeva nella Prima Repubblica, quando i giornali attaccavano anche duramente e nessuno si sognava di provare a farli tacere. Giulio Andreotti, tanto per fare un esempio, continuava a rispondere con cortesia anche alle domande dei giornalisti che lo avevano appena criticato. Altra storia e altra cultura, pur con tutti i difetti che si possono riconoscere al personaggio.
Ora siamo chiusi in una gabbia mediatica soffocante, e non si vede il modo di uscirne. Chissà se gli interlocutori internazionali dell’Italia se ne rendono conto, se hanno smesso di ridere di noi per cominciare a preoccuparsi. Si dirà che questo è l’auspicio disperato degli oppositori irriducibili e pregiudiziali. In realtà è la preoccupazione di chi già immagina il giudizio degli storici futuri, quelli che di fronte al disastro dell’era berlusconiana si chiederanno come abbiano potuto gli italiani innamorarsi di un leader così improbabile e perfino ridicolo. Cioè quel che accade adesso quando si ride della mascella mussoliniana esibita nei cinegiornali Luce. Solo che quegli storici del futuro potranno sorridere delle performances del Cavaliere perché il baratro sarà alle loro spalle. Il nostro problema è che ce l’abbiamo davanti.

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