A lezione di democraziaGinsborg e la nuova scuola toscana di LeG

30 Lug 2009

«In una situazione di emergenza democratica come quella che stiamo vivendo, è necessario lavorare perché la difesa e lo sviluppo della Democrazia tornino al centro della vita del Paese». A spiegare il senso e la finalità della scuola “Le vie della democrazia in Italia e nel mondo” di Libertà e Giustizia (Fortezza del Cassero, Poggibonsi, 17-18 e 24–25 ottobre 2009) è Paul Ginsborg, docente di Storia dell’Europa contemporanea all’Università di Firenze. Si studia il presente guardando alla storia. Si parte dall’Italia per arrivare al contributo che organizzazioni come Amnesty International o Human rights watch, danno allo sviluppo dei sistemi democratici. Professor Ginsborg, quali saranno i temi e come sarà organizzata la scuola?«Si tratta di due moduli della durata di un fine settimana ciascuno. Il primo dedicato alla storia della democrazia italiana, il secondo al contesto internazionale. Partendo dal Rinascimento, ne “La democrazia nella storia italiana” attraverseremo il periodo liberale e il Fascismo, fino ad arrivare ai pregi e ai difetti dell’Italia repubblicana».E il secondo modulo?«Per “Diritti e democrazia nel mondo contemporaneo” studieremo i diritti umani, civili e politici. Di sera poi, ci saranno gli appuntamenti delle chiacchierate al caminetto». Di cosa si tratta?«Sono momenti di riflessione più informale, come se si fosse davanti a un caminetto, appunto. Dopo le sessioni diurne, più impegnative, gli alunni si confronteranno a proposito di democrazia contemporanea, probabilmente con il giornalista di Repubblica Massimo Giannini, e di Islam, gender e ancora democrazia con Ayse Saracgil, docente di origini turche dell’Università di Firenze».Oltre all’analisi del presente, la scuola sembrerebbe puntare molto su un’impostazione storica.

È così?
«Sì, conoscere la storia permette di capire meglio la genesi dei fenomeni, per questo abbiamo deciso di dare una forte impronta storica. Guardare indietro aiuterà gli allievi ad interpretare il presente e le attuali difficoltà della democrazia con maggiori strumenti: una bella opportunità di crescita». Crescita culturale o civile? «Diciamo in entrambi i sensi. La scuola è un’occasione per approfondire, e non mi riferisco al solo nozionismo: nei due week end si ritroveranno persone con le più disparate provenienze regionali, e tutti avranno modo di portarsi a casa contribuiti sociali e umani differenti. Io per primo, credo mi arricchirò notevolmente partecipando al modulo sull’internazionalizzazione». Cosa distingue la scuola di LeG dalle tante occasioni di studio che anche i partiti hanno in cantiere per l’autunno?«Tutte le scuole sono le benvenute, ciascun gruppo approfondisce a seconda di inclinazione e preparazione. Oltre al taglio storico, per la scuola di LeG il valore aggiunto si trova nella qualità di relatori e professori come Alberto Banti e Michele Pattini dell’Università di Pisa o Marcello Flores dell’Università di Siena. Come le altre scuole di Pavia, Modena, Reggio Calabria, anche la scuola toscana è sotto la direzione di Salvatore Veca. Ci sarà poi anche una relazione di Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale e presidente onorario di LeG. Non sono io a garantire per loro, ma il riconoscimento internazionale di cui godono».

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