Cerimonia del Ventaglio, così nacque la tradizione del regalo ai presidenti

20 Lug 2009

Siamo agli sgoccioli dell’attività parlamentare: le Camere stanno per andare in ferie dopo una stagione di scontri durissimi e di indecorose berlusconate. Ma attenzione: il vero segnale che il Parlamento sta per sospendere i lavori è dato, giusto questa settimana, dalla consegna da parte dei giornalisti parlamentari dei tradizionali ventagli ai presidenti della Repubblica, della Camera e del Senato. Giorgio Napolitano sarà il primo, oggi pomeriggio, ad incontrare al Quirinale i cronisti: scambio di auguri e, soprattutto, di opinioni sulla situazione politica. Domani analogo incontro con Gianfranco Fini, e il 29 con Schifani. Ciascuno di loro dirà la sua: la conoscerete a sera in tv e la leggerete l’indomani sui giornali.Già, come, quando e perché è nata la tradizione della consegna del ventaglio? E’ una storia curiosa che s’intreccia con la vicenda stessa del Parlamento unitario, ed in particolare della Camera dove appunto la tradizione è nata salvo poi ad essere imitata, molti anni dopo, dal Senato in nome del mai troppo biasimato bicameralismo perfetto, ed essere infine estesa dal 1992 anche al capo dello Stato, con l’insediamento al Quirinale di Oscar Luigi Scalfaro.Quando dunque, liberata Roma dal dominio papale (ma davvero il papa non fu poi più dominus?), la Camera si trasferì da Firenze nella Capitale, si pose il problema della scelta della sede di lavoro dei deputati. Fu laboriosa scelta, e alla fine si decise per quel Palazzo Montecitorio che per secoli aveva ospitato la Curia Innocenziana, cioè la sede laica del potere papale.

Ma la struttura originale dell’edificio (un capolavoro ideato dal Bernini, morto però troppo presto per vedere la sua idea pienamente realizzata secondo la sua ingegnosa visione) non era funzionale: finiva in un cortile, ampio e splendido certo, ma del tutto inutile per le “adunanze” della Camera.Idea: perché non incaricare allora un tecnico che andava per la maggiore, il torinese ingegner Comotto, di progettare e realizzare in fretta, in quel cortile, un’aula provvisoria in ferro e legno? Con un contorno di bustarelle per appalti e subappalti – la storia in questi casi ama ripetere se stessa, o meglio: come diceva Borges sono gli epigoni a creare i precursori – nacque dunque l’aula Comotto. Immaginatevi il freddo polare d’inverno, e il caldo soffocante d’estate. Il freddo fu fronteggiato con una secca e comprensiva disposizione della presidenza: “I Signori Deputati sono autorizzati a sedere in Aula muniti di guanti, cappotto e lobbia”. Per l’estate…Qui c’è la riproduzione di una notiziola apparsa sulla “Nazione” di Firenze l’8 luglio 1883: “Il Presidente della Camera (Giuseppe Zanardelli, esponente della Sinistra e acerrimo nemico del trasformismo giolittiano, ndr), che in questi giorni di afa opprimente sopporta la fatica delle lunghe discussioni sulla legge bancaria (cioè sul nuovo ordinamento imposto dallo scandalo della Banca Romana, ndr), aveva, scherzando, detto a qualcuno dei giornalisti della tribuna stampa: ‘Voi altri avete almeno un ventaglio che io vedo costantemente agitare!’.

Ieri si pensò quindi di offrire all’on. Zanardelli un modesto ventaglietto di carta sul quale avevano apposta la firma tutti i rappresentanti di giornali presenti in tribuna. L’on. Presidente gradì lo scherzo, e rispose con le seguenti parole: ‘Ai gentili giornalisti della Tribuna della Stampa. Ringrazio vivamente del ricordo di questi giorni, ultimi della mia presidenza, i collaboratori carissimi della stampa. Lo terrò tra le care memorie. Aff. Zanardelli’ “.Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. L’aula Comotto è stata demolita, ripristinata l’originale funzione decorativa del cortile berniniano e, alle spalle del cortile, il maestro del Liberty Ernesto Basile realizzò nel primo Novecento il famoso Transatlantico e l’emiciclo che tuttora assolve perfettamente alle funzioni del lavoro d’aula. Quando ancora non esistevano i climatizzatori, ma almeno c’era l’energia elettrica, per fronteggiare il gran caldo si ricorreva ad un ingegnoso meccanismo: solerti operai collocavano colonne di ghiaccio sui lucernari della cupola e nei sotterranei del palazzo, e dall’alto come dal basso potenti ventilatori soffiavano su deputati, funzionari e giornalisti piacevoli correnti d’aria fresca. Poi è venuta l’aria condizionata.Ma ancora e sempre, quando siamo agli sgoccioli (di lavoro e di sudore, di fiducie berlusconiane e di ricatti leghisti), i giornalisti continuano a regalare – ma non durante la dittatura fascista che addirittura sciolse l’associazione dei cronisti parlamentari – il ventaglio ai presidenti di Camera e Senato.

Ma poi, più di recente, la tradizione è stata estesa al capo dello Stato. Ecco come andò: Scalfaro era stato eletto all’inizio dell’estate del 1992 presidente della Camera, succedendo a Nilde Iotti che aveva presieduto l’assemblea per tredici anni, un record. Altro e opposto record quello di Scalfaro: appena un mese dopo questi fu eletto presidente della Repubblica nella situazione di emergenza democratica determinata dal massacro del giudice Falcone, di sua moglie e della scorta. E che, anche se presidente della Camera solo per un mese, non toccava anche a lui il ventaglio? E ventaglio fu. E siccome cosa fatta capo ha…Un paio di annotazioni ancora. Sui ventagli non ci sono più le firme dei cronisti. Non solo perché essi non vanno più in tribuna servendosi piuttosto della comoda tv a circuito chiuso: ma anche perché i giornalisti “stanziali” sono ormai più di quattrocento e ci vorrebbe non un ventaglio ma un lenzuolo per raccoglierne le firme. Né si tratta più di “ventaglietti di carta”: prima erano preziosi esemplari del sette-ottocento; poi, quando gli antiquari hanno capito l’antifona facendosi esosi, ci si è rivolti alle Accademie e agli Istituti d’arte. Gli studenti propongono bozzetti, i giornalisti scelgono. E i ventagli, meno costosi ma ancor più simbolici, restano sempre tra le “care memorie” dei presidenti.

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