Zagrebelsky: “Mi asterrò. Quale idea di democrazia dietro il sì?”

16 Giu 2009

La scelta è semplice, quasi banale: “Nel caso si raggiungesse il quorum, o vince il No e ci teniamo il Porcellum, oppure vincono i Sì e avremo un Porcellum al quadrato. Diciamo la verità, ci troviamo di fronte a due leggi che fanno schifo allo stesso modo. Per questo, sono convinto che sia meglio non andare a votare”. Gustavo Zagrebelsky scioglie ogni riserva e, a Torino, davanti a un’affollata platea parla a braccio, affrontando le ragioni dei promotori del referendum del 21 giugno, difese dal senatore pd Stefano Ceccanti. L’incontro organizzato da AperTo, associazioni per Torino con Libertà e Giustizia tra i promotori, riempie la sala a due passi da piazza Vittorio Veneto. “Per evitare polemiche – spiega il presidente emerito della Corte costituzionale – non ho voluto firmare dichiarazioni di astensione; per il referendum sulla procreazione assistita avevo sostenuto che non andare a votare era una scelta poco democratica. Quella volta, però, era diverso: astenersi sulla 140 voleva dire mantenere la vecchia legge, rispetto a una nuova, di molto peggiorativa e totalmente diversa”. Ceccanti si schiera dalla parte dell’istituto referendario, contro “l’uso tattico e strumentale dell’astensione per vincere” e punta il dito contro la maggioranza di governo che “espone al gioco addirittura i suoi ministri”. Il riferimento è alle dichiarazioni della Lega, le ultime da Pontida del ministro dell’Interno Maroni e quelle quotidiane, quasi un basso continuo della campagna elettorale, del ministro della Semplificazione Calderoli: “astenersi, astenersi, astenersi”.

“Nel quadro politico reale – dice il costituzionalista Ceccanti – l’alternativa è tra un percorso che inizia con questo referendum e il mantenimento della legge attuale. Contro le 195 firme di parlamentari raccolte per tornare al Mattarellum, la Lega ha posto il veto. Non c’è altra possibilità di cambiare se non quella che il referendum raggiunga il quorum e vincano i Sì”. Il botta e risposta si fa incalzante: “Troppo ottimisti i referendari – replica Zagrebelsky che è presidente onorario di LeG – sono convinti come me che Porcellum e Porcellum modificato siano brutte leggi, ma sono altrettanto sicuri che dopo si farà una nuova legge. Come? Politicamente si dirà: gli elettori hanno voluto dare il sigillo a questa o a quella, dunque la legge che esce dal referendum è intangibile. Pare già di sentirli: Il Parlamento tenga giù le mani da quella legge, perché così l’hanno voluta i cittadini”. Perché prestarsi a questo gioco? “Poniamo pure che la maggioranza di chi si astiene lo faccia perché rivuole il Mattarellum – ipotizza Ceccanti – ma alla Lega importerebbe qualcosa? Non credo, la Lega vuole solo che sia mantenuta la legge porcata: figuriamoci, ha minacciato una crisi di governo per la scelta dell’election day”. Ma c’è una domanda di fondo che aleggia e pesa su questo referendum. La solleva Zagrebelsky: “Quale idea di democrazia si nasconde dietro questa legge elettorale? Quella del partito di maggioranza relativa? Ma siamo sicuri che sia buona cosa che chi vince debba governare senza condizionamenti o ricatti? E’ sempre pericoloso l’uso strumentale delle istituzioni democratiche, quale il referendum, per cambiare, in realtà, il quadro politico”.

Poi, l’affondo: “La vita democratica, quella dei gruppi sociali e dei movimenti che pure esistono e fanno politica, non è rappresentata a sufficienza e questa riforma elettorale non fa altro che accentuare la democrazia dall’alto”. Il nodo è qui, concorda Ceccanti, che però a sostegno del quesito referendario dice: “semmai toglie pezzi negativi alla legge, questo del resto non è un referendum propositivo”. Poi è la volta degli scenari per il futuro. Spiega Zagrebelsky: “Se vincono i Sì, si andrà alle urne, perché quando cambia la legge elettorale, poi si fanno le elezioni”. “Se c’è uno scarto di voti molto ampio, il Pdl può scaricare la Lega e andare anche con questa legge alle elezioni”, replica Ceccanti. “Una maggioranza così ampia come quella che ha il 54 per cento del seggi, dopo il terzo scrutinio potrebbe eleggere il Presidente della Repubblica”, azzarda Zagrebelsky. “Comunque, sarà il prossimo Parlamento a eleggere il Presidente della Repubblica”, si difende Ceccanti. “L’idea di fondo mi pare quella del sindaco d’Italia: è una visione di democrazia semplificata e smaterializzata. Io non la condivido”, conclude Zagrebelsky. Troppi misteri, troppi inganni, continua il presidente emerito della Consulta che accusa il Pd “di una certa faciloneria nello schierarsi a favore del Sì, con la convinzione forse di poter mettere in difficoltà il Pdl con la Lega”. Per Ceccanti la decisione di Franceschini “vale il voto di sostegno per il rinnovo della segreteria”.

“Il referendum è importante, ma non azzera la democrazia partecipativa”, dice ancora Zagrebelsky che ricorda: “Nel preambolo dello statuto del Partito nazionale fascista c’era scritto: il potere procede dall’alto, ed è confermato dal consenso dal basso”. Ma quella era davvero un’altra storia?

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