Berlinguer: il ricordo alla Camera 25 anni dopo

22 Mag 2009

Forse questa è una piccola storia, un dettaglio nei marosi polemici di questi giorni. Ma vale la pena di sottolinearla, perché Dario Franceschini giovedì 22 maggio ha affrontato una prova complicata, quella di commemorare, lui ex democristiano, un gigantesco leader comunista come Enrico Berlinguer. Il tutto davanti ad una platea esigente punteggiata da icone della storia del Pci: da Alfredo Reichlin ad Emanuele Macaluso passando per Aldo Tortorella. Bene, quella prova Franceschini l’ha superata a pieni voti, come dimostrano gli applausi, le strette di mano e le lacrime di Livia Turco.Non era detto che andasse così. Anzi, alla vigilia c’erano state polemiche sul modo in cui l’evento era stato organizzato: con le relazioni di tre storici, tra i quali Paul Ginsborg, e nessun ex Pci sul palco, ad eccezione di Anna Finocchiaro, chiamata insieme ad Antonello Soro, capogruppo alla Camera ed organizzatore dell’incontro, a pronunciare una breve introduzione nella sua qualità di capogruppo al Senato. Infatti più di un mormorio aveva punteggiato gli interventi degli storici, che mettevano in rilievo il valore ma anche i limiti della politica berlingueriana. E quando la parola è toccata a Franceschini il paradosso della situazione era evidente a tutti: un estraneo alla storia del Pci si assumeva il compito, quasi blasfemo, di celebrarne il leader più amato. E lo faceva da segretario di un partito dalle anime ancora separate.E’ riuscito nell’impresa parlando con sincerità e onestà intellettuale.

Ha spiegato che il Pci non è mai stato “una minoranza antisistema”, ma una grande forza democratica, radicata profondamente nella società. Una forza che ha partecipato e contribuito a tutti i grandi momenti della storia italiana, che ha creduto nella libertà e nella democrazia, che era fatta da uomini e donne che si sono battuti per i diritti di tutti. Anche al tanto denigrato consociativismo Franceschini ha restituito dignità, perché produsse grandi riforme condivise e, sia pur tra errori e ritardi, fece fare grandi passi avanti all’Italia. Questa fu la “diversità” del comunismo italiano rispetto all’esperienza del comunismo mondiale. E la sua tanto citata “egemonia” si fondò su grandi intuizioni politiche e su “una imponente produzione intellettuale”. Altro che “il becero anticomunismo” di Berlusconi, che tenta ancora di impedire una lettura corretta dell’azione del Pci. “E’ venuto il momento – ha detto Franceschini – di rendere giustizia al Pci per il ruolo che ha avuto. Siamo all’inizio di un nuovo cammino e nel Pd nessuno deve rinnegare nulla. Anzi, ognuno deve poter rivendicare la bellezza della propria storia”.Parole che hanno colto nel segno. Tanto che si può dire che oggi Franceschini è un po’ più di ieri il segretario di tutto il partito. Ma c’era un altro aspetto nella manifestazione che merita di essere evidenziato. Nella sala della Lupa di Montecitorio, dove grandi schermi rimandavano le immagini di altri tempi di Berlinguer da solo e anche con Moro, Zaccagnini, Spadolini, arrivavano gli echi della sfuriata berlusconiana all’assemblea di Confindustria contro i giudici e il Parlamento: il contrasto non poteva essere più netto.

Come se quella sala fosse l’unica ad avere un’atmosfera respirabile in un’Italia avvelenata da miasmi terribili. Per il Pd, e per Franceschini, questo è un merito, ma anche una grande responsabilità.

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