Referendum, la scelta di LeG:astenersi o votare No

15 Mag 2009

Astenersi o votare NO: è questa la scelta che Libertà e Giustizia ha deciso di raccomandare ai soci e agli amici che chiedono con insistenza una posizione sul referendum del 21 giugno.
Un referendum su una pessima legge elettorale che avrebbe come risultato, qualora fosse approvato, una legge ancora più devastante, che non costringerebbe affatto il Parlamento a farne una migliore, ma che potrebbe avere come risultato il rafforzamento in Italia non del bipartitismo o del bipolarismo, bensì di un solo partito. Un monopartitismo che aprirebbe le porte a una vera e propria avventura della quale non vogliamo sentirci in alcun modo responsabili e che ci sentiamo di contrastare con la forza della nostra associazione.
Il ragionamento di LeG è sempre partito da alcuni presupposti, punti fondamentali e principi ispiratori. Riteniamo che una legge elettorale debba rispondere ad alcune condizioni:
1) Deve contribuire ad avvicinare i cittadini elettori alle forze politiche, coinvolgerli nelle scelte dei candidati che saranno chiamati a rappresentarli in Parlamento.
2) Deve riuscire a stabilire nel risultato un rapporto tra rappresentanti e elettori che corrisponda realmente alla volontà espressa.
3) Deve essere semplice e facile da capire, affinché ognuno possa votare nella consapevolezza dell’effetto che avrà il suo voto
Tutto questo evidentemente ci è stato sottratto con il Porcellum e non sarebbe corretto da un eventuale vittoria del Si nel referendum, che abroga solo alcune disposizioni lasciando invariate o peggiorando le altre.
Le proposte abrogative su cui si voterà sono le seguenti:
1) per la Camera, soppressione della norma che consente la candidatura di una persona in una pluralità di collegi: cesserebbe così la possibilità per i dirigenti dei partiti di candidarsi ovunque, in testa di lista.
2) Sia per la Camera che per il Senato , soppressione della possibilità di formare coalizioni: la maggioranza assoluta dei seggi (54% nazionale alla camera, 55% in ogni collegio regionale al Senato) andrebbe alla singola “lista” che abbia conseguito la maggioranza relativa (anche un voto più degli altri), quale che sia la percentuale dei voti conseguita.
Resterebbe dunque immutato il meccanismo delle liste bloccate con un ordine di lista deciso dalle segreterie dei partiti.
Non vi è dubbio alcuno dunque che se fosse raggiunto il quorum e vincessero i Sì, i cittadini sarebbero sempre più espropriati del diritto di eleggere i propri rappresentanti, diritto fondamentale in ogni democrazia.


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