L’ambasciatore condannato non si dimette

11 Mag 2009

Roma: il presidio per le vittime del terrorismo // Singolare questa vicenda di potere e di arroganza del potere. In breve, l’ambasciatore Umberto Vattani, attuale presidente dell’Ice – l’Istituto per il commercio estero – è stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione (la pena poteva essere più salata, ma gli sono state concesse le attenuanti generiche) e inoltre all’interdizione dai pubblici uffici per lo stesso periodo. L’accusa, confermata dalla sentenza della quinta sezione del tribunale penale di Roma, è quella di peculato: per avere usato alcuni cellulari di servizio per fare telefonate private, estranee all’attività di ufficio, per migliaia di euro. Più esattamente: oltre duecento telefonate per un totale di cinquantadue ore fatte ad alcune collaboratrici nel 2003 quando Vattani era a Bruxelles come capo della rappresentanza permanente italiana presso l’Unione europea. Si dice che si trattasse di telefonate hard, ma questo importa poco o niente di fronte a quel che accade con veline, minorenni e ciarpame senza pudore.Ora l’ambasciatore Vattani non è uno qualsiasi. E’ stato addirittura il potente segretario generale del ministero degli Esteri. E gode a tal punto della considerazione dei governi di centrodestra e del presidente del Consiglio in persona che, una volta lasciato l’altissimo incarico alla Farnesina (diciamocelo: il segretario generale conta più del ministro, controlla tutti i gangli dell’amministrazione, propone e dispone delle più importanti sedi diplomatiche), è stato gioco facile per lui ottenere la nomina al vertice dell’Ice.

Uomo potente, si diceva. Tanto che, per coprire le sue imprese telefoniche, l’ambasciatore Vattani era riuscito a procurarsi uno pseudo alibi: un dipendente della rappresentanza permanente a Bruxelles, tale Bernardo Giuseppe Salaparuta, aveva cercato di aiutarlo con “giustificazioni” di questa logorrea telefonica. Risultato: condanna anche del Salaparuta a dieci mesi per falso e favoreggiamento, pena sospesa e non menzione. A questo punto si pone una questione non solo morale. Vero è che l’ambasciatore-presidente può ricorrere in appello, come certamente farà, e che sino a quando la Cassazione non renderà esecutiva una sentenza di condanna vale la presunzione di innocenza. Ma è corretto che, colto in fallo in una vicenda così imbarazzante (e così greve da suggerirgli persino di farsi coprire da un ex collaboratore), Vattani non consideri opportuno lasciare l’incarico di presidente (un pubblico ufficio) di un ente pubblico com’è l’Ice? E il ministero per lo Sviluppo economico, che esercita la sorveglianza sull’Ice, non ha nulla da dire? E nulla da obiettare hanno il ministro Claudio Scajola e il sottosegretario addetto appunto al commercio estero, Adolfo Urso, in predicato per la nomina a viceministro?

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