Religioni, otto intese al paloIl governo Berlusconi nega l’ok

19 Mar 2009

Sono otto le intese tra Stato italiano e confessioni religiose diverse dalla cattolica che ancora e da tempo (persino da quattordici anni, come nel caso dell’intesa con l’Unione buddista italiana) sono letteralmente bloccate dal governo Berlusconi anche dopo la firma preventiva tra governo e singole rappresentanze. Firma che non basta. Dalla firma bisogna passare alle proposte di legge, che vanno esaminate dalle commissioni e poi tradotte in leggi dal Parlamento. Certo, assicura il ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito, “il governo mantiene alta l’attenzione nei confronti delle esigenze delle diverse confessioni, nonché l’intenzione di sottoporre all’esame del Consiglio dei ministri i testi dei disegni di legge di approvazione”. Ma il governo non va oltre questa assicurazione inutile come un raffreddore perché assolutamente generica: nessun concreto impegno, nessuna precisa scadenza, nulla di nulla. Ma, almeno, l’iniziativa di quattro senatori del Pd (Ceccanti, Bianco, Incostante e Negri) è riuscita a stanare il governo, a costringerlo ad ammettere di non aver fatto nulla e che sta ancora oggi guadagnando tempo. (Teniamo presente che ogni intesa significa anche – solo anche – una riduzione, pur minima, dell’8 per mille alla Chiesa cattolica in favore delle altre confessioni. E’ noto peraltro che quella quota parte dell’8 per mille che non è assegnata dal contribuente viene comunque destinata al Vaticano in base ad un meccanismo perverso della legge.)Allora ricapitoliamo intanto la situazione, ricordando anzitutto come, al fine di garantire la più ampia libertà religiosa, l’art.

8 della Costituzione stabilisce che “tutte le confessioni religiose sono, ciascuna nel proprio ordine, libere davanti alla legge” e che “i loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze” stipulate dal governo e successivamente ratificate dal Parlamento. Da queste norme è naturalmente esclusa la Chiesa cattolica a cui si applica il particolare regime di cui all’art. 7 della Costituzione con il rinvio ai Patti Lateranensi e alle successive modifiche (il cosiddetto nuovo concordato). La prima intesa si stipulò nel 1984 con la Chiesa Valdese, seguita da quelle con la Chiesa Avventista e le Assemblee di Dio (1988), con l’Unione delle Comunità ebraiche (1989), con la Chiesa Evangelica luterana e con quella Battista (1995).Da allora, dal 1995, non è stato fatto alcun ulteriore passo avanti, nonostante le due intese firmate dal governo D’Alema (Unione buddista italiana e Testimoni di Geova), le due modifiche del secondo governo Berlusconi (sulle intese Avventisti e Valdesi), e quelle stipulate dal governo Prodi nella XV legislatura. Il ministro Vito dà prima una singolare giustificazione dei biblici (mai aggettivo fu più appropriato) ritardi nell’approvazione dei disegni di legge relativi alle modifiche delle intese con Avventisti e Tavola valdese: si sono arenati nelle commissioni di Camera e Senato. Strano, stranissimo: quando una norma si prende cura degli interessi personali di Berlusconi o del suo partito non c’è sabbia che regga: le leggi non si arenano in un alcun angolo di commissione o d’aula e vengono approvate sul tamburo, in men che non si dica.

Quando invece c’è da sbrigare le altre sei intese con altrettante confessioni religiose, allora dal governo viene semplicemente “alta attenzione” per le loro esigenze “nonché l’intenzione” di portare le relative intese in Consiglio dei ministri. Che vuol dire che l’attenzione è “alta”, e che cosa produrrà “l’attenzione”? Il ministro Vito ha presente che, dopo un atto cogente di Palazzo Chigi (atto di cui lo stesso Vito non conosce o non intende comunicare i termini temporali), le intese vanno trasmesse prima alle commissioni e poi alle aule parlamentari? Ha presente che passeranno altri anni, forse tanti anni? Ma almeno oggi, con la risposta del ministro Vito, le cose sono più chiare. E più nette le scandalose responsabilità.

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