Rompiamo il silenzio, una pura coincidenza?

17 Feb 2009

Non credo che l’ uscita dell’ appello-manifesto “Rompiamo il silenzio”, quasi in simultanea rispetto agli attacchi di Silvio Berlusconi alla Costituzione di ispirazione “sovietica”, sia frutto di una mera coincidenza. E’ invece più probabile che Gustavo Zagrebelsky e gli altri estensori del documento di Libertà e Giustizia abbiano fiutato l’imminente attacco alla Costituzione ed al sistema di “checks and balances” in essa contenuto, nel decidersi a presentare l’ appello che oltre 200,000 cittadini hanno già firmato, e molti ancora firmeranno.
Il Premier, guidato dalla coscienza o dal calcolo politico (fate voi), piomba sulla vicenda di Eluana e si scontra con il Capo dello Stato sulla costituzionalità di un decreto legge fondato sull’urgenza di bloccare una sentenza definitiva della Cassazione. Berlusconi allora attacca la Costituzione e Giorgio Napolitano, arrivando ad imputare, apertamente alla prima, e, in codice più o meno subliminale anche al secondo, una sorta di “peccato originale” comunista. L’ uso dell’ aggettivo “sovietico” segnala che il Cavaliere sta facendo veramente sul serio se è disposto ad usare l’ordigno più micidiale del suo arsenale lessicale.
Assume, quindi, sempre più corpo il sospetto che Berlusconi voglia cambiare la Costituzione in senso presidenziale (con successivo trasferimento al Quirinale) e sottomettere la magistratura all’ esecutivo, proprio come recita il manifesto di Libertà e Giustizia.

Un golpe? Non direi, visto che le modifiche avverrebbero nel rispetto delle norme costituzionali. Ma se, sondaggi alla mano, avrà sentore di poter vincere anche il necessario referendum confermativo, dopo un prevedibilmente agevole passaggio in Parlamento, il Premier potrebbe decidere di tentare il “colpaccio”, disponendo inoltre del decisivo sostegno delle tivù (soprattutto dopo la nomina del nuovo consiglio di amministrazione RAI).
Già vedo la campagna farsi pressante e odo un mantra risuonare nelle orecchie: “Occorre aggiornare la Costituzione ai nostri tempi”. Uno slogan che nulla dice su cosa si voglia in realtà cambiare: tutto e niente. Ma i veri obiettivi saranno il più a lungo possibile mimetizzati. Chi chiede una riforma, un cambiamento, dovrebbe dire innanzitutto cosa intende modificare e perchè. Certe tecniche di psicologia delle masse suggeriscono invece di creare a priori un clima di insoddisfazione per l’ esistente e di ansia di cambiamento tout court. Questa aspirazione potrà essere in seguito manipolata ed orientata verso due livelli di obiettivi: alcuni enfatizzati ed altri mascherati. In prima fila tra gli obiettivi dichiarati, già vedo campeggiare quello dell’ “efficacia”. Una esigenza vera, e non inventata a bella posta, visti i problemi in cui si dibatte il nostro paese, l’ incapacità di prendere decisioni, i veti alle riforme di corporazioni e forze sociali, l’ inefficienza della pubblica amministrazione, la lentezza delle realizzazioni infrastrutturali.

Un’ esigenza il cui uso strumentale attirerebbe vasti consensi nell’ opinione pubblica che verrebbe indotta a credere che il vero ostacolo all’ efficienza sia il bilanciamento tra i poteri voluto dai Costituenti. E questa strumentalizzazione porterebbe diritti all’ obiettivo principale: una repubblica presidenziale con poteri squilibrati a favore della maggioranza e dell’ esecutivo la cui stessa possibilità di ricambio diverrebbe alquanto problematica.
E’ infatti pur vero che il trend attualmente vigente nelle democrazie occidentali tende a penalizzare chi governa. Ma le voci critiche si affievolirebbero progressivamente nei confronti di un potere sempre più forte e ramificato. Un potere che ha già dimostrato la propria capacità di controllo dei media, e nell’uso delle tecniche demoscopiche di formazione e ricerca del consenso. Un potere, “capace di tutto” per dirla con Marco Pannella, che ha dimostrato la sua spregiudicatezza con leggi ad personam e con l’elusione pervicace (non senza forti responsabilità del centrosinistra) il nodo del conflitto di interessi. Un potere capace di emanare, alla immediata vigilia delle ultime elezioni politiche, una legge elettorale che, in contrasto con ben due pronunce referendarie favorevoli al maggioritario uninominale, ha reintrodotto un proporzionale “corretto”, con soglie di sbarramento e premio maggioritario per la coalizione vincente, e con le liste bloccate a cura dei vertici dei partiti. Un potere nei cui confronti, dopo l’ introduzione del limiti alle intercettazioni, sarà anche molto difficile indagare, persino se non riuscisse il tentativo di porre la magistratura sotto il controllo dell’ esecutivo.

E’ un incubo tratto da un romanzo di Orwell? No, è uno scenario che potrebbe ben avverarsi in assenza di una robusta opposizione dell’ opinione pubblica ad opera di quei bobbiani “democratici sempre in allarme” che l’ appello di Libertà e Giustizia chiama a raccolta.
Sull’ uso che si è fatto della vicenda di Eluana e dei suoi cari si è già tanto detto. E poi le immagini parlano da se (perciò il possesso delle tivù è così importante). Ognuno di noi si sarà fatta la sua idea circa la sincerità delle parole del Presidente del Consiglio in televisione. Ogni telespettatore avrà osservato l’eccentrico comportamento di Formigoni apparso, giovedì scorso in tivù da Santoro, così singolarmente scoppiettante, a tratti frenetico. Da uno che considera la fine del calvario di Eluana un tragico delitto contro la vita non ci saremmo forse aspettati dei toni più composti, più umani, più cristiani? Perché tanta eccitata acrimonia nelle invettive dell’ On. Gasparri, non da me definite irresponsabili? E che dire delle parole del ministro, pensa un po’, Guardasigilli che, davanti alle telecamere, lapidario, etichetta la fine di Eluana come una morte provocata “da sentenza”?
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