Pd, e ora si diano una classe dirigente

17 Feb 2009

E così, dopo Riccardo Illy, anche Renato Soru viene bruciato sull’altare della sfida impossibile allo strapotere berlusconiano. Che spreco di talenti per un Pd acefalo e incapace di mobilitare i suoi prima ancora che di attrarre gli altri. Illy, si sa, si è ritirato dalla politica, mentre Soru sembra avere ancora voglia di combattere, e se ne capisce la ragione visto che ha ottenuto il 5 per cento di voti in più dei partiti che lo sostenevano. Eppure con una simile sconfitta alle spalle ripartire per lui non sarà facile.E poco importa andare a vedere di chi è la colpa. Come altrettanto poco conta consolarsi con i dati elettorali tutt’altro che lusinghieri per il Pdl, che perde 12 punti rispetto alle politiche (uno in più del Pd), e vince solo grazie al balzo in avanti dell’Udc di Casini.L’impressione è che ci sia nell’elettorato un vero e proprio moto di rigetto di fronte all’establishment del Pd. Un rigetto che coinvolge tutti, ma proprio tutti, i dirigenti nazionali. Prendete Firenze, dove le primarie per il candidato sindaco sono state vinte dall’outsider Matteo Renzi, che ha sbaragliato l’uomo di Veltroni, Lapo Pistelli, e quello di D’Alema e Bersani, Michele Ventura. O Prato, dove Massimo Carlesi ha travolto il candidato “ufficiale” Paolo Abati.Tutto questo dovrebbe far riflettere. Tanto più che si tratta di cose dette e scritte migliaia di volte: il Pd non riesce a parlare alla gente, neppure alla sua; non è capace di unire le sue anime e neanche di suscitare un dibattito politico chiaro al suo interno; si divide tra potentati chiusi e impermeabili agli influssi esterni.

E’ una questione di leadership? Sostituire Veltroni risolverebbe le cose? E se sì con chi lo si dovrebbe sostituire?La verità è che anche questa disputa appare ormai inadeguata. Non c’è un solo nome nell’attuale gruppo dirigente che sembri all’altezza della situazione. Neppure Bersani, il cui pur generoso passo avanti rischia di essere ormai tardivo. Serve un congresso? Sì, serve. Ma patto che sia un congresso vero, senza reti di protezione per nessuno. Perché ben vengano i Renzi e i Carlesi. Se, nonostante tutto, ci sono ancora cittadini che si prendono la briga di votare alle elezioni primarie, è da qui che bisogna ripartire. Bisogna smettere di cercare il leader che faccia il miracolo, e prepararsi a far nascere una nuova classe dirigente. Con tutto quello che ciò significa: cioè lasciar libero il campo, incoraggiare le novità, lasciare che emergano nuovi talenti senza cercare di ingabbiarli preventivamente nel gioco asfissiante delle sponsorizzazioni interne. E poi si vedrà. I nuovi leader emergono e crescono sul terreno. A quelli attuali non resta che un compito: gestire il passaggio facendo da levatrici ai loro successori.Altrimenti non resta che rassegnarsi all’avvento dell’era berlusconiana, magari fidando di volta in volta nella fronda di Fini o nelle mattane di Bossi per cogliere qualche confortante scricchiolio. E nel frattempo l’Italia affonderà. Per colpa anche di questo centro sinistra incapace di vedere la realtà e di sottrarsi al suo destino perdente.

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