Il question time? Una ricerca inquietante

19 Gen 2009

Quante volte si son denunciati gli scandalosi ritardi e, peggio ancora, le non-risposte del governo alla interrogazioni e alle interpellanze che rivolgono all’esecutivo i deputati e i senatori non solo dell’opposizione ma anche della stessa maggioranza? Un collega del “Sole 24 Ore” (Antonello Cerchi, uno specialista come il suo collega Roberto Turno nel fare le pulci ai dati e ai comportamenti parlamentari) si è messo di buzzo buono, ha consultato le carte, messo sotto osservazione gli archivi, ed ha radiografato la sorte degli atti di sindacato ispettivo e di controllo nei primi sei mesi di questa legislatura.Il risultato della ricerca è inquietante, e tanto più allarmante dal momento che imposto – da una parte per pura arroganza e da un’altra parte per la progressiva distorsione del nostro sistema istituzionale – il sistematico esautoramento delle Camere dalla propria funzione legislativa (con la valanga di decreti e di leggi delega), la funzione di controllo diventa, o dovrebbe diventare, ancor più necessitata e assumere sempre maggiore valenza.Che cosa succede, invece? Succede che, interpellato o interrogato, il governo semplicemente non risponde o, aggiungo, risponde con ritardi biblici, dell’ordine di parecchi mesi e anche di un anno intero. Leggere, per credere, una tabellina pubblicata appunto sul “Sole” a corredo di un servizio tanto puntuale quanto disarmante. Cominciamo dalle interpellanze, cui (a differenza delle interrogazioni: e poi parliamo di queste) non è possibile rispondere per iscritto: i regolamenti parlamentari impongono il dibattito in aula.

E allora, su 119 interpellanze presentate alla Camera, ne sono state “concluse” poco più della metà: 68; mentre al Senato su 27 ne sono state “concluse” appena 2. Ma attenzione: quando, per mancata o ritardata risposta, gl’interpellanti ritirano i loro documenti, anche questi finiscono conteggiati tra gli atti “conclusi”! Perché poi questa differenza abissale tra risposte alla Camera e risposte al Senato? Perché c’è una norma, introdotta nel solo regolamento di Montecitorio, che impone in un pomeriggio di fine settimana, la discussione in un’aula oramai deserta di alcune interpellanze urgenti. Così, almeno in parte, si riduce strumentalmente il mucchio di documenti inevasi.Sorte ancor peggiore tocca alle interrogazioni che, queste sì, possono essere anche a risposta scritta. Alla Camera su 1.022 interrogazioni dell’opposizione, ad ottenere risposta (in sei mesi!) sono state appena 270, cioè un quarto; ancor meno, in percentuale, le risposte alle interrogazioni della maggioranza: 281 su 1.177. Medie ancor più ridicole le risposte date al Senato: tra il 14,6 e il 16,5%. Ma questi dati mascherano una percentuale ancora più desolante: quella delle risposte scritte alle interrogazioni. Non si supera il 15% alla Camera e ancora più bassa è la quantità delle risposte scritte fornite ai senatori. Come mai allora che, sommando orale e scritte, la media si alza? Perché c’è la (finta) risorsa del question time, cioè del botta-e-risposta del mercoledì, trasmessa anche in tv.

Perché risorsa finta? Perchè non c’è nulla di improvvisato nelle risposte dei ministri (e peraltro Berlusconi in quindici anni non ha mai, assolutamente mai risposto benché il regolamento gli imponga di presentarsi in aula “una volta al mese” proprio per il question time). I ministri sono informati trentasei ore prima del tenore della question, hanno quindi tutto il tempo per imbastire o, più frequentemente, per farsi scrivere dagli uffici la risposta alla “interrogazione a risposta immediata” (è la definizione ufficiale) che gli era rivolta!In buona sostanza è un question time all’amatriciana, scopiazzata male dall’analogo istituto inglese. Già, perché alla Camera dei Comuni il botta-e-risposta è vero, eccome: i ministro della Sanità o quello dei Trasporti sanno solo che di sanità o di trasporti dovranno rispondere, ma nient’altro; e il deputato si guarda bene dal far loro sapere prima quale sarà la sua specifica domanda. E’ insomma un vero senza rete. Senza rete a Montecitorio o a Palazzo Madama? Sarebbe un massacro. Ma il regolamento del botta-e-risposta non viene modificato malgrado le reiterate promesse degli ex presidenti Violante e Casini.
* L’autore è giornalista parlamentare. E’ stato portavoce di Nilde Jotti e Giorgio Napolitano, quando hanno ricoperto il ruolo di presidenti della Camera.

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