L’Italia, una Cornelia senza gioielli

02 Dic 2008

Scuola e Università: dibattito a Piombino// “Ed ora mostrami i tuoi gioielli…”disse la matrona, dopo aver a lungo descritto i suoi ori e pietre preziose, allora Cornelia, chiamò Tiberio e Caio Gracco e disse “Ecco i miei gioielli”. Una battuta tratta dall’eterno dialogo tra il luccichio del presente e la speranza del futuro, tra il privilegio e la conquista dei diritti; una esemplificazione dell’eterno dilemma, che ha attraversato come un filo rosso la storia del genere umano: è più importante Essere o Apparire?
Se è il singolo che si interroga, sarà il suo stile di vita a parlare della sua scelta, al di là delle parole che vorrà spendere sull’argomento. Ma che cosa significa quando è uno Stato a chiedersi “meglio essere o non essere”?
Non è necessario guardare tanto lontano per avere la risposta ad una domanda che, può sembrare teorica, ma che in realtà è molto più concreta di quello che si potrebbe pensare. L’Italia. Immaginando la nostra nazione nei panni di Cornelia, alla richiesta “Italia, mostrami i tuoi gioielli”, l’Italia non potrebbe certo chiamare i suoi giovani cittadini e dire “Ecco i miei gioielli”. Se in un impeto di orgoglio, l’Italia cercasse di valorizzare il suo futuro in carne ed ossa, – non quello retorico ed effimero – troverebbe i giovani italiani in questa situazione: l’istruzione pubblica stroncata alla base, – la scuola primaria, tra le prime nelle classifiche OCSE, verrà, dal prossimo anno scolastico, enormemente depotenziata -; la ricerca, avvilita e umiliata.

Le due colonne che sorreggono il futuro con due gambe e due braccia, l’ “imparare” e il “ricercare”, in Italia sono considerate ben poca cosa. Non è forse questa un chiara scelta per il ”Non Essere” della nazione?Quando il grembiule e il voto in condotta non hanno più retto l’impatto dei tagli alla scuola, abbiamo sentito dire dal centro-destra “Il maestro non è unico, è il principale…”, certo una delle conseguenze più evidenti dell’attuale politica dell’istruzione porterà a rafforzare una cattiva maestra unica: la televisione. Del resto studi autorevoli lo hanno confermato, le tecnologie usate in senso pedagogico sono importanti, da noi questo principio è stato interpretato in senso lato, in fondo la televisione un po’ tecnologica è…che poi lo spettatore sia passivo e non possa interagire è un altro discorso. L’istruzione in Italia oggi è questo: gli studenti frequentano una scuola con fondamenta (reali e metaforiche) poco solide; da parte di alcuni esponenti dell’attuale governo vengono avanzate proposte, che fanno pensare “Questi signori si sono accorti che il 2008 è stato l’Anno europeo del Dialogo Interculturale”?; il corpo insegnanti è sempre più demotivato, chi ha voglia di fare (e sono moltissimi) deve combattere quotidianamente per assicurare ai propri studenti un’istruzione di qualità, pensando poi ai tornelli – che vanno di gran moda ultimamente – quelli della ricerca in Italia vanno in un solo senso ed hanno una sola scritta “USCITA”.
Indubbiamente è importante, ma non dobbiamo sempre e solo aspettare che da oltreoceano il discorso di un Presidente con una storia personale straordinaria, ricordi quanto sia essenziale l’istruzione, per far crescere un popolo realmente libero e consapevole dei suoi diritti e doveri: è l’Unione europea, in primis, che dice molto e concretamente fa molto, in questo campo.

L’Unione non può legiferare direttamente su istruzione e formazione, si toccano corde troppo vicine all’identità ed alla cultura di una nazione. Per questa ragione è stato creato uno strumento ad hoc, il Metodo di Coordinamento Aperto, che consente di stabilire a livello europeo quali sono gli obiettivi nell’ambito politico dell’istruzione e della formazione, poi, ogni Stato decide come arrivarci.
L’Europa, oggi, sta costruendo una scuola tridimensionale, in cui altezza, larghezza e profondità si chiamano rispettivamente: efficienza ed equità, competenze trasversali e multilinguismo. E l’Italia che cosa fa?
Efficienza ed Equità
Quattro sono le sfide socio-economiche interconnesse a cui l’Unione deve far fronte: globalizzazione, demografia (invecchiamento della popolazione e flussi migratori), rapidi cambiamenti delle caratteristiche del mercato del lavoro e rivoluzione tecnologica delle TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione). Questo è quanto si legge al punto 2 della Comunicazione della Commissione Europea “ Efficienza ed equità nei sistemi europei di istruzione e formazione”: “Poiché gli investimenti in istruzione e formazione richiedono tempo per dare frutti, nel decidere le priorità di spesa i governi dovrebbero fare riferimento ad una programmazione a lungo termine a livello locale e nazionale. … l’istruzione pre-elementare ed elementare ha il tasso di rendimento più elevato di tutto il ciclo dell’apprendimento permanente, soprattutto per i soggetti più svantaggiati, e i risultati dell’investimento si confermano nel tempo.”In una parola: investite nella scuola primaria, il ritorno sarà grande, anche da un punto di vista di coesione sociale, non l’ultimo dei problemi della società moderna.

In Italia, l’attuale governo sta attuando la politica opposta.
Competenze trasversali
Sono il Parlamento europeo ed il Consiglio a indicare la via delle “competenze trasversali” nella raccomandazione del dicembre 2006. Riflettiamo su un fatto: gli studenti di oggi si ritroveranno nel giro di 10-20 anni a svolgere lavori che non esistono ancora. Quello che sarà importante per loro, non saranno tanto le nozioni imparate, quanto le competenze acquisite, che potranno aiutarli a farsi strada nella vita e nel lavoro. L’Europa ha individuato quattro competenze trasversali: “imparare ad imparare” – essere “studenti” lungo tutto l’arco della vita; “competenze sociali e civiche” – essere cittadini consapevoli dei propri diritti e doveri -; “spirito di iniziativa e imprenditorialità” – creatività e innovazione come motori del proprio agire- e “consapevolezza ed espressione culturale” – produzione e fruizione della cultura, non semplice contemplazione. Perché, in Italia, si discute di programmi e di apprendimento formale, guardando così ad una scuola del IXX secolo, quando le competenze indicate dall’Europa si rivolgono alla scuola del XXI secolo?
Multilinguismo
In Europa quando si pensa alle “Lingue” non ci si riferisce semplicemente all’italiano, inglese, polacco, spagnolo ecc, il più recente documento in materia “Il multiliguismo: una risorsa per l’Unione e un impegno comune” non lascia dubbi sul nuovo focus dell’Unione: le Lingue oggi significano occupabilità e competitività.

L’Eurobaromentro – strumento con cui vengono misurate le opinioni dei cittadini su determinate materie – ha dato un risultato piuttosto chiaro: alla domanda “Perché imparare le lingue?” gli Europei hanno risposto “Per il lavoro e le opportunità di carriera il 75%” “per viaggiare il 20%”. Se a questo si affianca il fatto che “una lingua franca non potrà mai rispondere ai reali bisogni di comunicazione”, la risposta politica europea è: rafforzare il ruolo delle lingue in Europa, partendo dalla scuola. Il Multiliguismo risponde, infatti, ad un duplice obiettivo: rafforzare l’apertura e la tolleranza nella società, e aprire le porte a nuovi mercati e a nuove opportunità di affari”. Anche per questo aspetto, l’Italia è in controtendenza rispetto all’Unione europea: l’Inglese è pressoché la sola lingua straniera a scuola, e l’insegnamento della seconda lingua straniera , diventa un privilegio riservato a pochi.
L’Europa ci salverà? E’ un ipotesi plausibile, che diventerà un “sì” quando vedremo i ricercatori italiani con il biglietto di andata, ma anche di ritorno; quando la scuola – come sancito nella Costituzione italiana – sarà di tutti e per tutti, con meno sprechi possibili, senza che, però, tagli indiscriminati mettano in crisi il suo funzionamento; se gli insegnanti saranno messi nelle condizioni didattiche e professionali di insegnare non solo contenuti, ma soprattutto “l’imparare ad imparare” in ogni situazione della vita; quando il multiliguismo non sarà più un taboo, ma una risorsa della scuola e della società del XXI secolo, nonché un potente strumento di integrazione.

Se tutto questo accadrà allora, a prescindere dal colore del governo in carica, anche l’Italia come la Madre dei Gracchi alla fatidica domanda, potrà chiamare i suoi giovani cittadini e dire “Ecco i miei gioielli”.
* Silvia Dall’Acqua è socia di LeG

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