Adesso una proposta politica

03 Ott 2008

L’attesa, diciamo la verità, è stata snervante. Quattro mesi per preparare una manifestazione… adesso che il 25 ottobre non è più così lontano e il cielo si è fatto davvero autunnale possiamo comunque interrogarci sul senso di questo rinvio e cercare di capire cosa sia accaduto nel frattempo: dentro la maggioranza, dentro il Pd ma soprattutto nel nostro Paese, che a molti appare sempre più sconosciuto, amato e ignoto, recalcitrante, distratto, lontano.
“Una manifestazione in autunno? Che vuol dire?”, mi venne da scrivere il 23 giugno, sull’onda della notizia arrivata nel corso di una surreale assemblea costituente del Pd. E mi chiedevo se alla base del rinvio della protesta ci fosse una scelta strategica basata sul presupposto che di certi temi, come la deriva autoritaria e le ferite alla giustizia e al Parlamento, agli italiani “non importa niente”. Cercai di attirare l’attenzione del segretario del Pd, Walter Veltroni, scrivendogli una lettera ai primi di luglio. “Ora e non in autunno. Ora e non ad ottobre. Ora e sulla Costituzione” e sostenevo che Berlusconi poteva forzare su questioni così importanti per la tenuta democratica perché si sentiva al riparo da un’opposizione degna di questo nome. Chiedevo, ripetendomi all’infinito, se non toccasse alla politica scuotere le coscienze. Adesso non voglio ritornare su giudizi e preoccupazioni mille volte espresse da LeG, dai suoi garanti e dai soci. E prendo atto che dalle feste di settembre il tono anche dei vertici del Partito democratico è cominciato a cambiare, anche se essi appaiono comunque timorosi di esser tacciati di “giustizialismo” o di “deriva dipietrista”, orribili definizioni entrambe e così profondamente atte a falsare il pensiero.

Fino ad arrivare a oggi: il problema istituzionale, a partire dall’umiliazione del Parlamento, è sulla bocca di tutti, anche perché Berlusconi sta ormai creando una situazione a mio avviso eversiva dell’ordine costituzionale. E la cronaca politica purtroppo ce lo conferma giorno dopo giorno.
Ebbene, a questo punto penso che il ritardo di questi mesi peserà molto sulla vicenda italiana. Per almeno due motivi.
1) Molti passi compiuti dal cavaliere e parecchi episodi di intolleranza e revisionismo ai limiti della falsificazione storica ci sono stati perché l’opposizione, appunto, dormiva aspettando l’autunno. Dovendo scegliere se denunciare e proporre qualcosa sulla crisi economica gravissima e sulla gravissima crisi istituzionale, il Pd ha scelto di occuparsi soltanto della prima, che tocca in maniera immediata e pesante la vita dei cittadini. Noi dicevamo che le due crisi insieme sono la vera sciagura e insieme andavano affrontate e denunciate. Se si fosse gridato immediatamente e con forza contro il tentativo di ridurre il Parlamento a un parco di annoiati e delusi forse anche i presidenti delle due Camere sarebbero stati obbligati a intervenire per tempo. Forse Berlusconi non si sarebbe sentito autorizzato a minacciare addirittura la Corte Costituzionale. Ma ormai è acqua passata.
2) Una denuncia seria e grave come quella dell’autoritarismo crescente, oggi, quattro mesi dopo, sta diventando purtroppo quasi una barzelletta. Come un quiz televisivo, la domanda: c’è o non c’è il rischio fascismo in Italia? Sta quasi perdendo ogni forza evocatrice e di denuncia.

Una sorta di “Chi l’ha visto?” su cui anche in treno capita di ascoltare giudizi e pregiudizi. Un problema gravissimo, si sta trasformando in un ritornello retorico e strumentale alla dichiarazione politica del giorno.
Una situazione difficile e cupa. A questo punto è evidente che non basterà la manifestazione del 25 ottobre. Il Partito democratico ha l’onere di indicare una strada, una proposta politica per limitare i danni, ostacolare la crisi, fermare la deriva. Un obiettivo, questa volta sì, a lungo termine. E speriamo che ce la caviamo.

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