Gli italiani e gli orsi polari

22 Set 2008

C’era tutta la città, venerdì pomeriggio nell’aula del consiglio comunale di Piombino, vecchi e giovani, politici e non, ex sindaci, storici, cittadini e basta. Perché, quando si parla di storia, a Piombino si superano gli steccati, quasi tutti. La storia, e in particolare quella della difesa della città il 10 settembre del ’43, quando le navi tedesche tentarono di occupare il porto e la terra ferma, e militari e civili insieme sconfissero quell’invasione e formarono un primo nucleo di quella che fu poi la resistenza organizzata, è qui una sola e non equivocabile ricostruzione degli avvenimenti. Piombino oggi celebra con un volume, voluto dal comune, la sua “memoria della memoria”: ha raccolto tutto ciò che dal ’44 a oggi è stato fatto affinché la memoria di quel dieci settembre non andasse perduta o stravolta.A questo pensavo in quella aula stracolma, al fatto che se qualcuno per caso cercasse oggi di revisionare o riscrivere la storia di quell’evento, verrebbe preso per matto o criminale. La città ha posto al sicuro la sua memoria, la sua medaglia d’oro. E questo mi rattristava mentre una dopo l’altra ascoltavo le testimonianze dei protagonisti e dei figli dei protagonisti: dunque, non sarebbe stato impossibile mettere in sicurezza la nostra memoria, far sì che nessuno, col passare dei decenni e del ventesimo secolo, mettesse mani avide sul patrimonio nazionale e cominciasse a spacciare ai quattro venti una storia che non è quella, una storia d’Italia ad uso e consumo della maggioranza che governa.

Sarebbe bastato fare come Piombino. Invece ascoltiamo di tutto in questi giorni oscuri per la democrazia: esaltazione del fascismo e di Salò, difficoltà a dirsi antifascisti, addirittura la celebrazione dei soldati del papa caduti a Porta Pia per difendere il potere temporale. E viene un brivido a pensare a quali mani è affidato il 150° dell’unità d’Italia.La vera sciagura, pensavo ancora, è l’indifferenza della nazione ai temi storici, e a tutto ciò che oggi viene inteso come “emergenza istituzionale”. Tristi sono gli elenchi e dunque mi limiterò a indicarne alcuni per sommi capitoli che si possono raggruppare con la definizione di Nadia Urbinati sull’”Espresso”: “Il governo ha un progetto organico di stravolgimento della nostra democrazia”. Oppure con l’incitamento di Napolitano a fare “una politica di patriottismo costituzionale”.Il problema è che appena si passa dalla denuncia di ciò che sta avvenendo al capitolo del che fare, sembra di sbattere la testa contro un muro d’acciaio se mai ne sono esistiti. A chi importa infatti di cose tanto lontane e apparentemente astratte? Le grandi tragedie nazionali oggi si chiamano Alitalia, occupazione, stipendi. Il presente incalza con la sua somma di questioni irrisolvibili. Il cittadino si chiede come la grande crisi finanziaria ed economica colpirà i suoi risparmi. E’ forse troppo chiedergli di vigilare sul resto.Non si può chiederlo a nessuno, tranne all’opposizione politica, se esistesse.

I partiti hanno la responsabilità di vegliare sul bene comune, e di proteggerlo e di opporsi a chi intende devastare tutto o “smantellare il patrimonio della nazione” come dice ancora la Urbinati. L’apparente indifferenza della popolazione non può essere un alibi per non far niente, o per inseguire l’agenda del governo, ombra all’ombra di Berlusconi.
Dopo questi mesi di colpevole silenzio tutte le opposizioni devono cominciare a “strillare”. Devono far sapere cosa sta accadendo. Il segretario del Pd non può nascondersi dietro la speranza che in Usa vinca Obama e che Obama ci difenda da Berlusconi. Non può sognare il Polo nord quando da noi il concetto stesso di nazione è dileggiato: gli italiani gli fanno meno pena degli orsi bianchi?Davvero non ci interessa lo smantellamento della giustizia, con lo spostamento dei poteri dal Pm alla polizia di Stato? Davvero non ci riguarda il fatto che il federalismo possa disgregare quel po’ di tessuto unitario e sociale che ancora rimane in questa terra dal razzismo facile? Davvero l’emergenza istituzionale non interessa a nessuno? Il 25 ottobre si può essere a Roma solo se anche di questo si parlerà. E’ la sfida più difficile, perché è difficile parlare di qualcosa che non è il pane quotidiano. Ma nati non fummo a viver come bruti. E volere o non volere, questo è anche il compito di una opposizione che non faccia l’opposizione ombra.

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