Istituzioni e sviluppo economicoin terra di mafie

15 Set 2008

Federalismo, criminalità organizzata, economia e sviluppo. La scuola di LeG a Reggio Calabria fa il punto sul Mezzogiorno. Nei tre giorni di studio e dibattito si sono alternati al tavolo dei relatori docenti universitari, amministratori, politici, magistrati e imprenditori. Relazioni tecniche e testimonianze dirette, soluzioni condivise e progetti sperimentali sono stati offerti agli allievi, 30 in tutto, di età compresa tra i 20 e 65 anni. Si parla di appalti, infiltrazioni mafiose e Sua, Stazione unica appaltante.Che strumenti ha il piccolo imprenditore di fronte alla grande impresa che per aggiudicarsi la gara d’appalto paga il pizzo? “E’ un’ipotesi purtroppo frequente, che rende più difficile la vita all’imprenditore locale nel momento in cui le grandi imprese non resistendo alle pressioni si mettono d’accordo con le cosche”, spiega il senatore Luigi De Sena nel corso di uno degli incontri. Il sostituto procuratore nazionale antimafia Alberto Cisterna aggiunge: “Nel Mezzogiorno, la presenza della criminalità organizzata è un prezzo alto da pagare, anche se in Calabria questa presenza non riguarda l’aggiudicazione degli appalti, piuttosto la loro esecuzione attraverso i subappalti”. Il magistrato che fa parte del comitato di alta sorveglianza delle grandi opere del Ministero dell’Interno entra nel dettaglio: “In Calabria, per fortuna, non esiste un tavolo della mafia che sceglie le imprese aggiudicatrici dei lavori, ci sono però tanti micro mercati per subappalti e le forniture, soprattutto di calcestruzzo, controllati direttamente dalle cosche”.

Mario Centorrino che insegna politica economica a Messina è convinto “che la frammentazione regionale dei controlli sulle gare d’appalto sia controproducente. E’ necessaria una legge nazionale sulla Stazione unica appaltante”.
Ecco uno stralcio degli interventi alla tavola rotonda dal titolo “Istituzioni e sviluppo economico in terra di mafie: una ipotesi, la Stazione unica appaltante
Francesco Manganaro, docente di Diritto amministrativo, università Mediterranea di Reggio Calabria (membro del Comitato scientifico della Scuola)Un tempo, l’economia mafiosa non partecipava agli appalti, ma chiedeva la tangente o il subappalto all’aggiudicatario. Oggi l’economia mafiosa, come spiega Mario Centorrino, è direttamente l’imprenditore. E’ lui che vince la gara perché propone i prezzi più bassi. Da questo punto di vista, anche i miglioramenti normativi non sempre sono stati sufficienti, perché il momento più delicato è quello dell’aggiudicamento della gara. Come si possono gestire le gare?Nel Mezzogiorno assistiamo a un fenomeno particolare, non solo ci sono gli amministratori disonesti che colludono, anche gli amministratori onesti che non sono in grado di gestire le gare, non hanno gli uffici tecnici per sostenere opere pubbliche. Occorre un rimedio, ma non basta una misura collaterale, occorre un insieme di controlli, su più fronti. Si è posto il problema: ma vale la pena finanziare opere pubbliche, quando poi i soldi vanno alla mafia?Il rimedio: misure complessive, una delle quali è la creazione della stazione unica degli appalti Quando in Calabria arrivò il superprefetto De Sena si avanzò la proposta di accentrare in una grande unità la gestione degli appalti pubblici, come accade a Crotone.

Sulla linea dell’esperimento riuscito a Crotone si è pensato di estendere a tutta la regione la stazione unica appaltante.La legge è la numero 26 del 2007, nell’aprile scorso l’istituzione. Siamo in una fase sperimentale, ma l’esempio crotonese lascia ben sperare.
Mario Centorrino, ordinario di Politica economica, università di MessinaLa politica che prova ad essere spiegata. Le persone che attendeno spiegazione, cioè la politica non si pone come precetto ma come spiegazione di quanto accade. Le mie sono esperienze di letteratura, ma proverò a spiegare perché ogni volta che si parla di opere pubbliche, il pensiero va a una variante criminogena, prima che all’utilità alla necessità dell’opera, alla spesa e all’opportunità di farla. Le opere pubbliche del resto vengono utilizzate in tale economia che passato un anno, sembrano decrepite.L’edilizia scolastica, per esempio: pare sia realizzata con lo sputo, dopo un anno piove dentro le aule. Colpiscono poi le opere pubbliche non realizzate. Come mai alcune opere pure importanti non vengono realizzate e altre sì? Proviamo a dare risposta: una caratteristica è che l’impresa che opera nel settore delle opere pubbliche è abnorme, perché non ha continuità di lavoro, può lavorare per un semestre e poi fermarsi per un anno, di conseguenza non ha continuità di organico è un’impresa che ogni volta deve costruirsi daccapo e subito dopo dissolversi. Deve avere ovviamente contiguità con la politica e le istituzioni, non può vivere solo di mercato, deve sapere cosa bolle in pentola, quali opere sono previste.

E’ impresa che non può fare tutto, un’opera pubblica prevede un mare di competenze, dall’artigiano all’architetto famoso. Questa impresa, dunque, si trova davanti a un sistema di aggiudicazione di gara che spesso sembrafatto apposta per non permettere il regolare svolgimento dei lavori. Molti settori – tutti noti – sono in mano alla criminalità: lo scavo della terra, per esempio. Ma il maggior inquinamento criminale sta nel sistema di aggiudicamento dell’opera. Pur di lavorare, l’impresa deve entrare in un meccanismo di volta in volta cangiante, scombussolato da leggi in continuo cambiamento. Le imprese devono cercare di avere un meccanismo di regolatore, che faccia sì che l’impresa X non vinca tutti i lavori di Reggio Calabria. Occorre un meccanismo di regolazione degli stessi imprenditori; serve cioè un tavolo di concertazione in cui siano gli stessi imprenditori a dire cosa sia effettivamente necessario per eliminare il fattore criminogeno, oppure dovrebbe esserci una parte terza, un convitato che dica: “regolo io”, un potere di moral suasion. Tra l’altro, il meccanismo di regolazione previsto dalla criminalità organizzata fa crescere il costo dell’appalto, perché devono uscire dei redditi nascosti, quelle transazioni non certificate. Come si può fare, si deve risparmiare da qualche parte. Ed ecco effetti paradossali: le gallerie della Messina-Palermo sono fatte con calcestruzzo di pessima qualità. In Sicilia le opere pubbliche costano il 15% in più delle altre regioni.La Salerno-Reggio Calabria è un’opera pubblica sotto scacco.

E’ una lotta continua nel cercare di arginare il tentativo di trasformare un’opera pubblica utile in un’opera pubblica utile a qualcuno. Un’opera pubblica ha più fasi: la progettazione innanzitutto, poi la realizzazione e il finanziamento.Quanti soldi spesi per la progettazione del ponte sullo stretto? Paradossalmente, dove dovrebbe esserci programmazione, non c’è. I comuni non hanno soldi e non possono investire i pochi che hanno in progetti. La progettazione è redditizia e non fa correre rischi. Ci sono opere che non si fanno e sono molto progettate; viceversa grandi opere nemmeno schizzate. Le opere hanno bisogno di liquidità e la mafia ha molti soldi; capita che le imprese che si aggiudicano l’opera falliscono nel corso dei lavori. Il punto chiave è l’aggiudicazione. Allora si è deciso, in Sicilia, di fare le gare al ribasso, anche con sistemi molto complessi di calcolo, ma è accaduto che vincevano imprese con offerte più basse dello 0,0001 per cento Le vie d’uscita: la stazione unica appaltante funziona. In Sicilia sono di competenza provinciale, intervengono su opere da più di un milione e mezzo di euro; è un organo tecnico, cioè non entra nel merito dell’aggiudicazione, fa l’aggiudicazione pura e semplice, il contenzioso poi è a parte. Però potrebbe essere considerata un passo avanti. La mia idea è questa. E’ sbagliato tutto questo proliferare di leggi sugli appalti diverse di regione in regione. In epoca di trionfo del federalismo, mi rendo conto che può sembrare strano dire queste cose.A Favara, un piccolo paese delle Sicilia, ci sono più imprese edili che cittadini.

C’è bisogno di un controllo, non soltanto poliziesco, anche sociale. Perché abbiamo il tribunale del malato e non invece un tribunale degli appalti? Chi muove queste cose è un demone, un esperto, più che un tecnico.Sono andato a vedere le statistiche sui reati di turbativa d’asta: sono inesistenti, la pena è così bassa che si prescrive immediatamente. Non c’è rischio di reputazione, non c’è rischio penale e nemmeno d’impresa. Un settore che non funziona secondo le regole del mercato, che ci toglie soldi dalle tasche, che non ci permette di avere le opere che servono. Perché allora non si sviluppa un sistema di controllo sociale? Mi sembra che sia un tema che la politica può e deve spiegare.

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