Tabacci: perché mi oppongo

06 Giu 2008

Quale opposizione? LeG incontra Bruno Tabacci. Bruno Tabacci è uno che non le manda a dire. E proprio per questo Libertà e Giustizia lo ha invitato a discutere con Sandra Bonsanti e Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera, di “Quale opposizione?”, tema caldissimo in questo inizio di legislatura.L’incontro si è svolto ieri pomeriggio a Roma, nei locali della libreria Arion a due passi da Montecitorio, e non ha deluso le aspettative. Il contesto è noto: c’è una maggioranza che procede a passo di carica nonostante qualche scricchiolio, e c’è un Pd balbettante, che non riesce a trovare il dosaggio giusto tra l’auspicata serenità dei rapporti politici e il dovere di un’opposizione senza sconti. In mezzo c’è l’Unione di Centro, a sua volta divisa tra due linguaggi: quello di Casini, ancora incerto, e quello appunto di Tabacci, che non perdona niente a Berlusconi e al suo governo.All’elettorato democratico Tabacci piace proprio per questo, e piace anche ai parlamentari del Pd, che lo applaudono senza riserve quando, come è accaduto ieri alla Camera durante il dibattito sul caso Alitalia, attacca frontalmente le maldestre manovre berlusconiane. Sbaglierebbe però chi si aspettasse una facile convergenza in nome della comune collocazione all’opposizione. Perché l’uomo ha opinioni spigolose e non ha nessuna intenzione di smussarle.Ecco, in estrema sintesi, il suo ragionamento: esiste un degrado culturale del paese, che ha nel corso degli anni, complici gli strumenti della formazione, dalla famiglia alla tv, privilegiato sempre più la furbizia rispetto al merito e alla competenza.

La politica ha assecondato questa china, come dimostra la performance economica del paese, che è sceso dal primo posto degli anni del dopoguerra all’ultimo. L’unica cosa da fare è perciò “ricostruire i fondamentali”, ma per farlo non serve porsi sulla stessa lunghezza d’onda di Berlusconi, che è il campione dell’Italia degradata e sarà sempre il più credibile su questo terreno. Lo dimostra la disinvoltura con cui l’attuale maggioranza passa dal liberismo all’antimercatismo, affidandosi all’eclettica inventiva di Tremonti per dare veste intellettuale all’uno e all’altro.Bisogna fare altro, ma cosa? Tabacci ha chiaro che il cammino è lungo e complicato, ma i segnali che vede vanno in direzione opposta a quella che ritiene giusta. E qui arriva la critica al Pd, che appare complice di Berlusconi nella piega presidenzialista che sta prendendo la pur necessaria riforma istituzionale. Questa deriva, dice, “in un paese che non ha la cultura dei contrappesi non ci porta in nord America, ma in Argentina”. E il bipartitismo osannato in nome della semplificazione politica finirà per assegnare a Berlusconi il ruolo che fu della Dc e al Pd quello che fu del Pci. Uno sempre in maggioranza e l’altro eternamente in minoranza, in attesa che Berlusconi si dedichi ad occuparsi del suo successore: Piersilvio, o magari Marina. Una prospettiva dinastica da brivido.La ricetta di Tabacci è semplice: bisogna cambiare strada e puntare al sistema tedesco, più bilanciato e articolato.


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l governo ombra e la sua auspicata istituzionalizzazione va in direzione opposta, e cioè quella di strangolare le altre opposizioni. Il tutto accompagnato da una legge elettorale che consente ai leader dei due partiti di nominare gli eletti, spogliando gli elettori di ogni potere effettivo, e che ha provocato un drastico calo di qualità nella classe dirigente.Fin qui Tabacci, e gli si può imputare un eccesso di diffidenza nei confronti del Pd che lo porta a negare ogni possibilità di collaborazione finché esisterà il governo ombra. Ma non c’è dubbio che la sua denuncia morda nel vivo. Perché finora l’opposizione del Pd è stata troppo timida. Perché il Pd non è ancora un partito e non ha strutture di verifica e formazione della volontà politica. Perché il leaderismo mediatico degli anni Duemila è molto lontano dalla necessità di ricostruire la coscienza civica del paese.Alla società civile, e ad un’associazione come Libertà e Giustizia, spetta il compito di tenere gli occhi aperti. La prima occasione sarà quella della riforma della legge elettorale per le Europee. Già l’introduzione di una soglia di sbarramento, al 3 per cento come vorrebbe Veltroni o al 5 come pretende Berlusconi, è discutibile visto che il Parlamento europeo non esprime un governo ma è solo un organo di rappresentanza. Ma se passasse anche l’abolizione delle preferenze, e cioè l’omologazione al vituperato Porcellum, allora i peggiori timori di Tabacci diventerebbero realtà.

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