Parlate chiaro e fatevi sentire

04 Apr 2008

Pizza o non Pizza, siamo davvero alla vigilia del voto. Niente più sondaggi, solo opinioni, pareri, consigli, sensazioni.
E’ la voce della periferia che conta, quella che echeggia tra le mura domestiche, alle cene fra amici, nei bar delle città dopo che i big sono passati, le piazze si sono vuotate e così i teatri e i cinema adibiti all’incontro con i leader della campagna elettorale. E’ la voce più difficile da interpretare, quella che fa capire in anticipo come andrà a finire, chi vincerà le elezioni. E’ la voce che rispecchia le incertezze degli incerti, le indecisioni degli indecisi e i perché delle esitazioni.
Noi di LeG siamo nati con l’obiettivo di rappresentare l’anello mancante fra la società civile e la politica, quel canale privilegiato che dovrebbe servire a far giungere ai partiti gli umori, positivi e negativi, di quel mondo che spesso non accorre, non si iscrive, ma che parteggia e poi vota: tanti cittadini che si esprimono soltanto nel segreto dell’urna, o, appunto, tra poche persone a loro familiari.
E’ l’anima segreta delle elezioni, quella che ci piacerebbe di capire e a cui ci piacerebbe di essere in grado di dare voce. Ma non ho, non abbiamo affatto la presunzione di saperlo fare: ci proviamo.
E allora partiamo da quell’area che pensiamo di aver conosciuto un po’ meglio, quella che si è sostanzialmente divisa fra Pd e sinistra arcobaleno, la vecchia Unione. C’è un sostegno crescente al segretario del partito democratico, assai meno al Pd in quanto tale, cioè alla campagna che viene fatta dai capilista o dai candidati: i quali sapendo di essere “nominati” e non scelti dalla gente spesso hanno persino ritegno a presentarsi davanti a un pubblico che non sia il solito, che ritengono, non sempre a ragione, affezionato e sicuro.

Quanto alla sinistra di Bertinotti, anche lì mandano avanti il leader e il resto non si vede.
Quanto ai contenuti, allo stile della campagna, le voci che ci arrivano dicono che forse ha ragione quella parte del loft di Veltroni che chiede di passare da ora in poi all’attacco, spiegando bene le differenze di programma, di stile, di cultura politica che divide i due schieramenti principali. Veltroni ha ormai spiegato bene il nocciolo della sua politica, ha dimostrato la sua non aggressività nei confronti dell’avversario e non credo che su questo aspetto debba più convincere nessuno. Deve invece sforzarsi, d’ora in avanti, di convincere coloro che si dicono delusi non dal suo eccessivo buonismo, ma da quella lievità con cui affronta questioni sentite come questioni di fondo: la legalità ad esempio (è piaciuto l’appello alla criminalità organizzata a non votare Pd) che implica non solo parole ma soluzioni concrete e personalità credibili; il pluralismo dell’informazione, che non è roba vecchia, ma roba modernissima, sempre che non si sia rinunciato del tutto a fare del nostro paese un paese in cui il conflitto di interessi, chiamiamolo l’interesse privato, è un disvalore, è un qualcosa che ostacola la libertà (anche di impresa) dell’altro. Sorvolare eccessivamente sui temi “eticamente sensibili” genera disorientamento. E poi: quelle promesse importanti che sono state fatte sulla fascia più povera della popolazione o sul precariato hanno bisogno di essere ancorate a qualcosa che non le faccia definire promesse elettorali, impossibili da realizzare.
E’ necessario che se Berlusconi o chiunque altro si permette di attaccare il capo dello Stato, la risposta sia immediata, non rinviata di un giorno o due.

E’ necessario che quando si dice: niente governi insieme, ma “poi” si fanno le riforme insieme, si dica chiaramente quali sono in questo campo i “non possumus” : affinché semplicemente la destra non pensi di poter riproporre lo scempio della Costituzione che aveva realizzato nel 2006. E’ necessario che si dica che non è assolutamente inevitabile, al fine di rendere più spedita la giustizia, eliminare l’obbligatorietà dell’azione penale: basta ridurre drasticamente il numero di ciò che viene considerato “reato”. Qualcuno ha infatti riflettuto su cosa significhi lasciare, in un Paese per metà ricattato dalla criminalità organizzata, la magistratura “libera” di perseguire oppure no? Chi proteggerebbe il sostituto procuratore non obbligato a indagare, che invece decide di indagare?
Bisogna che in questi ultimi giorni di campagna elettorale sia restituita alla società civile di centro sinistra quella identità, quella sua anima profondamente democratica e moderna che la spingerà alle urne.
Se in qualche modo pensiamo di poter rappresentare il termometro di una certa società, chiediamo ai leader che la loro voce, una volta lasciate le piazze, non sia affidata soltanto alle liste locali che in nessuna forza politica sono un granché: la voce sia pure ancora soltanto la loro, ma sia forte, credibile, autorevole. Si distingua dalle volgarità e indecenze di Berlusconi non solo per il tono, ma anche per la sostanza.
Coraggio, forse ce la facciamo.

Parlate chiaro e fatevi sentire.

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