Femminismi, le donne nella Rete

01 Apr 2008

Il dibattito sull’interruzione volontaria di gravidanza si fa surreale: un soggetto politico costituitosi col solo scopo di contrastare l’aborto assicura di non voler toccare la legge esistente e al tempo stesso propone una riforma dell’articolo 3 della Costituzione che renderebbe la 194 immediatamente incostituzionale. Oggi anche la giovane candidata del PD capolista nel Lazio, Marianna Madia, si accoda alla lunga lista di fan di Giuliano Ferrara rilasciando un’intervista al giornale di questi, Il Foglio.La partecipazione politica femminile in Italia resta a livelli deprimenti e ci avviamo all’ennesima tornata elettorale in cui le presenze femminili nelle liste sono centellinate; la presunta garanzia di elezione di un 30% di donne nelle liste del PD viene salutata come una rivoluzione epocale. Della proposta di legge di iniziativa popolare 50&50 sulla democrazia paritaria, presentata dall’UDI in seguito ad una campagna di raccolta firme che ha mobilitato decine di migliaia di donne in tutta Italia, nessuno parla. Ma le donne – ci si chiede – le femministe, di fronte a tutto questo, dove sono? Qualche articolo di giornale, sull’onda del doveroso, sterilizzato ossequio al ’68, ci avvisa che “le streghe son tornate”, trattando il tema come una faccenda folkloristica da relegare nelle pagine di costume (salvo qualche lodevole caso). La politica, i media, come riprova della perdita di contatto col mondo reale, sembrano ignorare il movimento tellurico che sta attraversando l’Italia.

Le scosse si propagano attraverso la rete, ma anche e soprattutto attraverso i luoghi fisici in cui i soggetti di questo processo si incontrano e lavorano per il cambiamento. Associazioni femminili, femministe e lesbiche in tutto il Paese stanno elaborando strategie di impegno, di lotta, di contrasto delle politiche in atto che del carattere duale della cittadinanza continuano a non tener conto. La grande manifestazione del 24 novembre scorso, centrata sulla violenza maschile contro le donne, era nata da un tam tam propagatosi attraverso il we (il sito motore dell’organizzazione è stato controviolenzadonne.org), ed ha portato in piazza oltre 150mila donne. Quel patrimonio straordinario non si è dissolto il giorno dopo: il percorso delle tante associazioni coinvolte sta continuando attraverso forum, tavoli, assemblee che quotidianamente lavorano in tante città d’Italia. Il centenario dell’8 marzo è stata forse una grande occasione perduta per tornare a farsi sentire ma il fiume carsico delle donne in lotta continua a scorrere con le sue proposte: in primo luogo il contrasto alla violenza maschile, agita soprattutto in famiglia; quindi l’opposizione alle leggi che espropriano e controllano i corpi, al sistema economico che precarizza le esistenze, alla cultura che educa alla passività e alla subalternità, al modello unico dell’eterosessualità. Il movimento è vasto ed eterogeneo, diversi i linguaggi che vanno da quello delle Pari opportunità a quello che rivendica la riappropriazione degli spazi pubblici attraverso pratiche collettive e autodeterminate.

Tra le pratiche concrete messe in atto, i presidi sotto i tribunali italiani in cui sono in corso processi per stupro o femminicidio, per richiamare l’attenzione sul rilievo pubblico della violenza di genere. Dai tavoli che a Roma, il 23 e 24 febbraio, hanno visto riunite associazioni femminili femministe e lesbiche (http://flat.noblogs.org), sono emerse numerose proposte sui temi dell’autodeterminazione (denuncia delle farmacie e dei pronto soccorsi che non forniscono la pillola del giorno dopo, azioni giudiziarie per mancata prestazione sanitaria, difesa e riappropriazione degli spazi dei consultori) ma anche della formazione e della lotta contro gli stereotipi; sono stati ipotizzati laboratori di genere da realizzare con bambine/i e ragazze/i nelle scuole o in altri contesti, focalizzati sul lavoro sul corpo, la relazione, la fisicità, la sessualità. Si è proposto, in tutti gradi di formazione, un insegnamento dell’educazione sessuale che comprenda tutti i tipi di orientamento sessuale, e che non trasmetta solamente la prospettiva eterosessuale. L’interculturalità è il modello proposto in opposizione al multiculturalismo, visto come patto tra patriarcati; la libertà e l’autodeterminazione delle donne migranti sono temi imprescindibili, anche se negli incontri si rileva ancora l’assenza di donne straniere. Da un linguaggio e da pratiche politiche segnate da una forte continuità col femminismo “storico” si passa al linguaggio delle Pari opportunità e al tema centrale della parità spostando l’attenzione con la rete Donne, politica e istituzioni (www.retenazionaledpi.it).

La rete raccoglie le partecipanti agli omonimi corsi lanciati nel 2005 dal ministero delle Pari Opportunità, che hanno visto decine di migliaia di donne familiarizzarsi coi temi propri dei gender studies e delle politiche paritarie, e si articola in 25 nodi territoriali, distribuiti in altrettante città, da Bologna a Messina, da Roma a Catania, a Milano, a Udine. Attorno alla rete si sono costituite numerose associazioni (Donne in quota, Proxima generi, Amiche di ABCD ed altre) impegnate nella divulgazione della cultura di genere e delle PO. La dialettica differenza/uguaglianza che fu alla base del femminismo storico permane ancora oggi: diversi sono le scelte rispetto alla politica, ai partiti: si va dalla scelta antagonista, che passa per la costruzione di spazi alternativi e di pratiche “altre”, all’impegno all’interno di partiti, sindacati e istituzioni, dettato dall’idea che la politica vada cambiata dall’interno dei soggetti tradizionali. Quel che accomuna le diverse anime di questo nuovo vasto sommovimento è la rabbia verso un sistema ancora fortemente maschile ed escludente, il desiderio di cambiamento, la ricerca di nuove rotte per attuarlo.
*Eleonora Selvi, Direttrice donnatv.it

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