Legami di legge, legami d’amore

26 Mar 2008

Naturale? Non si direbbe proprio. Dall’incontro che, nell’ambito del ciclo sulla laicità organizzato da Libertà e Giustizia di Genova, hanno tenuto il 19 marzo Chiara Saraceno, sociologa, e Gilda Ferrando, giurista, con la conduzione del filosofo Simone Ragazzoni, abbiamo capito, se avessimo ancora avuto qualche dubbio residuo, che poche cose sono meno “naturali” della famiglia e del matrimonio. Del resto il matrimonio è un’istituzione, cosa potrebbe mai avere di naturale? E’ una contraddizione in termini, un ossimoro, come ci hanno detto i nostri relatori. In poche parole, se è naturale per ogni persona relazionarsi con gli altri, il modo in cui queste relazioni vengono di fatto vissute e riconosciute dalla comunità è molto “culturale”. E ancora, a proposito di contraddizioni: i figli sono detti naturali proprio se sono nati fuori del matrimonio …E’ noto del resto che per lunghissimo tempo il matrimonio non aveva affatto tra i suoi fondamenti l’amore, e neppure il consenso dei coniugi era sempre ritenuto necessario. Addirittura, l’affetto poteva essere visto come un pericolo, un pericolo per i figli che le coccole potevano viziare, e un pericolo per il matrimonio che, sulla spinta dell’emozione, poteva risultare sbagliato, o portare alle famigerate mésalliances. E’ solo di recente che i legami di legge si sono avvicinati sempre più a quelli d’amore, perché ormai noi consideriamo l’amore come la base, l’essenza stessa del matrimonio, e non abbiamo più paura di esprimere quello che proviamo verso i nostri figli, figli che abbiamo voluto e atteso, anziché essere frutto dell’accettazione di qualcosa che è capitato per caso se non per errore.Quindi, diceva Chiara Saraceno, se le differenze si sono assottigliate è anche perché il matrimonio è mutato profondamente.

Oggi non è più ammissibile invadere la sfera privata delle persone, pretendere di attribuire una certa motivazione alle loro scelte, valutarla e decidere se è legittima o meno, e così sulla base di questo accordare o non accordare libertà di scelta, autonomia, autodeterminazione e legittimazione di forme diverse di famiglia. La famiglia, oggi, è prima di tutto un legame d’amore.Se ammettiamo, come è sotto gli occhi di tutti, che la sessualità non è più legata al matrimonio, né alla riproduzione, cessa anche ogni ragione razionale per opporsi al riconoscimento delle coppie omosessuali. Queste sono le più interessate all’adozione di una legge al riguardo, sia perché in assenza di essa sono maggiormente soggette alla discrezionalità di chi non intende riconoscere certi diritti (si pensi al medico che deve consentire la visita al compagno di un ricoverato), sia perché vivono il riconoscimento come una importante forma di non-discriminazione, sia, ancora, perché comunque non possono – nel nostro paese – scegliere di sposarsi per avere maggiori diritti come invece può fare una coppia eterosessuale. Purtroppo tuttavia, e anche a prescindere dall’influenza della Chiesa, esiste ancora un diffuso perbenismo, la pretesa di una autorità morale imposta dall’alto, la tentazione di erigere le proprie personali idiosincrasie a morale comune. Appare poi persino paradossale che si tenti di negare il riconoscimento alle coppie di fatto (in particolare omosessuali) sulla base di una presunta “irresponsabilità” del loro rapporto, quando è evidente che si chiede un riconoscimento perché si intende assumersi delle responsabilità.

Questo non significa che una coppia riconosciuta e “responsabile” sia per forza anche eterna, ma del resto neppure il matrimonio lo è più.Gilda Ferrando ci ha confermato che ormai, per l’Europa, le cose stanno cambiando in maniera netta e definitiva. Se il Trattato di Roma parlava di diritto di “un uomo e una donna” di “sposarsi e fondare una famiglia”, la recente Carta di Nizza che lo ha modificato (2001, in corso di ratifica) intende invece il diritto di sposarsi e il diritto di fondare una famiglia come due diritti distinti, e non richiede più che si tratti di due persone di sesso diverso. Sono pur sempre gli Stati a regolare autonomamente l’esercizio del diritto, tuttavia essi non possono creare norme in contrasto con i principi fondamentali della Carta.Ancora, Gilda Ferrando sottolinea a chiare lettere come l’art. 29 della Costituzione, nel parlare di “società naturale fondata sul matrimonio” non precluda affatto la tutela di altre forme di famiglia. Il riferimento alla società “naturale” è dovuto al fatto che si veniva dall’esperienza oppressiva del fascismo, in cui l’intervento dello Stato sulle famiglie era pesantissimo. Si è inteso dare un riconoscimento e una garanzia allo spazio privato, a una sfera personale sottratta alla regolamentazione pubblica, che pure deve esserci, ma deve essere limitata ad alcuni aspetti specifici e ben definiti.L’art. 2 della stessa Costituzione, nel riconoscere i diritti fondamentali dell’individuo, non solo come singolo, ma anche “nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità”, dovrebbe fugare ogni dubbio; questo riconoscimento non è dato nell’interesse pubblico, ma a tutela dell’interesse personale di ciascuno, appunto, a esprimere la propria personalità in “formazioni sociali” che evidentemente possono benissimo coincidere con la coppia, la famiglia, fondata o meno che sia sul matrimonio.Se è vero che sembra non si voglia dare un riconoscimento formale, va detto però che il legislatore è intervenuto negli ultimi anni con una serie di interventi mirati su singole fattispecie, che hanno finito nel loro insieme per ampliare la sfera dei diritti: dai congedi parentali al consenso alla donazione degli organi, dalla tutela in caso di violenza familiare all’affidamento condiviso dei figli in caso di separazione, i nuovi provvedimenti hanno riguardato in larga misura anche i conviventi.

Alle lacune normative che ancora permangono si finisce per supplire con i contratti individuali e con interventi della giurisprudenza. Resta peraltro, oltre alla difficoltà di provare la convivenza quando questa dà luogo a diritti, soprattutto l’esigenza, sottolineata in particolare dagli interventi del pubblico, di tutelare tutti, anche coloro che non conoscono a sufficienza i propri diritti, che non saprebbero tutelarsi con contratti, testamenti e altri atti giuridici, nonché di evitare quella discrezionalità che resta insita in un sistema in cui i diritti non sono riconosciuti in maniera chiara e sistematica.. Sembra che esista un ostacolo di ordine per così dire simbolico, per cui anche quando si è tentato di dare una certa disciplina organica (DICO) si è parlato di “individuo che sta in coppia” e non di “coppia” come se non si volesse riconoscere in nessun modo a quest’ultima una propria formale esistenza. Certo, come pure è stato detto, meglio a volte qualche intervento in sordina, piuttosto che una legge organica che rischia di peggiorare la situazione e far arretrare le conquiste già di fatto ottenute, come è accaduto per la legge 40 sulla fecondazione assistita. Ma, ha concluso l’ultimo intervento, se vogliamo contrastare quel perbenismo imperante cui si accennava, quel “senso comune” così impregnato di pseudomoralismo, forse è davvero il caso di ricorrere comunque alla lotta politica, di parlare e di scontrarsi, affinché la mentalità e la cultura finiscano un giorno per mostrare meno paure e maggiore apertura.

*Alexandra Mc Millan fa parte del coordinamento del circolo genovese di LeG

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