Partito democratico, davvero

19 Lug 2007

Partito democratico, davvero
Per un’Italia più libera, più ricca, più giusta

Il nostro cantiere democratico
Oggi presento la mia candidatura alla guida del Partito democratico. Lo faccio con grande senso di responsabilità chiedendo a tanti di collaborare a questo entusiasmante compito.
Non ho voluto offrire qui un programma né un manifesto, ma brevi riflessioni lasciate volutamente aperte, perché a sostegno della mia candidatura non chiedo soltanto una firma, ma contributi, esperienze e idee che arricchiscano questa fase del nostro lavoro comune.
Nelle prossime settimane, attraverso incontri, convegni, siti internet e i laboratori che si apriranno nei 475 collegi elettorali, potremo liberare le energie di una vera fase costituente e portare, tutti insieme, a compimento il programma per il Partito democratico.
Un partito nuovo
Abbiamo una grande ambizione: restituire dignità e autorevolezza alla politica. Vogliamo farlo attraverso la costruzione di un partito nuovo.
Proprio nel momento in cui il sistema dei partiti appare screditato e i cittadini sentono la politica distante, noi scommettiamo su un’idea nuova di partito e di politica.
La società italiana è ferita, sono aumentate le disuguaglianze e si è allargata la distanza fra i cittadini e le istituzioni. Qualcuno pensa che la risposta sia l’antipolitica e l’alimenta attraverso un populismo mediatico e un nuovo corporativismo sociale e geografico. E’ invece solo la politica, rimotivata e adeguata alle nuove situazioni, che può davvero aiutare a risolvere i problemi e restituire la voglia di futuro al Paese.
Un partito plurale
Il Partito democratico non sarà la semplice fusione dei partiti fondatori.

Già ora l’Ulivo è qualcosa di più. Per dar vita a un partito nuovo è necessario unire le culture politiche della liberaldemocrazia, del cattolicesimo democratico e della sinistra democratica, ma anche accogliere i tanti fermenti nati nel nuovo secolo attorno ai temi della pace, della democrazia partecipativa, dello sviluppo sostenibile e dei diritti.
Mentre quelli del Novecento erano partiti identitari perché rispondevano a società culturalmente omogenee, oggi noi siamo chiamati a costruire un partito plurale perché viviamo in una società caratterizzata dalla frammentazione etica e culturale. Una frammentazione che si trasferisce nelle istituzioni, crea conflitto al loro interno, paralizza le decisioni, e rischia di inibire l’azione di governo.
Il partito plurale che dobbiamo costruire insieme deve quindi assumersi la fatica e la responsabilità della sintesi, in modo da rendere le istituzioni libere dai conflitti e capaci di decidere.
Un partito davvero plurale non è un partito che include una parte in un’altra, non giustappone le diversità, non oscura le differenze. E’ invece capace di affermare una forte identità in virtù di una sintesi autentica tra culture e punti di vista diversi che devono continuare a vivere.
Un partito davvero plurale trova nella sintesi tra le tante tonalità presenti la condizione indispensabile per essere unito e fare le scelte necessarie. E quanto più quelle scelte appaiono innovative e coraggiose, tanto più è necessario l’apporto di tutti.

Tutti hanno pari dignità, tutti hanno la responsabilità di offrire un contributo che peserà e conterà in una decisione comune frutto di una sintesi più avanzata e convincente del proprio punto di vista
Per questo motivo la collocazione internazionale del nuovo partito è una questione fondamentale. Il Pd italiano ha l’ambizione di creare a livello europeo una casa politica nuova per tutte le culture democratiche che devono attrezzarsi a rispondere alle domande nuove di questo secolo: domande di giustizia, nuove questioni poste dalla scienza, nuovi interrogativi etici e nuove sfide antropologiche.
Nessuno disconosce il valore dell’esperienza socialdemocratica europea ma il mondo è incalzato da nuove domande di democrazia, di libertà e di giustizia sociale alle quali solo l’unità delle culture riformiste può dare a livello mondiale risposte, portando ad unità percorsi e storie che hanno interpretato i valori democratici in tutti i continenti. Noi non ci arrendiamo allo schema oramai ingessato del Parlamento europeo.
Un partito democratico
A differenza di altre Costituzioni, (quella francese affida ai partiti un semplice ruolo elettorale, quella tedesca li limita a strumenti di manifestazione della volontà politica del popolo) l’originalità della nostra Costituzione è quella di individuare nei partiti lo strumento a disposizione dei cittadini per determinare la politica nazionale con metodo democratico. Questo strumento che negli ultimi due decenni è stato depotenziato, fino ad essere delegittimato dall’ultima legge elettorale fondata sull’idea implicita che l’unica relazione tra potere politico e cittadini sia la tele-comunicazione, deve essere rinnovato.
I partiti sono una palestra insostituibile di democrazia per un Paese.

Se fallisce il metodo democratico dentro i partiti è a rischio anche la democrazia nella società. Ciascuno di noi è chiamato ad un’innovazione radicale del proprio modo di concepire il partito, la militanza, la responsabilità politica.
Il Partito democratico non nasce per azzerare le storie, personali e collettive, le biografie, le radici di ognuno di noi. Ma non nasce neppure per garantire il nostro passato e il nostro presente con la rassicurante continuità di un’organizzazione e di una forma partito che non corrispondono più né alle aspettative dei cittadini né agli obiettivi che ci siamo dati.
Il percorso che stiamo sperimentando in vista dell’appuntamento del 14 ottobre, dovrà essere il frutto di una larga consultazione, del coinvolgimento di tutti, di ascolto paziente e vero. Anche se il regolamento elettorale che è stato approvato favorisce chi può contare su una forte organizzazione, siamo certi che saranno in moltissimi, donne e uomini, e soprattutto giovani ad essere i protagonisti di questa nuova stagione.
Fin d’ora possiamo impegnarci su alcuni punti. Un partito che contrastando radicalmente le patologie del passato sia costruito sulla base della partecipazione vera e democrazia interna. Un partito aperto ma anche con una militanza e un radicamento nel territorio. Capace di rappresentare la ricchezza e la diversità che caratterizza il popolo italiano. Un partito nazionale e federale che riconosce il valore dell’autonomia delle sue espressioni locali.

Il carattere Nazionale e unitario del Pd dovrà essere assicurato da una leadership rappresentativa e plurale: il nostro non sarà mai il partito del leader.
Per una nuova laicità
Se il Pd è pensato e progettato al servizio del bene del nostro Paese, capace cioè di guidare il rinnovamento della democrazia e superare in una nuova sintesi le vecchie appartenenze, dovrà anche diventare la casa e la scuola di una nuova laicità, il luogo in cui tutti i cittadini possano sentirsi rappresentati, a qualunque fede, etica e cultura appartengano.
Oggi si può guardare a una nuova laicità che si faccia carico delle diversità etiche, culturali e religiose, all’interno delle quali viviamo quotidianamente. Mentre si avverte una crescente insofferenza per il conflitto continuo e la demonizzazione reciproca, è maturata la consapevolezza che la laicità non è il laicismo, non è negazione o indifferenza sui valori, ma confronto persuasivo e faticosa ricerca di un bene condiviso e storicamente realizzabile.
Il pluralismo etico, religioso e culturale che caratterizza la società italiana, e che va ulteriormente arricchendosi per la presenza di nuovi cittadini stranieri, impone non solo un civile confronto tra i credenti di diverse appartenenze religiose, e un dialogo tra credenti e non credenti, ma ci spinge alla ricerca di una sintesi più avanzata di dialogo e collaborazione, nel quadro delle linee tracciate dalla nostra Costituzione.
Per un bipolarismo maturo
Il Partito democratico ha la funzione di portare a compimento una lunga transizione politica, realizzando una matura democrazia dell’alternanza, in grado di assicurare governabilità e stabilità.
All’Italia serve un bipolarismo fondato su chiari rapporti istituzionali, in cui chi vince governa e chi perde le elezioni sta all’opposizione fino al termine della legislatura o fino a nuove elezioni.

Il Pd è un partito che investe nel valore di una democrazia governante e si mette al servizio dell’interesse generale.
Un partito collocato al centro del centrosinistra per portare tutto il centrosinistra al governo, senza ambiguità e tatticismi nella politica delle alleanze e non invece un partito che all’interno del centro sinistra si pensa come parte contrapposta ad altre parti, aperta ad un confronto autonomo con tutto o parti del centro destra.
Per questo è indispensabile cambiare questa legge elettorale e realizzare un nuovo assetto istituzionale, muovendoci con equilibrio, senza tradire la Carta costituzionale che la destra italiana voleva stravolgere e che ci è stata restituita con un referendum popolare.
Il Paese ha bisogno di completare l’attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione, riconoscendo alle regioni e ai governi locali una autonomia fiscale pur nel rispetto della solidarietà nazionale. Ma è anche necessario rafforzare le responsabilità e i poteri dell’esecutivo dando ai cittadini la possibilità di scegliere senza tuttavia prevedere l’elezione diretta del capo del governo.
Il Pd e il governo dell’Italia
L’orizzonte temporale di un partito è ben più ampio dei cinque anni di una legislatura, cui è legata l’attività di un governo.
E mentre la funzione di un partito è quella di costruire il consenso, affezionare alla democrazia, alimentare partecipazione e condivisione nel Paese, il governo attua il proprio mandato di legislatura, esercitando e costruendo le necessarie mediazioni nella coalizione.

Per questo un programma di un partito si colloca in un orizzonte diverso da quello di un programma di governo. Esprime una visione del Paese, indica una prospettiva di lungo periodo che si offre come linfa vitale ma non unica dell’azione di governo.
Oggi il programma del Partito democratico parte da un sostegno forte e convinto al Governo guidato da Romano Prodi, senza ambiguità e tatticismi nel rispetto del patto solennemente sottoscritto da tutti i partiti dell’Unione di fronte agli elettori per un governo di legislatura. E disegna una prospettiva per il futuro.
Per uno sviluppo sostenibile
L’Italia è stata a lungo un paese fermo, che deve affrontare tanti problemi: le disuguaglianze tra Nord e Sud, le poche risorse destinate all’innovazione a alla ricerca, le carenze nelle infrastrutture, la bassa competitività del nostro sistema produttivo, la scarsa mobilità sociale.
L’Italia deve fare scelte forti e impegnative per i giovani, i poveri, i fragili e i bambini, e può farlo se la politica torna ad essere credibile. E’ questo il compito di un partito nuovo, che in primo luogo restituisce autorevolezza alla politica perché la politica possa risvegliare il senso di responsabilità e lo spirito di collaborazione in ogni parte della società .
Queste scelte sono possibili solo se c’è condivisione e solidarietà.
Nessuno pensi di risolvere separatamente la questione settentrionale dalla questione meridionale.
Nessuno pensi di risolvere il conflitto tra le generazione mettendo i padri contro i figli.

Queste scelte sono possibili se insomma tutti, le istituzioni, le imprese, i sindacati, la cultura, la comunicazione, le famiglie faranno la propria parte.
L’Italia sarà più libera, più ricca e più giusta se il Pd assumerà il riformismo come una costante attitudine al cambiamento.
Rimuovere i vincoli strutturali allo sviluppo a cominciare da quelli di finanza pubblica, far crescere la dotazione infrastrutturale e la rete dei servizi per le imprese, agevolare l’accesso al credito, riqualificare il sistema di istruzione e formazione, combattere le posizioni di rendita e monopolio, rappresentano gli assi di una politica economica in grado di far recuperare all’Italia il divario rispetto ai partners europei.
Il Pd è chiamato inoltre a comporre le istanze, che hanno talora portato all’immobilismo, provenienti dal mondo dell’industria con le istanze ambientali fatte proprie dai cittadini.
Il conflitto si può ridurre se affianchiamo ad un grande sforzo di investimenti in tecnologia, un forte impegno nelle politiche che incentivano la qualità ambientale.
Qualità e sostenibilità sono le caratteristiche dello sviluppo del paese che il Pd si impegna promuovere anche attraverso la tutela dei beni pubblici come l’acqua, l’aria e il patrimonio culturale e naturale.
Equità ed efficienza nei servizi pubblici
L’esperienza europea insegna che l’attenzione alle esigenze delle persone, il perseguimento della giustizia nell’economia ha costituito un fattore decisivo di successo del nostro modello di sviluppo.
Garantire le opportunità a tutti i cittadini è una ricchezza per tutti.

Allo stesso tempo è necessario adeguare il ruolo dello Stato alle mutate esigenze del Paese.
Un’efficace rete di protezione sociale rende la società più libera e permette di affrontare le sfide della competizione globale.
Innovazione è oggi una parola cruciale nell’azione pubblica, se vogliamo – come noi vogliamo – assicurare la sostenibilità finanziaria dei sistemi di welfare.
E’ il nodo principale da affrontare, il servizio migliore che la politica può rendere ai propri cittadini. La qualità dei servizi e l’efficienza della gestione sono il pilastro dell’azione politica.
Una migliore efficienza e la capacità di innovare della pubblica amministrazione costituiscono il presupposto per chiedere ai cittadini di adempiere il dovere fiscale.
Ci sono troppi segnali di frattura nel Paese. Affrontare il problema di una gestione ottimale delle risorse pubbliche è l’unica opportunità per rinsaldare il patto sociale tra chi chiede, giustamente, una pressione fiscale meno soffocante e chi auspica il potenziamento degli standard delle prestazioni. Innovare la pubblica amministrazione significa anche liberare le imprese dal fardello della burocrazia, freno che il sistema paese non può più permettersi nel contesto della competizione globale.
La promozione dell’universalità dei servizi pubblici, accanto ad un fisco più equo, è un passo essenziale per scongiurare il miraggio di una risposta individualistica alla gestione dei rischi.
Un welfare di lungo periodo
È necessario che il Partito democratico pensi il Paese nel lungo periodo.

In questo senso il rigore dei conti pubblici e il controllo della dinamica del debito pubblico sono la condizione necessaria per garantire la tenuta del nostro Stato sociale anche in futuro.
L’invecchiamento della popolazione è una delle sfide più importanti dei prossimi anni. Se il Partito democratico saprà mettere al centro le esigenze reali delle persone e della famiglia, se saprà scommettere sull’immigrazione regolare come una bella e grande risorsa per il nuovo Paese, i mutamenti in corso costituiranno non più solo un problema ma anche un’importante occasione di rinnovamento.
L’allungamento della vita cambierà il modo di pensare agli anziani e al rapporto tra età lavorativa e età pensionabile. Fra qualche anno il dibattito di questi giorni sull’innalzamento dell’età pensionabile risulterà drammaticamente sorpassato.
È bene pensare oggi ai diritti dei lavoratori anziani del futuro, mettendo a punto percorsi di uscita graduale dal mondo del lavoro.
Allo stesso tempo oggi dobbiamo pensare e avviare una rete di servizi integrati, socio sanitari e assistenziali per le persone non autosufficienti, vera emergenza sociale che affrontano le nostre famiglie.
Welfare e mercato del lavoro
È necessario ripensare il nostro modello welfare anche alla luce dei cambiamenti che investono il mondo del lavoro. Il sistema degli ammortizzatori sociali, attualmente disegnato su un mercato del lavoro profondamente mutato nel tempo, deve essere al centro di una riforma strutturale, con l’obiettivo dell’inclusione dei giovani che rischiano di rimanere intrappolati in una precarietà senza prospettive.

Allo stesso tempo è necessario correggere le distorsioni nella spesa e la scarsissima attenzione alle funzioni dell’assistenza sociale e di tutela della famiglia. In questo settore è urgente affrontare il problema del sostegno alle famiglie con figli e alle famiglie in condizioni di povertà.
Investire nella crescita è anche investire nel capitale umano delle donne, sviluppando quei servizi che, alleviando il carico del lavoro di cura familiare, permettono di incrementare la partecipazione delle donne al mondo del lavoro.
Uguaglianza e opportunità
È necessario che questo progetto abbia la forza necessaria per essere realizzato. Una condizione di successo è che il Partito democratico possa contare sul contributo delle forze democratiche e tutti gli italiani che hanno interesse nella giustizia sociale ed economica del nostro Paese.
L’Italia non può più permettersi di pagare il prezzo di vecchi privilegi e nuove precarietà, di nuove disuguaglianze e vecchie rendite.
Si tratta di impegnarsi su molti fronti: dalla tutela del lavoratore che è anche consumatore, alla lotta all’evasione – uno degli elementi innovativi dell’azione di questo governo -, al pieno riconoscimento del merito nel mondo del lavoro.
La vera uguaglianza delle opportunità è quella che non lascia indietro nessuno e promuove le qualità di ciascuno.
La Legalità
Il Partito democratico è chiamato ad essere, e con estremo rigore, il partito della legalità, e la legalità si identifica anche con la sicurezza per tutti.

Proprio per il suo essere il bene collettivo forse più direttamente contrapposto al primato dell’interesse individuale, la legalità va intesa sia come lotta alla criminalità, alla corruzione politica e alle mafie, sia come paziente opera di formazione di una nuova coscienza civile.
In questo senso anche la sicurezza acquista nel Partito democratico un senso più autentico e proprio: non viene dal rinchiudersi dei forti nelle loro cittadelle protette, ma cresce e si consolida con la diffusione dei diritti e delle opportunità.
La Pace
Il Partito democratico si colloca entro la storia della lunga lotta dei popoli per la riduzione delle disuguaglianze e per l’affermazione delle libertà personali.
Occorre prendere atto che la crisi della democrazia, accanto alle sue specificità italiane, mostra anche una dimensione internazionale. Essa non si affronta attraverso la pretesa di esportare democrazia con la forza ma lavorando ad una prospettiva di sviluppo equo e sostenibile per tutti, rinunciando a sostenere regimi dittatoriali, con un maggior controllo del commercio delle armi, con la cooperazione e il multilateralismo.
La globalizzazione è fenomeno positivo solo se sottoposta ad un governo aperto alla partecipazione di tutte le nazioni e accompagnata da un rafforzamento dell’autonomia e della democrazia dei territori.
L’art. 11 della Costituzione rappresenta il caposaldo della politica internazionale del partito nuovo.
Il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti è per noi un’opzione ideale irrinunciabile.

Questa opzione è però possibile solo entro un governo internazionale dei conflitti, e dunque attraverso organismi internazionali e sopranazionali e al loro interno con l’attiva condivisione di responsabilità per la difesa della stabilità e della sicurezza internazionali.
Europa e ONU sono le forme concrete che è andata assumendo nel secolo scorso questa opzione di politica internazionale, pur fra difficoltà, contraddizioni e ritardi, caratterizzando la politica internazionale della Repubblica e le sue alleanze. E’ tale politica che va sviluppata nel contesto nuovo della fine della guerra fredda, dei nuovi problemi posti dalla globalizzazione, dalla criminalità internazionale, dal terrorismo, dalla questione ambientale, che un Partito democratico è chiamato a far divenire coscienza comune della società italiana e di quanti in essa vogliono integrarsi.
Più donne, più democrazia
Le donne italiane devono assumere la leadership delle risposte alla crisi della democrazia.
Hanno segnato la storia della Repubblica nei suoi equilibri politici, a partire dalla Resistenza e dalla Costituzione, e nelle spinte alla modernizzazione della società italiana. Dalle storiche battaglie per la parità e i diritti, con la scolarizzazione e il lavoro, con la nuova creatività e imprenditorialità
Sono oggi le prime interessate ad una forte reinvenzione della pratica democratica e partecipativa. La loro sistematica esclusione dal potere è molto più di un simbolo delle prassi oligarchiche, della qualità della selezione politica, che umilia insieme le iscritte ai partiti e le donne fuori dei partiti, ma non solo le donne.
Sono le prime ad essere interessate sia a una politica capace di decidere, sia a riscrivere l’agenda politica in modo da privilegiare le grandi questioni irrisolte del mondo che pesano sulla vita quotidiana: dagli squilibri nell’uso delle risorse alla formazione delle nuove generazioni, dal governo pacifico dei conflitti anche etnici e regionali alla lotta alle disuguaglianze, dalla cura dei deboli e degli esclusi al rapporto etica-politica; dal rinnovamento senza tradimenti delle grandi culture storiche; alla battaglia per la legalità e la riduzione dei costi della politica.

I temi della agenda politica delle donne non sono, come pensa qualcuno, un punto debole dell’incontro fra le diverse culture dell’Ulivo. Sono invece la conferma della sua necessità e della sua possibilità. Pur venendo da esperienze e riferimenti etici diversi, convergono nell’affrontare le questioni etiche del nostro tempo più attraverso la costruzione condivisa delle condizioni, anche materiali, per l’esercizio delle responsabilità personali, che attraverso la contrapposizione ideologica dei divieti e dei permessi.
Le donne conoscono dissensi di partenza, ma non li temono e non se ne fanno paralizzare. Sanno bene, infatti, che sui temi che le riguardano direttamente non possono permettersi strumentalizzazioni ideologiche e posizioni di rendita che bloccano le soluzioni.
Siamo sicuri che questo è un obiettivo nel quale tutti, donne e uomini, possono riconoscersi per il bene del Paese.
Partito democratico, davvero
Per un’Italia più libera, più ricca, più giusta

Il nostro cantiere democratico
Oggi presento la mia candidatura alla guida del Partito democratico. Lo faccio con grande senso di responsabilità chiedendo a tanti di collaborare a questo entusiasmante compito.
Non ho voluto offrire qui un programma né un manifesto, ma brevi riflessioni lasciate volutamente aperte, perché a sostegno della mia candidatura non chiedo soltanto una firma, ma contributi, esperienze e idee che arricchiscano questa fase del nostro lavoro comune.
Nelle prossime settimane, attraverso incontri, convegni, siti internet e i laboratori che si apriranno nei 475 collegi elettorali, potremo liberare le energie di una vera fase costituente e portare, tutti insieme, a compimento il programma per il Partito democratico.
Un partito nuovo
Abbiamo una grande ambizione: restituire dignità e autorevolezza alla politica.

Vogliamo farlo attraverso la costruzione di un partito nuovo.
Proprio nel momento in cui il sistema dei partiti appare screditato e i cittadini sentono la politica distante, noi scommettiamo su un’idea nuova di partito e di politica.
La società italiana è ferita, sono aumentate le disuguaglianze e si è allargata la distanza fra i cittadini e le istituzioni. Qualcuno pensa che la risposta sia l’antipolitica e l’alimenta attraverso un populismo mediatico e un nuovo corporativismo sociale e geografico. E’ invece solo la politica, rimotivata e adeguata alle nuove situazioni, che può davvero aiutare a risolvere i problemi e restituire la voglia di futuro al Paese.
Un partito plurale
Il Partito democratico non sarà la semplice fusione dei partiti fondatori. Già ora l’Ulivo è qualcosa di più. Per dar vita a un partito nuovo è necessario unire le culture politiche della liberaldemocrazia, del cattolicesimo democratico e della sinistra democratica, ma anche accogliere i tanti fermenti nati nel nuovo secolo attorno ai temi della pace, della democrazia partecipativa, dello sviluppo sostenibile e dei diritti.
Mentre quelli del Novecento erano partiti identitari perché rispondevano a società culturalmente omogenee, oggi noi siamo chiamati a costruire un partito plurale perché viviamo in una società caratterizzata dalla frammentazione etica e culturale. Una frammentazione che si trasferisce nelle istituzioni, crea conflitto al loro interno, paralizza le decisioni, e rischia di inibire l’azione di governo.

Il partito plurale che dobbiamo costruire insieme deve quindi assumersi la fatica e la responsabilità della sintesi, in modo da rendere le istituzioni libere dai conflitti e capaci di decidere.
Un partito davvero plurale non è un partito che include una parte in un’altra, non giustappone le diversità, non oscura le differenze. E’ invece capace di affermare una forte identità in virtù di una sintesi autentica tra culture e punti di vista diversi che devono continuare a vivere.
Un partito davvero plurale trova nella sintesi tra le tante tonalità presenti la condizione indispensabile per essere unito e fare le scelte necessarie. E quanto più quelle scelte appaiono innovative e coraggiose, tanto più è necessario l’apporto di tutti.
Tutti hanno pari dignità, tutti hanno la responsabilità di offrire un contributo che peserà e conterà in una decisione comune frutto di una sintesi più avanzata e convincente del proprio punto di vista
Per questo motivo la collocazione internazionale del nuovo partito è una questione fondamentale. Il Pd italiano ha l’ambizione di creare a livello europeo una casa politica nuova per tutte le culture democratiche che devono attrezzarsi a rispondere alle domande nuove di questo secolo: domande di giustizia, nuove questioni poste dalla scienza, nuovi interrogativi etici e nuove sfide antropologiche.
Nessuno disconosce il valore dell’esperienza socialdemocratica europea ma il mondo è incalzato da nuove domande di democrazia, di libertà e di giustizia sociale alle quali solo l’unità delle culture riformiste può dare a livello mondiale risposte, portando ad unità percorsi e storie che hanno interpretato i valori democratici in tutti i continenti.

Noi non ci arrendiamo allo schema oramai ingessato del Parlamento europeo.
Un partito democratico
A differenza di altre Costituzioni, (quella francese affida ai partiti un semplice ruolo elettorale, quella tedesca li limita a strumenti di manifestazione della volontà politica del popolo) l’originalità della nostra Costituzione è quella di individuare nei partiti lo strumento a disposizione dei cittadini per determinare la politica nazionale con metodo democratico. Questo strumento che negli ultimi due decenni è stato depotenziato, fino ad essere delegittimato dall’ultima legge elettorale fondata sull’idea implicita che l’unica relazione tra potere politico e cittadini sia la tele-comunicazione, deve essere rinnovato.
I partiti sono una palestra insostituibile di democrazia per un Paese. Se fallisce il metodo democratico dentro i partiti è a rischio anche la democrazia nella società. Ciascuno di noi è chiamato ad un’innovazione radicale del proprio modo di concepire il partito, la militanza, la responsabilità politica.
Il Partito democratico non nasce per azzerare le storie, personali e collettive, le biografie, le radici di ognuno di noi. Ma non nasce neppure per garantire il nostro passato e il nostro presente con la rassicurante continuità di un’organizzazione e di una forma partito che non corrispondono più né alle aspettative dei cittadini né agli obiettivi che ci siamo dati.
Il percorso che stiamo sperimentando in vista dell’appuntamento del 14 ottobre, dovrà essere il frutto di una larga consultazione, del coinvolgimento di tutti, di ascolto paziente e vero.

Anche se il regolamento elettorale che è stato approvato favorisce chi può contare su una forte organizzazione, siamo certi che saranno in moltissimi, donne e uomini, e soprattutto giovani ad essere i protagonisti di questa nuova stagione.
Fin d’ora possiamo impegnarci su alcuni punti. Un partito che contrastando radicalmente le patologie del passato sia costruito sulla base della partecipazione vera e democrazia interna. Un partito aperto ma anche con una militanza e un radicamento nel territorio. Capace di rappresentare la ricchezza e la diversità che caratterizza il popolo italiano. Un partito nazionale e federale che riconosce il valore dell’autonomia delle sue espressioni locali.
Il carattere Nazionale e unitario del Pd dovrà essere assicurato da una leadership rappresentativa e plurale: il nostro non sarà mai il partito del leader.
Per una nuova laicità
Se il Pd è pensato e progettato al servizio del bene del nostro Paese, capace cioè di guidare il rinnovamento della democrazia e superare in una nuova sintesi le vecchie appartenenze, dovrà anche diventare la casa e la scuola di una nuova laicità, il luogo in cui tutti i cittadini possano sentirsi rappresentati, a qualunque fede, etica e cultura appartengano.
Oggi si può guardare a una nuova laicità che si faccia carico delle diversità etiche, culturali e religiose, all’interno delle quali viviamo quotidianamente. Mentre si avverte una crescente insofferenza per il conflitto continuo e la demonizzazione reciproca, è maturata la consapevolezza che la laicità non è il laicismo, non è negazione o indifferenza sui valori, ma confronto persuasivo e faticosa ricerca di un bene condiviso e storicamente realizzabile.
Il pluralismo etico, religioso e culturale che caratterizza la società italiana, e che va ulteriormente arricchendosi per la presenza di nuovi cittadini stranieri, impone non solo un civile confronto tra i credenti di diverse appartenenze religiose, e un dialogo tra credenti e non credenti, ma ci spinge alla ricerca di una sintesi più avanzata di dialogo e collaborazione, nel quadro delle linee tracciate dalla nostra Costituzione.
Per un bipolarismo maturo
Il Partito democratico ha la funzione di portare a compimento una lunga transizione politica, realizzando una matura democrazia dell’alternanza, in grado di assicurare governabilità e stabilità.
All’Italia serve un bipolarismo fondato su chiari rapporti istituzionali, in cui chi vince governa e chi perde le elezioni sta all’opposizione fino al termine della legislatura o fino a nuove elezioni.

Il Pd è un partito che investe nel valore di una democrazia governante e si mette al servizio dell’interesse generale.
Un partito collocato al centro del centrosinistra per portare tutto il centrosinistra al governo, senza ambiguità e tatticismi nella politica delle alleanze e non invece un partito che all’interno del centro sinistra si pensa come parte contrapposta ad altre parti, aperta ad un confronto autonomo con tutto o parti del centro destra.
Per questo è indispensabile cambiare questa legge elettorale e realizzare un nuovo assetto istituzionale, muovendoci con equilibrio, senza tradire la Carta costituzionale che la destra italiana voleva stravolgere e che ci è stata restituita con un referendum popolare.
Il Paese ha bisogno di completare l’attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione, riconoscendo alle regioni e ai governi locali una autonomia fiscale pur nel rispetto della solidarietà nazionale. Ma è anche necessario rafforzare le responsabilità e i poteri dell’esecutivo dando ai cittadini la possibilità di scegliere senza tuttavia prevedere l’elezione diretta del capo del governo.
Il Pd e il governo dell’Italia
L’orizzonte temporale di un partito è ben più ampio dei cinque anni di una legislatura, cui è legata l’attività di un governo.
E mentre la funzione di un partito è quella di costruire il consenso, affezionare alla democrazia, alimentare partecipazione e condivisione nel Paese, il governo attua il proprio mandato di legislatura, esercitando e costruendo le necessarie mediazioni nella coalizione.

Per questo un programma di un partito si colloca in un orizzonte diverso da quello di un programma di governo. Esprime una visione del Paese, indica una prospettiva di lungo periodo che si offre come linfa vitale ma non unica dell’azione di governo.
Oggi il programma del Partito democratico parte da un sostegno forte e convinto al Governo guidato da Romano Prodi, senza ambiguità e tatticismi nel rispetto del patto solennemente sottoscritto da tutti i partiti dell’Unione di fronte agli elettori per un governo di legislatura. E disegna una prospettiva per il futuro.
Per uno sviluppo sostenibile
L’Italia è stata a lungo un paese fermo, che deve affrontare tanti problemi: le disuguaglianze tra Nord e Sud, le poche risorse destinate all’innovazione a alla ricerca, le carenze nelle infrastrutture, la bassa competitività del nostro sistema produttivo, la scarsa mobilità sociale.
L’Italia deve fare scelte forti e impegnative per i giovani, i poveri, i fragili e i bambini, e può farlo se la politica torna ad essere credibile. E’ questo il compito di un partito nuovo, che in primo luogo restituisce autorevolezza alla politica perché la politica possa risvegliare il senso di responsabilità e lo spirito di collaborazione in ogni parte della società .
Queste scelte sono possibili solo se c’è condivisione e solidarietà.
Nessuno pensi di risolvere separatamente la questione settentrionale dalla questione meridionale.
Nessuno pensi di risolvere il conflitto tra le generazione mettendo i padri contro i figli.

Queste scelte sono possibili se insomma tutti, le istituzioni, le imprese, i sindacati, la cultura, la comunicazione, le famiglie faranno la propria parte.
L’Italia sarà più libera, più ricca e più giusta se il Pd assumerà il riformismo come una costante attitudine al cambiamento.
Rimuovere i vincoli strutturali allo sviluppo a cominciare da quelli di finanza pubblica, far crescere la dotazione infrastrutturale e la rete dei servizi per le imprese, agevolare l’accesso al credito, riqualificare il sistema di istruzione e formazione, combattere le posizioni di rendita e monopolio, rappresentano gli assi di una politica economica in grado di far recuperare all’Italia il divario rispetto ai partners europei.
Il Pd è chiamato inoltre a comporre le istanze, che hanno talora portato all’immobilismo, provenienti dal mondo dell’industria con le istanze ambientali fatte proprie dai cittadini.
Il conflitto si può ridurre se affianchiamo ad un grande sforzo di investimenti in tecnologia, un forte impegno nelle politiche che incentivano la qualità ambientale.
Qualità e sostenibilità sono le caratteristiche dello sviluppo del paese che il Pd si impegna promuovere anche attraverso la tutela dei beni pubblici come l’acqua, l’aria e il patrimonio culturale e naturale.
Equità ed efficienza nei servizi pubblici
L’esperienza europea insegna che l’attenzione alle esigenze delle persone, il perseguimento della giustizia nell’economia ha costituito un fattore decisivo di successo del nostro modello di sviluppo.
Garantire le opportunità a tutti i cittadini è una ricchezza per tutti.

Allo stesso tempo è necessario adeguare il ruolo dello Stato alle mutate esigenze del Paese.
Un’efficace rete di protezione sociale rende la società più libera e permette di affrontare le sfide della competizione globale.
Innovazione è oggi una parola cruciale nell’azione pubblica, se vogliamo – come noi vogliamo – assicurare la sostenibilità finanziaria dei sistemi di welfare.
E’ il nodo principale da affrontare, il servizio migliore che la politica può rendere ai propri cittadini. La qualità dei servizi e l’efficienza della gestione sono il pilastro dell’azione politica.
Una migliore efficienza e la capacità di innovare della pubblica amministrazione costituiscono il presupposto per chiedere ai cittadini di adempiere il dovere fiscale.
Ci sono troppi segnali di frattura nel Paese. Affrontare il problema di una gestione ottimale delle risorse pubbliche è l’unica opportunità per rinsaldare il patto sociale tra chi chiede, giustamente, una pressione fiscale meno soffocante e chi auspica il potenziamento degli standard delle prestazioni. Innovare la pubblica amministrazione significa anche liberare le imprese dal fardello della burocrazia, freno che il sistema paese non può più permettersi nel contesto della competizione globale.
La promozione dell’universalità dei servizi pubblici, accanto ad un fisco più equo, è un passo essenziale per scongiurare il miraggio di una risposta individualistica alla gestione dei rischi.
Un welfare di lungo periodo
È necessario che il Partito democratico pensi il Paese nel lungo periodo.

In questo senso il rigore dei conti pubblici e il controllo della dinamica del debito pubblico sono la condizione necessaria per garantire la tenuta del nostro Stato sociale anche in futuro.
L’invecchiamento della popolazione è una delle sfide più importanti dei prossimi anni. Se il Partito democratico saprà mettere al centro le esigenze reali delle persone e della famiglia, se saprà scommettere sull’immigrazione regolare come una bella e grande risorsa per il nuovo Paese,i mutamenti in corso costituiranno non più solo un problema ma anche un’importante occasione di rinnovamento.
L’allungamento della vita cambierà il modo di pensare agli anziani e al rapporto tra età lavorativa e età pensionabile. Fra qualche anno il dibattito di questi giorni sull’innalzamento dell’età pensionabile risulterà drammaticamente sorpassato.
È bene pensare oggi ai diritti dei lavoratori anziani del futuro, mettendo a punto percorsi di uscita graduale dal mondo del lavoro.
Allo stesso tempo oggi dobbiamo pensare e avviare una rete di servizi integrati, socio sanitari e assistenziali per le persone non autosufficienti, vera emergenza sociale che affrontano le nostre famiglie.
Welfare e mercato del lavoro
È necessario ripensare il nostro modello welfare anche alla luce dei cambiamenti che investono il mondo del lavoro. Il sistema degli ammortizzatori sociali, attualmente disegnato su un mercato del lavoro profondamente mutato nel tempo, deve essere al centro di una riforma strutturale, con l’obiettivo dell’inclusione dei giovani che rischiano di rimanere intrappolati in una precarietà senza prospettive.

Allo stesso tempo è necessario correggere le distorsioni nella spesa e la scarsissima attenzione alle funzioni dell’assistenza sociale e di tutela della famiglia. In questo settore è urgente affrontare il problema del sostegno alle famiglie con figli e alle famiglie in condizioni di povertà.
Investire nella crescita è anche investire nel capitale umano delle donne, sviluppando quei servizi che, alleviando il carico del lavoro di cura familiare, permettono di incrementare la partecipazione delle donne al mondo del lavoro.
Uguaglianza e opportunità
È necessario che questo progetto abbia la forza necessaria per essere realizzato. Una condizione di successo è che il Partito democratico possa contare sul contributo delle forze democratiche e tutti gli italiani che hanno interesse nella giustizia sociale ed economica del nostro Paese.
L’Italia non può più permettersi di pagare il prezzo di vecchi privilegi e nuove precarietà, di nuove disuguaglianze e vecchie rendite.
Si tratta di impegnarsi su molti fronti: dalla tutela del lavoratore che è anche consumatore, alla lotta all’evasione – uno degli elementi innovativi dell’azione di questo governo -, al pieno riconoscimento del merito nel mondo del lavoro.
La vera uguaglianza delle opportunità è quella che non lascia indietro nessuno e promuove le qualità di ciascuno.
La Legalità
Il Partito democratico è chiamato ad essere, e con estremo rigore, il partito della legalità, e la legalità si identifica anche con la sicurezza per tutti.

Proprio per il suo essere il bene collettivo forse più direttamente contrapposto al primato dell’interesse individuale, la legalità va intesa sia come lotta alla criminalità, alla corruzione politica e alle mafie, sia come paziente opera di formazione di una nuova coscienza civile.
In questo senso anche la sicurezza acquista nel Partito democratico un senso più autentico e proprio: non viene dal rinchiudersi dei forti nelle loro cittadelle protette, ma cresce e si consolida con la diffusione dei diritti e delle opportunità.
La Pace
Il Partito democratico si colloca entro la storia della lunga lotta dei popoli per la riduzione delle disuguaglianze e per l’affermazione delle libertà personali.
Occorre prendere atto che la crisi della democrazia, accanto alle sue specificità italiane, mostra anche una dimensione internazionale. Essa non si affronta attraverso la pretesa di esportare democrazia con la forza ma lavorando ad una prospettiva di sviluppo equo e sostenibile per tutti, rinunciando a sostenere regimi dittatoriali, con un maggior controllo del commercio delle armi, con la cooperazione e il multilateralismo.
La globalizzazione è fenomeno positivo solo se sottoposta ad un governo aperto alla partecipazione di tutte le nazioni e accompagnata da un rafforzamento dell’autonomia e della democrazia dei territori.
L’art. 11 della Costituzione rappresenta il caposaldo della politica internazionale del partito nuovo.
Il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti è per noi un’opzione ideale irrinunciabile.

Questa opzione è però possibile solo entro un governo internazionale dei conflitti, e dunque attraverso organismi internazionali e sopranazionali e al loro interno con l’attiva condivisione di responsabilità per la difesa della stabilità e della sicurezza internazionali.
Europa e ONU sono le forme concrete che è andata assumendo nel secolo scorso questa opzione di politica internazionale, pur fra difficoltà, contraddizioni e ritardi, caratterizzando la politica internazionale della Repubblica e le sue alleanze. E’ tale politica che va sviluppata nel contesto nuovo della fine della guerra fredda, dei nuovi problemi posti dalla globalizzazione, dalla criminalità internazionale, dal terrorismo, dalla questione ambientale, che un Partito democratico è chiamato a far divenire coscienza comune della società italiana e di quanti in essa vogliono integrarsi.
Più donne, più democrazia
Le donne italiane devono assumere la leadership delle risposte alla crisi della democrazia.
Hanno segnato la storia della Repubblica nei suoi equilibri politici, a partire dalla Resistenza e dalla Costituzione, e nelle spinte alla modernizzazione della società italiana. Dalle storiche battaglie per la parità e i diritti, con la scolarizzazione e il lavoro, con la nuova creatività e imprenditorialità
Sono oggi le prime interessate ad una forte reinvenzione della pratica democratica e partecipativa. La loro sistematica esclusione dal potere è molto più di un simbolo delle prassi oligarchiche, della qualità della selezione politica, che umilia insieme le iscritte ai partiti e le donne fuori dei partiti, ma non solo le donne.
Sono le prime ad essere interessate sia a una politica capace di decidere, sia a riscrivere l’agenda politica in modo da privilegiare le grandi questioni irrisolte del mondo che pesano sulla vita quotidiana: dagli squilibri nell’uso delle risorse alla formazione delle nuove generazioni, dal governo pacifico dei conflitti anche etnici e regionali alla lotta alle disuguaglianze, dalla cura dei deboli e degli esclusi al rapporto etica-politica; dal rinnovamento senza tradimenti delle grandi culture storiche; alla battaglia per la legalità e la riduzione dei costi della politica.

I temi della agenda politica delle donne non sono, come pensa qualcuno, un punto debole dell’incontro fra le diverse culture dell’Ulivo. Sono invece la conferma della sua necessità e della sua possibilità. Pur venendo da esperienze e riferimenti etici diversi, convergono nell’affrontare le questioni etiche del nostro tempo più attraverso la costruzione condivisa delle condizioni, anche materiali, per l’esercizio delle responsabilità personali, che attraverso la contrapposizione ideologica dei divieti e dei permessi.
Le donne conoscono dissensi di partenza, ma non li temono e non se ne fanno paralizzare. Sanno bene, infatti, che sui temi che le riguardano direttamente non possono permettersi strumentalizzazioni ideologiche e posizioni di rendita che bloccano le soluzioni.
Siamo sicuri che questo è un obiettivo nel quale tutti, donne e uomini, possono riconoscersi per il bene del Paese.

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