L’erba del vicino, dopo le elezioni

01 Giu 2007

Il Forte riparte dalla piazza.“Mi sembra molto PCI questa festa in piazza per la chiusura della campagna elettorale”. Usiamo il nome del partito come un aggettivo, un’identificazione, un’entità piena di valore, di forza, piena di dramma. Ma ormai non c’è più il PCI, e forse è anche un bene: altre persone sono scese in campo, dei muri sono crollati e altri si sono (o sono stati) eretti. Comunque sia, al Forte, adesso, ci sono le elezioni; è la gente che deve votare, come sempre. Ma io me lo immagino, quel grosso vecchio con gli occhiali spessissimi, le mani callose, voce rauca e scarpe rotte, quel vecchio comunista insomma, rimasto ancora comunista nonostante tutto, che cerca una misera falce e martello sulla sua scheda, e non la trova, e lo sa che qualcosa è perduto, che il suo agire, la sua quotidiana rivoluzione, il suo rosso ardore oggi è stato infossato, o superato. In piazza non ci sono bandiere rosse, figuriamoci bandiere rosse falci e martelli, niente simboli ‘convenzionali’ per la lista ‘Amo il Forte’: ma si vergogna questa gente ad essere di sinistra?Molte persone, tanti bimbi, parecchi ragazzi: è la piazza. Sono sicuro che qualcuno guarda questa festa dall’alto della sua finestra con sdegno, ma sono altrettanto sicuro che tanta altra gente, pur essendo qui in piazza, si sta sentendo a disagio: troppo caldo, troppo sudore, troppo rumore. Forse davvero è necessario (o giusto?) ripartire così: in piazza, insieme, musica e pesce fritto gratis per tutti.

Ma senza arroganza, senza utopie. Ricchi di sogni, piuttosto, affaticati. Da questa piazza torno a casa in bicicletta, un po’ stanco. È buio. Fra questi miei pensieri si intromette il rumore della dinamo che gira a contatto con la ruota. Chissà se la bici dell’Agnese aveva la dinamo a illuminarle le strade sterrate. Chissà a cosa realmente pensava quando pedalava; ce l’aveva una dinamo a farle un po’di compagnia?
 È buio: stacco la dinamo e procedo, in una strada non illuminata, quasi senza vedere niente “Tanto l’Agnese non ce l’aveva la dinamo in quella sua bicicletta di metà secolo”. Alzo gli occhi e sorrido, un po’ affranto: in cielo ci sono le stelle. Ma in questa notte, hanno ancora la forza e il desiderio di guidarci? Il Forte vince, in piazza. È forte, è surreale l’emozione. A stento si capisce di aver vinto. A stento si capisce di essere la maggioranza. A stento si capisce che, bene o male, c’è stata una svolta. Basta Forza Italia e i comuni di destra. L’hanno pagato il prezzo del protagonismo, e hanno fatto naufragio, sono diventati relitti, ormai. Io la amo, la sinistra. Ma questo mi fa soltanto contemplare il nuovo, e infinito, panorama che ora sono in grado di osservare avendo spaccato il vetro di una finestra che non faceva entrare aria nuova, aria più fresca. E allora cos’è stato a rendermi partecipe di questa nuova consapevolezza, così sudata, ma finalmente ottenuta? Le pacche sulle spalle, gli abbracci, i baci, i sorrisi: l’incredulità mi rende consapevolmente partecipe di un qualcosa di nuovo.

La democrazia ha sempre qualcosa di surreale quando ti conferma un ideale: la tua mente si circonda di sguardi amici, complici: il semplice gesto, lo scontato sorriso di una commessa diventa un sorriso di approvazione “vedi che siamo cambiati”; il tizio che corre, magari per mantenere la linea, diventa un uomo liberato, più leggero, che si scrolla dalla fronte, insieme al sudore, un peso gravoso e corrotto “vedi che ce l’abbiamo fatta”. È così per chiunque si incontra. Astrazione pura, e fatale. L’incredulità divaga: urla, caroselli, bandiere, persone: gente felice, e ancora più fiera. E ci si ritrova alla stessa tavola con lo stesso piatto davanti “mi passi il vino”, “c’è ancora il formaggio?” e applausi, e brindisi, e emozione. E per pagare, offerta libera, regolata dal bisogno e dalla voglia di appartenenza, dalla consapevolezza di essere condivisi. Si sta meglio, siamo nuovi e ancora è difficile crederci. Per tornare a casa devo pedalare, come sempre. Devo passare la frontiera e cambiare comune: entro nel mio. Che a cambiare ancora non riesce. Ma sono fiducioso, oggi più che mai, e anche consolidato.
Stanotte meno stelle, una luna candidamente splendente di luce bianca schiarisce, timida, la notte. E pensare che splende della luce riflessa di un sole ormai tramontato che, però, dà ancora segni di vita: questa notte ne è la prova, è la conferma. E quel sole, si sa, proprio dopo questa notte, che poi proprio notte non è, risorgerà estasiato dalla contemplazione di un mondo che mai si è oscurato del tutto.
Pensiero di un pietrasantino che guarda con felicità (e con un po’ di invidia) Forte dei Marmi.

Nicolò, 16 anni, è un simpatizzante di LeG.

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