Pd, il coraggio di fare in fretta

29 Mag 2007

Il giorno dopo è difficile trovare la definizione giusta, onesta: non è stata una “spallata”, non è stato nemmeno un “buffetto” o uno “schiaffo”, troppo poco. E non è una vera e propria “batosta”, ma forse una “scossa violenta”: una botta, per il centro sinistra a conferma delle preoccupazioni emerse alla vigilia di queste amministrative fra coloro che si dicevano convinti della grave crisi della politica.
Il centro sinistra è in difficoltà sia per la debolezza del messaggio politico innovatore (del futuro Pd ma anche del governo prigioniero di tanti veti), sia per la fragilità (alcuni dicono “assenza”) di una leadership autorevole, presente, visibile e democratica.
Il centro sinistra può uscirne solo se riconoscerà coraggiosamente i problemi e coraggiosamente cercherà di affrontarli. Come?
1) Perdita di consenso al Nord. Perché il nord va a destra? Perché è più “moderno” del resto del Paese e la sinistra non se ne è accorta e non lo ascolta? O perché è più sensibile alla demagogia populista? O per un mix di queste condizioni? Le ricette sono diverse a seconda dell’analisi. Ma questa analisi non la si può fare senza il contributo di Chiamparino o della Bresso, di Illy e anche dello scomodo Cacciari o di Penati che hanno il polso del territorio. Qual è oggi il luogo delegato a studiare e approfondire il caso Nord?
2) Leadership. I tempi per l’approdo della fusione mascherata Ds- Margherita nel Pd sono troppo lunghi per una moderna democrazia.

I problemi legati all’incontro fra gli apparati, alla scelta della classe dirigente non possono esser misurati con i vecchi schemi e le lentezze dei vecchi partiti. Se si decide ad esempio che i tempi del Parlamento sono troppo lunghi e si deve fare a meno del Senato, come si può poi concedere ai partiti di galleggiare per anni in quella palude che può solo produrre cattiva politica o antipolitica?
Il centro sinistra deve decidere subito se il 14 ottobre oltre alla Costituente vuole votare anche il segretario (come fa a vivere un partito senza leader?) come suggeriscono la Finocchiaro, Franceschini e Veltroni.
3) Il messaggio: la sconfitta al Nord e il successo della sinistra radicale in alcune zone suggeriscono che gli obiettivi e i contenuti del Pd non sono per ora chiari e netti. Non è chiaro ad esempio il profilo “laico” del partito nuovo, quell’insieme di “valori non negoziabili”, di “non possumus” laici che devono essere l’anima del partito democratico. Pezzotta si chiede se c’è posto per i cattolici nel Pd: Libertà e Giustizia si chiede se ci sia posto per i laici, per una visione non confessionale del mondo, della vita e della morte, della ricerca scientifica.
Su queste domande di fondo si infrange l’onda che dovrebbe far volare il Partito democratico, ben oltre questa tornata elettorale. Si infrange e rischia di arenarsi.

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