Angius dice addio alla Quercia

24 Apr 2007

Redazione

Angius lascia. Dopo Fabio Mussi, il leader della terza mozione, Gavino Angius, esce dalla Quercia. Alle assise di Firenze Angius e i suoi non avevano votato il dispostivo finale che prevede l’inizio della fase costituente per la nascita del Partito democratico. Ora lo strappo.
Le motivazioni sono affidate a una doppia lettera inviata a Piero Fassino e a compagni e compagne di partito. “Il mio dissenso – vi si legge – non è compatibile con la partecipazione alla fase costituente che porterà alla nascita del Partito Democratico. Di conseguenza non parteciperò al comitato promotore votato dal nostro congresso che avvia la nascita del nuovo partito”. Una decisione “sofferta e difficile ma coerente con ciò che penso e sento”, sottolinea Angius che insieme ad Alberto Nigra, Mauro Zani, Massimo Brutti e Mezzetti era stato eletto nel comitato promotore. “Non penso che tutti i riformisti italiani stiano nel Pd. Credo nella necessità storica, oggi e domani, in Italia, di un’autonoma forza democratica e socialista, laica, riformista e parte integrante del Partito del socialismo europeo”. Nella lettera Angius scrive: “Resto convinto che l’esigenza politica essenziale non solo per noi era ed è la coesione politica dell’Unione, come condizione primaria per garantire al governo Prodi l’efficacia e l’affidabilità della sua azione riformatrice, di cui l’Italia ha bisogno nel quadro del bipolarismo italiano che vedo apertamente messo in discussione”.

All’inizio della missiva inviata al segretario dei Ds, Angius ricorda che nel suo intervento al congresso aveva annunciato che avrebbe atteso la conclusione delle assise dei Ds e della Margherita per trarre le sue conclusioni. “Con il dispositivo votato simultaneamente dai due congressi, che ciò che davvero conta, quello dei Ds e quello dei Dl – scrive Angius – si assume il Manifesto dei saggi di Orvieto come orizzonte ideale e punto di riferimento in relazione ai contenuti politici, culturali e programmatici. Questo – osserva Angius – implica, come scritto sul Manifesto, anche la non appartenenza del nuovo partito alla più grande casa del riformismo europeo, il Pse”. “I punti fermi della nostra proposta politica – ricorda Angius – erano: appartenenza al Pse, laicità, garanzia di una fase costituente aperta e non chiusa ai soli Ds e Margherita”. Il leader della terza mozione sostiene che “il dibattito congressuale ed il dispositivo inclusivo non hanno dato alcuna risposta politica concreta”. “Ho creduto profondamente – scrive Angius – in ciò che ho detto al congresso ed ho scritto nella mozione. Come ho rimarcato più volte non sono disponibile, e con me tanti altri compagni, ad uscire dal socialismo europeo e a rinunciare ai principi che abbiamo affermato in questa difficile battaglia congressuale”. “E’ chiaro ed evidente, come riportato dai più importanti organi di informazione, che da sabato i Ds sono sciolti e la fase costituente è largamente premeditata”.
Le argomentazioni, usate dai vertici della Quercia nel congresso di Firenze, non avevano diminuito le forti perplessità del vicepresidente del Senato rispetto al percorso verso il Partito Democratico, in particolare su alcuni temi, come la collocazione internazionale e la laicità.

Nel suo intervento al congresso, Angius aveva posto come condizione la riscrittura del Manifesto dei Saggi, condizione non accolta nel dispositivo finale comune alle due assise di Ds e Dl. La tentazione di Angius di lasciare era già emersa a Firenze, ma vi erano state divisioni all’interno dei delegati della terza mozione: molti si erano detti convinti della necessità di prendere una decisione solo al termine della fase costituente. Il congresso si è concluso con il no della corrente al dispositivo finale, ma anche con la decisione di entrare nel Comitato nazionale per il Pd, l’organo dirigente della Quercia creato per traghettare il partito dentro il nuovo soggetto unitario. Angius era entrato nel comitato insieme al portavoce della terza mozione Alberto Nigra.
Dopo il congresso di Firenze appena concluso, i 45 eletti nel consiglio nazionale Ds e i 5 negli organismi di garanzia, più i coordinatori regionali della Terza mozione si sono dati appuntamento tra il 2 e il 5 maggio per una prima riunione di valutazione della fase nuova, del congresso e del dafarsi in relazione alla fase costituente del Partito Democratico. Prima e, porobabilmente dopo, di allora ogni decisione viene presa dai singoli con una valutazione personale. Anche se è stato ampiamente annunciato che almeno una grossa parte dei dirigenti della Terza abbandonerà il partito.

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