Per Giovanni Ferrara

01 Mar 2007

Redazione

C’è chi lo ricorda studente e chi invece professore. Chi ne apprezza il pensiero filosofico e chi la tempra del politico. La scomparsa di Giovanni Ferrara ha colpito molti. E tanti sono i messaggi e le testimonianze arrivati in redazione, a Libertà e Giustizia. Ne pubblichiamo alcuni, quelli a nostro avviso più significativi. Tra le iniziative di solidarietà segnaliamo le donazioni destinate a LeG, a nome di Giovanni, da Luigi Spaventa, professore di economia alla Sapienza, già ministro del Tesoro e del Bilancio e presidente Consob, e dal linguista ed ex ministro della pubblica istruzione Tullio De Mauro, che ha voluto contribuire insieme al figlio Giovanni.
***A Urbino, all’Università, aprile 1967. Avevo 19 anni e la fortuna di avere un grande professore di Storia Greca e Romana. Quel giorno lo troviamo davanti alla porta per dirci che non farà lezione: ci parla del colpo di stato dei colonnelli in Grecia e ci trasmette un furore civile calmo e fermo. Gli ho sempre voluto veramente bene e mi sono sempre sentito fortunato di averlo conosciuto. Ricordo la sua inelligenza lucida e laica, ma anche il suo cuore e il suo furore civile.Claudio Tombari
(…) Dalle nostre conversazioni emergeva sempre una profonda sintonia nellevalutazioni politiche, perché fin da allora le mie simpatie andavano a lui,come a un Laico con la L maiuscola.Mara Muscetta, collega di Giovani Ferrara all’Università di Urbino
(…) All’apertura dei giornali di oggi ho saputo della scomparsa di Giovanni Ferrara.

Nell’osservare la foto riportata a lato delle colonne ho rivisto una persona di cui avevo perso le tracce sin dal 1952. Stante le variazioni dovute allo scorrere del tempo, l’immagine effigiata non somiglia alla persona che ricordo, ma di certo una cosa è riconoscibile perchè rimasta la stessa: la notevole ampiezza della fronte. Abitavamo nello stesso posto, la Casa dello studente di Napoli, lui borsista della fondazione Croce e io studente d’ingegneria. Nel suo gruppo c’erano tra gli altri Nanni Cervigni, mio amico di lunga data, un timido francese e uno svizzero minuto e dall’aria molto addottorata di cui ho perso i nomi. Ricordo nitidamente il suo l’aspetto gradevole, ma la cosa che colpiva di più era la sua vivacità. Era di un fresco acume, sempre attentissimo a quello che gli si diceva e pronto a rispondere argutamente.Lo chiamavamo affettuosamente Giannino anche se a me faceva soggezione il saperlo parente di così notabili persone. In seguito ho saputo da Nanni Cervigni dei suoi successi accademici.Anni fa, per una stradina nei pressi del Parlamento, mi capitò davanti Giuliano Ferrara che non conosco, tuttavia pensai di chiedergli del suo parente. Ma lascia perdere.Stamattina nel leggere la brutta notizia mi chiesi se non era una sgradevole beffa che dovesse succedere ciò per riavere sue notizie. Francesco Pedullà, ingegnere
(…) La scomparsa di Giovanni apre un vuoto grande nella coscienza politica, civile e morale del Paese ed è fonte di un dolore grandissimo per i tanti che, come me, ebbero il privilegio di essergli amico.In questa ora tristissima la mia memoria va agli anni di comune lavoro al “Mondo”, alle tante battaglie politiche affrontate in comunione d’intenti; va, soprattutto, alla sua straordinaria capacità di rappresentare, sia da vicino sia da lontano, un costante punto di riferimento e di guida ideale per quanti, numerosissimi, gli vollero bene.La sua lezione, che anche per me è stata di fondamentale importanza, ci incita a un impegno che non verrà meno.

Il suo esempio e il suo messaggio, nel tempo, acquisteranno sempre maggior valore.Antonio Duva, Senatore dell’Ulivo
(…) Lo ricordo due anni fa al seminario di Torino quando alla fine di un incontro in cui si parlava di economia e dove approvò un mio intervento, mi rincorse poi per dirmi: “Si ricordi, signora, il fine di tutto è sempre l’uomo!”. Non si può non sottolineare, soprattutto in giorni come questi, quanto ci mancherà!Maria Cantoni, insegnante, socia di LeG
L’aura di Giovanni.Pochi minuti. Davvero pochi. Forse non più di dieci. Tanto è durato lo scambio di battute tra noi in meno di cinque giorni. Eppure mi hanno lasciato un imprinting di quelli che durano a lungo nel tempo, che forse non si cancellano. Avevo appena terminato di ascoltare la riposta alla mia prima domanda – il 19 gennaio – che lo vedo avvicinarsi per manifestarmi tutta la sua umana solidarietà, di uomo prima che di fine studioso quale era, per i calabresi: “Laggiù lo Stato non esiste. Me lo disse uno dei vostri prefetti durante una riunione della commissione antimafia di cui allora facevo parte”. Credetemi, cari amici, quelle poche parole è come se avessero rotto, che dico rotto, frantumato, un muro di isolamento che mi è sempre apparso insuperabile. Ovviamente non erano state le sua parole a rompere il muro. Ma il gesto. Ed il modo. Quel sentire il bisogno di lasciare la sua comoda sedia, attraversare tutta la sala e avvicinarsi ad uno sconosciuto solo per esprimergli la sua vicinanza, morale intellettuale ed affettuosa.Nei giorni successivi ed anche nell’ultimo fine settimana l’ho visto sempre accanto al ragazzo che sfida la storia, al sindaco giovane di Isola Capo Rizzuto.

Mai sopra le righe, mai enfatico e sempre come i “vecchi” di una volta: a dare sostegno morale e affettivo. E poi di nuovo accanto me dopo ogni mia domanda.Ma il ricordo più forte è proprio di giorno 17. Io e Luigi Rocca stavamo seduti da soli attorno ad uno dei grandi tavoli rotondi nella mensa durante l’intervallo del pomeriggio. Lo vediamo passarci accanto, pensiamo che prosegua, invece si ferma e si mette a scuotere la testa. Gli chiedo se si stesse sentendo male. “Il Nord ha vinto – comincia a dire – non c’è più niente da fare! Nessuno ne parla, a nessuno interessa. Il Nord ha vinto, nessuno lo dice, ma è così e non c’è più niente fare”. Pronuncia queste parole con amarezza. Noto che guarda nel vuoto. Poi capisco perché non ci volge lo sguardo. E avverto, non chiedetemi di spiegarvi perché, che per lui era troppo duro pronunciare quelle parole guardandoci negli occhi: sapeva quanto il suo parlare fosse capace di toccare il cuore delle persone e non voleva scoraggiarci ma solo invitarci a guardare in faccia la realtà.Oggi ripenso a quei pochi ultimi secondi di dialogo e scopro che mi hanno lasciato una aura di infinita dolcezza. E credetemi per uno che è cattolico non è davvero poco!Luigi Sorrenti, avvocato, socio di LeG
La scomparsa di Giovanni mi ha profondamente toccato.Sembra incredibile come, in questi pochi giorni che abbiamo trascorso insieme, abbia provato fin dal primo incontro una grande ammirazione nei suoi confronti.

La sua eccezionale personalità ed esperienza di vita è riuscita a coinvolgere immediatamente tutti noi. Quando interveniva cercavo sempre di prestare la massima attenzione alle sue parole. Sabato sera io e mio padre abbiamo cenato al suo stesso tavolo, e nonostante le poche parole che ci siamo scambiati, ho avuto la sensazione che si fosse creata un’ intesa.Non ho mai vissuto la morte così da vicino.Diletta, 16 anni, allieva della Scuola di formazione politica di LeG

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