“Perché esco da Forza Italia e mi iscrivo a LeG”

15 Gen 2007

CHIESTO IL RINVIO A GIUDIZIO DEL SINDACO DI PIETRASANTA // Quando all’alba del 31 gennaio 2006 la Guardia di Finanza eseguì l’ordine di arrestare il sindaco di Pietrasanta Massimo Mallegni, Forza Italia, con una serie di accuse che avrebbero fatto preoccupare anche degli stimati professionisti del crimine (corruzione, estorsione, abuso d’ufficio, associazione a delinquere), nella cittadina toscana molti furono coloro che sembrarono cadere dalle nuvole. Altri sperarono di vedere la fine di un incubo. Con il sindaco, quel giorno, furono arrestati anche l’assessore ai Lavori pubblici, il dirigente dell’ufficio urbanistica, il capo di gabinetto del sindaco e una serie di imprenditori locali, fra cui il padre del sindaco Mallegni. La Procura della Repubblica di Lucca, emise inoltre numerosi avvisi di garanzia, oltre trenta, a politici, funzionari, imprenditori e realtà del mondo economico pietrasantino. Difficile sembrò allora che, dato il numero di persone coinvolte e le ipotesi di reato tanto gravi, la cosa non avrebbe provocato dei cataclismi a livello amministrativo. Eppure Pietrasanta – una volta soprannominata la Piccola Atene per il clima culturale e artistico che vi si respirava – è rimasta da allora in una sorta di stallo: stallo amministrativo, stallo delle coscienze. Dopo 40 giorni di carcere e sei mesi di arresti domiciliari, il primo cittadino è tornato al suo posto.

Qualche scossone, invero, c’è stato: alcuni assessori, fra cui il vicesindaco di An, hanno mollato e perfino il presidente del consiglio comunale non se l’è sentita più di continuare. Gli altri attori delle forze di maggioranza (FI, An e Udc) dopo alcuni mugugni sono rientrati nei ranghi, qualcuno con qualche carica in più, qualcuno asceso addirittura al ruolo vicario del sindaco. Ma il dissidio interno era sicuramente più profondo di quanto la maggioranza stessa desse ad intendere. Giacomo Sacchelli (nella foto in Home page), giovane consigliere comunale eletto come indipendente nelle fila di Forza Italia, è sicuramente il simbolo di questo dissenso. Nel primo consiglio comunale dopo gli arresti del sindaco dette un piccolo antipasto delle sue intenzioni: fare domande che nessuno aveva avuto il coraggio, o l’interesse, di fare. Domandare per capire; e poi operare delle scelte. Il nodo del “comitato d’affari” ipotizzato dalla magistratura ha a che fare con la materia urbanistica, col piano regolatore e le licenze a costruire che da esso scaturiscono. Una storia tipicamente italiana.In un territorio abitato da meno di 30mila persone, oltre 6mila licenze a costruire rilasciate in cinque anni saltano all’occhio. Le domande che Sacchelli inizia a fare sono volte proprio a fugare le ombre sui procedimenti di rilascio di certe pratiche urbanistiche e la liceità di interpretazioni del Regolamento edilizio. Non meraviglierà sapere che alle domande fatte da Sacchelli, circostanziate sempre da documenti precisi reperiti con un certosino lavoro di accesso agli atti pubblici, nessuno ad oggi abbia ancora dato risposta.

In questo lungo periodo Giacomo Sacchelli ha maturato dalla vicenda tuttora in atto profonde riflessioni che lo portano oggi ad iscriversi alla nostra associazione. Gli abbiamo posto alcune domande:Ci è sembrato che più volte ti siano stati fatti attacchi mettendo in dubbio l’onestà delle motivazioni che ti hanno spinto a entrare in politica, o perlomeno si è cercato di dipingerti come ambizioso. Chi è Giacomo Sacchelli?Giacomo Sacchelli è uno che ancora sa distinguere fra prezzo e valore e, fra i due, sa scegliere il valore. Il valore è la stima delle caratteristiche di una persona; il prezzo è quello che qualcuno deve tirare fuori per poterti comprare, per poterti possedere. A Pietrasanta oggi si bada più al prezzo che al valore.Così, quando ho cominciato a fare domande, che forse secondo alcuni non dovevo fare, qualcuno si è chiesto: “Ma cosa vuole il Sacchelli?”. Che tradotto significa: “Qual è il prezzo per il silenzio di Sacchelli?”. Ecco, io un prezzo non ce l’ho e di questo mi sento fiero. Io ho sempre ripetuto che sono qui per fare qualcosa in cui credo.Perché sei entrato nelle liste di Forza Italia?Se mi sono schierato con Massimo Mallegni a Pietrasanta è perché, nonostante tutto, gli ho voluto dare fiducia; gli riconoscevo, in particolare, l’allontanamento da un certo sistema politico, come lui tempo addietro aveva dichiarato (in una lettera aperta ai giornali aveva contestato Berlusconi e Forza Italia sulla finanziaria, minacciando di fuoriuscire dal partito, ndr) .

Certo quando mi sono reso conto che ero strumento di un sistema che non condividevo ho avuto una reazione. Mallegni, prima della campagna elettorale del 2005, mi disse che se mi fossi schierato con lui avrei avuto la possibilità di fare per Strettoia (la frazione dove abito) ciò che da anni dicevo di voler fare. Questo è stato l’unico elemento che mi ha legato al suo programma. Non avendo avuto le stesse garanzie a sinistra, ho deciso di “turarmi il naso” e provare a fare qualcosa. In fondo, pensavo, in una città come la nostra l’ideologia politica non fosse un discrimine così invalicabile.Qual è il momento in cui “apri gli occhi”?Il 31 gennaio 2006 (arresti del sindaco) ho dichiarato che prima di dire “non mi fido più” volevo avere elementi inoppugnabili. In febbraio, alla data della mozione di sfiducia da parte del centrosinistra, questa era la mia posizione. Da quella sera, per me è partita una situazione nuova. Da lì sono nate le incomprensioni, generate non da giudizi negativi da me espressi, ma da semplici domande da me poste. Legittime.Dopo questa esperienza, che tipo di politica ci dovrebbe essere, secondo te, a Pietrasanta?Una politica per cui si passi finalmente dai guelfi e ghibellini a una repubblica. Bisogna rimettere intorno a un tavolo delle persone che si riconoscano in determinati valori. Con quelli oggi potresti già darti un programma. La mia speranza è che si possano ridare alla politica delle basi etiche e sociali. A Pietrasanta va resa parte attiva tutta quella gente che si riconosce in determinati valori, che non ha paura di esprimere un’opinione anche se non è in linea con chi governa.

Plauto lo disse chiaramente: “Chi tace la verità dice una menzogna”. Dietro il silenzio ci si può nascondere perché uno ha paura e teme che da solo sia vulnerabile.Da dove nasce il silenzio, a tuo parere?Questo silenzio nasce dalla politica del favore. La logica del favore genera una dipendenza dal potere che lo concede, con conseguente perdita di libertà, di parola, di giudizio, di azione. Bisogna che la gente si renda conto che non è necessario chiedere favori. Perché chiedere un favore se la solita cosa ti può essere data di diritto? Sono cose che fanno parte dell’educazione civica e del senso dello Stato. Sarà un’utopia, sarà una maniera ingenua e idealistica di vedere la Res publica, non lo so. Quello che so di certo è che c’è tutta una generazione di “giovani alla politica” non ancora ‘corrotta’ dal sistema, che crede che gli ideali esistano ancora e che sia giusto combattere per questo. Voglio potermi riconoscere in chi porta avanti idee che sono in sintonia con le mie; in chi ha il coraggio di alzare la testa e guardare le persone dritto negli occhi, in chi capisce e porta avanti una politica che tenga presente il motivo per cui essa è nata: la gente, la città, lo Stato.Sono questi i passaggi mentali che ti hanno portato ad avvicinarti a Libertà e Giustizia? Riconoscermi in Libertà e Giustizia è stato come riconoscermi a mano a mano con me stesso. La politica dei partiti è purtroppo basata sulla supremazia dell’uno sull’altro, venendo così a mancare le ragioni per cui i cittadini ti eleggono: ti eleggono per verificare non per essere in competizione.

La mia battaglia fatta sul rispetto delle regole e della persona non s’identifica oggi con uno schieramento, ma è più vicina a quei movimenti, come Libertà e Giustizia, che ho avuto modo di conoscere, a livello nazionale, attraverso le personalità che la compongono. Va poi aggiunto che il mio percorso e la mia battaglia l’ho fatta sempre più vicino a chi, a livello locale, rappresenta questa associazione. La mia scelta è stata quella di riconoscermi all’interno di un’associazione che ha la volontà di anteporre la qualità delle persone alla loro quantità.

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