Fase due: riconquistare i cittadini

16 Dic 2006

Ma è davvero cosi difficile individuare i motivi che sono all’origine della delusione di tanti cittadini di centrosinistra? E’ davvero così difficile oppure si preferisce arroccarsi dietro a questa difficoltà solo per sostenere che è quasi impossibile rimediare e riconquistarli?
Basta girare un po’ per le sale dei dibattiti, basta ascoltare quelli che ti fermano per strada per capire che non bisogna essere un genio della politica o dei sondaggi. Semplificando al massimo cerco di riassumere alcune tappe di questo malcontento.
I primi sintomi risalgono addirittura ai giorni della formazione delle liste elettorali: era stranoto che si andava a votare con una legge pessima, con una porcata inventata da Berlusconi per rendere difficile alla sinistra il governo del Paese. Ma proprio per questo i partiti avrebbero dovuto contrastarne lo spirito aprendo al massimo il momento della scelta delle candidature: nessuno lo impediva. Invece per la prima volta nella storia d’Italia i cittadini hanno dovuto votare candidati direttamente nominati in Parlamento dalle segreterie. Quanti rimpianti abbiamo sentito sul Pci di un tempo che portava in Parlamento persone come Natalia Ginzburg o Stefano Rodotà , Claudio Napoleoni o altri non iscritti.
Vinte per un pelo le elezioni, è stata la volta della scelta di ministri, viceministri e sottosesegretari, un numero immenso, una distribuzione del “potere” accanitamente combattuta fra i partiti della coalizione e fra le correnti interne ai singoli partiti.

Mi dispiace tornare sul problema dell’indulto, che i nostri governanti insistono a difendere: è stata una pessima legge per come è venuta fuori, per le eccezioni che ha previsto, per le conseguenze nefaste che continua ad avere.
L’estate e l’autunno si sono fatti annunciare dai problemi connessi alla riforma dell’ordinamento giudiziario, alle incertezze offerte alla magistratura, alla difficoltà di cancellare subito le conseguenze della riforma della destra. Promesse tradite, si è cominciato a sentire…
Poi è arrivato il supplizio della finanziaria che tanti hanno analizzato assai meglio di quello che posso fare io, ma che nel complesso ha messo in dubbio alcune radicate certezze e altre incertezze ha creato ex novo. Ne è nato uno scontro gravissimo con quelle istituzioni, come l’università o la giustizia, che non sanno dove trovare i fondi per non abbassare la saracinesca. Per la ripresa, si è detto. Ma può un Paese ripartire se nel frattempo si lasciano nell’abbandono le aule? Che razza di sviluppo è quello che non tien conto della possibilità dei giovani di sviluppare se stessi?
Queste difficili e contestatissime decisioni non sono state accompagnate da sforzi di spiegazioni, ma da un rinchiudersi nell’astratto dibattito sul Partito democratico sì o no: astratto e lontano per molti, con l’eccezione di quelli che si appassionano al problema di come rinnovare la democrazia.
La ciliegina sulla torta è stata la vessata questione dell’emendamento alla finanziaria contenente la prescrizione degli illeciti contabili: davvero è stato un errore? Si chiedono sospettosi tanti elettori di centro sinistra.

Increduli, timorosi di svegliarsi e esser costretti a dare ragione a Di Pietro…
I maldestri passi della maggioranza sono stati assai spesso accompagnati dalla solita gara di singoli ministri in cerca di visibilità: anticipazioni ai giornali, poi smentite, contrasti feroci tra neodem e neocon, teodem e teocon …
Questa situazione difficile rischia di continuare ad esserlo: la riforma delle pensioni, certamente necessaria, avrà bisogno di esser spiegata così come ha bisogno di esser spiegato il processo che va verso il Pd. Le nuove liberalizzazioni dovranno esser capite così come la riforma degli ordini professionali e così via. Non c’è possIbilità di delegare ad altri il dialogo con i propri elettori. Non c’è possibilità di future vittorie (alle amministrative del 2007 o a quelle successive) se non si comincia a recuperare la fiducia e la familiarità col proprio elettorato, con le idee che lo hanno portato a scegliere il centrosinistra, con la propria storia e con i principi di fondo.
Questa impresa non tocca solo al governo e al presidente del Consiglio, tocca anche a tutti i leader dei partiti della maggioranza.
Se di fase due si deve parlare, parliamone proprio nel senso che deve essere una riconquista. Bisogna colmare il distacco drammatico che può portare a quella deriva populista da molti temuta. Bisogna convincersi della fatica della democrazia e insieme della sua debolezza.
Molto deve cambiare in questo Paese, se non vuole perdere l’ultimo treno: ma c’è da lavorare anche affinché a questo a decisvo appuntamento non arrivi un popolo di fantasmi e di delusi.

Per non dire, di meschini fischiatori.

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