Orvieto, il Pd e lo strapuntino per la società civile

09 Ott 2006

Dal Seminario di Orvieto // Cari amici, se oggi LeG è qui con voi, e ringrazio Romano Prodi e i partiti promotori per questa possibilità di rivolgervi alcune nostre riflessioni, lo dobbiamo prima di tutto alla nostra storia. Quella di un’associazione nata quattro anni orsono da un gruppo di garanti e fondatori che scrissero nel nostro manifesto : “LeG non è un partito, non vuole diventarlo e non punta a sostituire i partiti, ma vuole dare un senso positivo all’insoddisfazione che cresce verso la politica trasformandola in partecipazione e proposta.LeG vuole essere l’anello mancante fra i migliori fermenti della società e lo spazio ufficiale della politica”.E nessuno di noi, vi assicuro, ha mai pensato di contrapporre una società civile a una politica incivile. Lungi da noi, anzi. Chi ci ha seguito in questi anni della difficile opposizione a Berlusconi, chi ci ha seguito nella strada dell’Ulivo e della formazione dell’attuale maggioranza sa bene che LeG ha sempre e soltanto lavorato proprio nel tentativo di creare una sponda alle difficoltà dei partiti, di rafforzare quel legame spesso troppo esile fra cittadini e politica. Di unire e spronare, di chiedere chiarezza, di proporre soluzioni e di guardare avanti, sapendo che nel passato non c’è mai stata un’Italia politica misera e una cittadinanza nobile, ma miserie e nobiltà ben distribuite in una terra comune in cerca di un comune destino.Insieme abbiamo denunciato il devastante cumulo di anomalie della scorsa legislatura, insieme abbiamo attraversato quella fase della nostra democrazia in cui si pensò di poter stravolgere e cancellare la nostra Costituzione fin dai suoi principi fondanti a colpi di maggioranza e insieme quella riforma l’abbiamo sconfitta.

Mi piacerebbe che questo ruolo svolto da centinaia di associazioni insieme ai sindacati e ai partiti, sotto la guida del presidente Scalfaro venisse riconosciuto.LeG è stata in prima fila a chiedere a Prodi di tornare al più presto in Italia a assumere la guida di quella gente che voleva vincere le elezioni e mandare a casa il governo Berlusconi. Ha lavorato per il successo della Primarie e per quello delle politiche, con dibattiti, incontri, nelle grandi città e in quella provincia dove la nostra associazione vive di volontariato e generosa partecipazione. Abbiamo usato il nostro sito come mezzo di informazione e mobilitazione. Abbiamo coltivato il sogno e la speranza di un Partito democratico che mettesse insieme la parte migliore della politica, chi vuole innovare con riforme che siano anche lungimiranti e non soltanto riforme, magari addirittura puri e semplici ritorni al passato. Abbiamo semplicemente fatto il nostro dovere, secondo il ruolo previsto dal nostro statuto.Il Pd che LeG si augura possa cominciare a nascere qui ad Orvieto è un grande progetto moderno che ha la sua ragione d’essere non in uno stato di necessità (altrimenti si perdono le prossime elezioni) ma nella precisa volontà di superare divisioni oggi anacronistiche e volte al passato in una co ntinua ricerca di ciò che unisce e non nella maniacale rivendicazione di ciò che divide. E’ un partito che non nasce dalla fusione dei vertici di Ds e Margherita e soprattutto non è una federazione. Questo partito ha radici antiche: viene dalla prima Repubblica, viene da Moro e Berlinguer e Ugo La Malfa.

Viene da una cultura democratica che permise di riconoscere subito in Romano Prodi nel 95, 96 il leader dello schieramento. Ricordo una domenica di settembre del ’95 a Sariano, un posto magico di quegli anni, Prodi che festeggiava con noi i 50 anni di don Ciotti, nel luogo in cui qualche mese prima Giuseppe Dossetti aveva parlato di giustizia e Costituzione. E allora, siccome avete una storia antica, tocca a voi promuoverne una nuova. Siccome avete radici antiche, potete essere i traghettatori verso il futuro.Ma voglio citare un monito efficace pronunciato da Virginio Rognoni pochi giorni fa a Milano:”Se ci abbarbichiamo alle nostre radici, noi le essicchiamo”. Venite, veniamo, da lontano e dobbiamo sbarcare in un continente nuovo.La terra è un’altra, è quella del mondo di domani.Per questo LeG è convinta che il Pd riuscirà soltanto se saprete mettere in comune ciò che vi unisce e in questo crogiuolo politico culturale trovare la linfa per le idee guida dei governi e dei comportamenti a Roma come nelle realtà locali dove oggi purtroppo si continua a litigare parecchio in nome della ricerca ossessiva di visibilità e di posti di potere. Solo dopo questo mescolamento, questo fondersi di culture ognuno potrà liberamente scegliere un luogo della memoria, un luogo dove tramandare e studiare le proprie radici, l’origine dei suoi ideali. Il Pd nascerà dai punti di forza, non da una somma di debolezze.Solo così, credo, sarà possibile un nuovo incontro con quel popolo delle primarie, molto invocato ma oggi io temo molto disperso.

Non ha trovato altre case, è un popolo che non tradisce. Ma è molto deluso. Da cosa? Qui dovrebbe seguire una analisi impietosa dei casi in cui si è sentito abbandonato, in cui ha scoperto diversità dirompenti fra ciò che era stata la promessa e ciò che viene mantenuto (liste elettorali cattive, dopo una legge pessima. Indulto, ordinamento della giustizia, assenza di rinnovamento nella classe dirigente e così via). Siete ancora in tempo a rimettere la barra al centro se farete una buona legge sul conflitto d’interessi, una legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di eleggere i loro rappresentanti, se cancellerete la Gasparri, se metterete in sicurezza la Costituzione, riformando l’articolo 138, se rimedierete ai guasti della riforma Castelli e garantirete il funzionamento della giustizia sul territorio.”In politics a week is a long time” diceva Harold Wilson con una sintesi così frequentemente citata da Dahrendorf. Un tempo lunghissimo è trascorso dall’ottobre 2005. Quel popolo ha bisogno di esser riconquistato, ha bisogno di un contatto assiduo, non saltuario e interessato. Ha bisogno di sentirsi cittadino a tutti gli effetti e non solo portatore di voti. Non è un elemento residuale, un cittadino a cui si offre un eventuale strapuntino, come si evince dalla relazione di Vassallo condivisibile in tante parti ma non, appunto, sul ruolo eventuale delle associazioni e non sulla proposta di un presidente unico padrone del governo e del grande partito.Siamo diventati esigenti e indispensabili non sui posti di potere ma sulle occasioni di partecipazione.

Già da alcuni mesi i circoli di LeG, da Nord a Sud, organizzano incontri con gli iscritti di Ds e Margherita.Se pensate che queste impressioni, queste idee di LeG (in gran parte condivise dalle altre associazioni che con noi hanno prodotto due documenti) sono anche le vostre, se pensate che questo “anello mancante” abbia finalmente individuato riferimenti certi e saldi in grado di collegare le due sponde,anche noi sentiremo di esser serviti a qualcosa, di non aver lavorato invano.E continueremo ad offrire, senza nulla chiedere, l’impegno e la fiducia di sempre.

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