Quell’applauso alle feste

06 Set 2006

C’è un solo riferimento che faccia scattare l’applauso, parole magiche che scatenano passione e speranza; si chiama Partito Democratico. Alle feste dell’Unità o della Margherita è il Pd che militanti e cittadini senza tessera vogliono sentir nominare dai loro leader durante questi riti di fine estate, lo esigono quasi fosse il talismano che scaccia le tensioni e l’ansia, che riporta il sorriso. E consente poi di godersi la festa, visto che la festa c’è ancora e soprattutto in questi tempi di oligarchie politiche, con le occasioni di dibattito e di incontro con i rappresentanti dei partiti ridotte a zero o affidate esclusivamente all’iniziativa di associazioni e movimenti, non è poco.
I leader politici hanno ascoltato il messaggio. Lo hanno capito? E quale è il senso profondo di ciò che questa gente del centro sinistra vuol far loro arrivare e quale è la risposta che sta arrivando dalle forze politiche?
1) La prima sommaria impressione ci dice che, ormai incerti sulle loro radici, sui simboli e persino sui colori da sentire come i propri, dubbiosi persino su chi sia IL SEGRETARIO, IL CAPO, la possibilità che nasca o rinasca il partito forte e protettivo che un tempo distribuiva sicurezze, forza e speranza è certamente avvincente per una fetta di militanti, o ex militanti. La vecchia base diessina è lì che colleziona oggetti e ricordi di vecchie feste quando il colore era rosso e basta. Nel caso questa fosse davvero l’ultima festa. Il Pd è dunque il superamento della nostalgia e una cambiale per il futuro che promette forza, unità e vittorie future.

E’ disposta ad allargarsi, a “contaminarsi” con altre culture, è diffidente verso la sinistra radicale, non vuole però perdere pezzi del partito e ritrovarsi dimezzati. Dell’Europa gliene importa poco o nulla, cioè della collocazione.
2) un messaggio altrettanto forte è quello che arriva dai semplici elettori del centro sinistra che affollano alcuni dibattiti. Non sono “militanti”, ma una forza motrice del popolo delle primarie, della società civile. Ma forse dicono cose un po’ diverse: chi non ha mai avuto tessere, ma ha vissuto gli anni della fine della prima repubblica e poi gli anni di Berlusconi, sembra essere soprattutto ansioso di avere quella prima tessera, la tessera del partito nuovo che raccoglie tutti, un partito moderno, che assicura rinnovamento, forte, unito e soprattutto attento alle idee senza patria, un partito che ascolta e sa come sfruttare in senso utile e positivo la voglia di partecipare e di proporre. Questo partito lo vogliono subito e sono attenti alle sfumature delle promesse che piovono loro addosso dal palco della festa.
3) sia gli uni che gli altri mantengono una dose di diffidenza come a dire: ne avete parlato tanto di questo partito ma ancora non vediamo nulla di concreto.
A questi pensieri che si esprimono quando nei dibattiti c’è spazio per le domande, o che si leggono negli interventi in rete, Ds e Margherita rispondono che il Pd si farà anche perché l’Ulivo unito ha avuto più voti che con le liste separate; Che il Pd c’è già dato che sono uniti i gruppi di Camera e Senato, che ai primi di ottobre ci sarà un seminario a Orvieto e che entro l’anno sarà disponibile un Manifesto sui principi e sui valori e forse anche una rivista e una scuola unica di formazione dei quadri.
I sindaci, i governatori che già si sono espressi a favore del progetto assicurano tempi brevi e che comunque prenderanno anche loro l’iniziativa.
Può dormire sonni tranquilli la sinistra che conta sul Pd?
Non sono questi tempi di certezze e la diffidenza è giustificata dal numero di volte che il Pd è stato fatto nascere e poi è subito morto.

Il problema di fondo, credo, sia ancora quello della distanza fra le aspettative e la cruda realtà della politica. Della distanza fra quello che rimane dei partiti e il territorio. Della volontà di mantenere il potere che c’è più che di mettere a disposizione quello futuro. Della propensione a succedere sempre a se stessi, di rinviare il ricambio a una data sempre più lontana nel tempo. Forse non c’è solo apprezzamento nell’applauso alle feste, ma soprattutto un incitamento a fare presto e a fare di più. Un applauso che nuove delusioni potrebbero trasformare nella fuga o nella contestazione .

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