l’Italia riparte

25 Feb 2006

Care Amiche, cari amici, quest’anno la primavera arriverà il 10 aprile, quando si chiuderanno le urne e gli Italiani avranno depositato la loro sentenza.
Una sentenza definitiva, questa davvero inappellabile, che decreterà la fine di un inverno durato cinque lunghi anni.
Sarà un grande “basta”, detto all’unisono da milioni di Italiani che ci libererà finalmente da un Governo e da una maggioranza che hanno messo il Paese nella condizione che tutti conosciamo, nella condizione che tutti avvertiamo nella nostra vita quotidiana.
Una maggioranza e un Governo che hanno tentato di azzerare sessanta anni di Storia. Sessanta anni fa il popolo italiano votava la Repubblica. Oggi ci hanno trascinato ad un passaggio decisivo per il nostro paese e per la Repubblica. La posta in gioco e’ la sua costituzione: dunque non il suo passato ma il suo futuro. Colpire la costituzione e’ colpire la pietra angolare dell’intero edificio della nostra convivenza. La destra l’ha sfigurata secondo logiche corporative e secessioniste deturpando i suoi principi fondamentali. Lo ha fatto per interessi di partito.Oggi la “serietà al governo” che e’ il nostro slogan elettorale, ma anche il nostro stile di governare, ci impone di sconfiggere il progetto della destra di distruggere la costituzione. La costituzione, violata nei suoi equilibri fondamentali.Per questo motivo il referendum ci vedrà impegnati con tutte le nostre forze.
Maggioranza e governo hanno allontanato il Paese dall’Europa, attuando una politica estera non degna di questo nome.

Una politica che sostituisce o confonde le alleanze con l’amicizia tra i leader, l’appartenenza con lo schieramento, il dialogo con l’obbedienza. Una politica che ci ha privato della funzione e della missione che la nostra posizione nel mappamondo ci ha assegnato. Quella di essere uno degli assi portanti della politica europea e il legame, il nesso dialogante, tra l’Europa, il Mediterraneo e l’Africa.Una maggioranza ed un Governo che hanno lasciato sole le famiglie italiane a combattere con il caro vita, il rincaro di tutti i prodotti alimentari, gli aumenti delle bollette energetiche, dei libri scolastici, delle tariffe. Una maggioranza e un Governo che dopo avere lasciato sole le famiglie ad occuparsi dei loro bambini, dei loro anziani e dei loro disabili, oggi si ergono a difesa del valore sacro della famiglia e del matrimonio. Quel matrimonio che hanno sbeffeggiato sposandosi con improbabili riti celtici, salvo ora, in campagna elettorale, indossare magliette con la scritta “orgoglioso di essere cristiano”. Io credo che i cristiani non siano orgogliosi di loro.
Perché, credenti o non credenti, oggi la discriminante è tra chi sente, forte, il richiamo etico a valori come il rispetto e la solidarietà tra le persone, l’amicizia, il dialogo e la pace tra i popoli e chi di questi valori fa solo argomento retorico. Se oggi vogliamo parlare di malessere del paese, parliamo prima di tutto del suo declino morale.Un declino che questi cinque anni di destra hanno prodotto in misura difficilmente calcolabile.

Si e’ preferito la volgarità alla bellezza, la menzogna alla verità, la prepotenza all’intelligenza. Si e’ cercato non di convincere ma di sedurre il paese, in un delirio di manipolazione mediatica che non ha riscontro in nessun grande paese del mondo, falsificando ogni relazione e comunicazione.
E potremmo andare avanti a raccontarci dei loro sbagli, delle loro ingiustizie, delle loro leggi inique, della loro incompetenza, dei loro inganni, delle loro bugie.Potremmo trovare conforto nel dirci come il nostro sia il modo giusto di pensare e di vedere … ma è ora di considerare tutto questo passato. Un passato che anche se ci lascia l’amaro in bocca è comunque definitivamente passato. DEFINITIVAMENTE.Un passato di cui dobbiamo conservare un solo forte insegnamento: se pensiamo – e so che ne siamo convinti – di meritare la fiducia del Paese, di potere esprimere una classe dirigente più capace e più dotata di spirito civile, allora dobbiamo sentire forte, un vero e proprio marchio da imprimere sulla nostra pelle, l’impegno che ci stiamo assumendo. Allora dobbiamo dire chiaramente a voce alta e senza timore che noi, oggi, non siamo qui a rivendicare i nostri diritti: NOI, OGGI, RIVENDICHIAMO I NOSTRI DOVERI.
Questa è la radice del nostro impegno.Questo è il fondamento del nostro concetto di questione morale.Se vogliamo salvare l’Italia ci dobbiamo tutti sentire debitori verso il nostro paese.Dobbiamo capire che su noi grava il compito di fermare il declino e di invertire la rotta.E di farlo per il bene dell’Italia.
Insieme alla forza della ripresa dobbiamo ritrovare la gioia della solidarietà e l’impegno della verità.Ma dobbiamo anche ritrovare dentro di noi, e coltivarla come un valore, l’umiltà.

L’umiltà di non crederci infallibili . L’umiltà di non nascondere i nostri difetti e le nostre mancanze. L’umiltà di dire con chiarezza quello che sappiamo e possiamo fare. Ecco, in questo consiste la nostra vera partita. Nel metterci in gioco con la nostra faccia e le nostre capacità, senza promettere nulla che non possiamo mantenere.
Chiedendo agli Italiani di votarci, assumiamo nei loro confronti un impegno forte, andiamo a firmare con loro un patto, un patto che non ha bisogno di notai o di studi televisivi. Perché è un patto che ci impegna moralmente.
Dobbiamo sapere che la nostra promessa di un’Italia migliore, di un’Italia più matura, di un’Italia più giusta, di un’Italia più serena è una promessa alla quale non possiamo sottrarci. E’ un impegno che non potremo disattendere nascondendoci dietro l’alibi facile, l’alibi abusato dal governo in carica, del “non mi lasciano lavorare”.
Perché noi lavoreremo.
Ci sono ancora grandi risorse per reagire. Perché se è vero che il tempo dell’illusionismo e’ finito. Se è vero che la crisi economica e la durezza delle sfide hanno squarciato il velo dell’ipocrisia.Se è vero che il re e’ nudo e che il grande seduttore ha perso la sua arte. E’ altrettanto vero che oggi il paese sta soffrendo come mai nella storia di questo dopoguerra. L’Italia domanda alla politica, esige da noi proposte serie, puntuali, capaci di rispondere alla domanda di governo e di innovazione senza le quali non c’e’ futuro.

L’Italia vuole una classe dirigente all’altezza, senza particolarismi, senza divisioni, senza ostentazioni, capace di ascoltare l’anima più profonda e più vera di questo paese.
Se noi vogliamo accogliere la domanda di nuova politica che il paese ci pone, dobbiamo rendere visibile l’unita’ e la forza della nostra coalizione.
Noi dobbiamo costruire una cultura della coalizione.
Nella quale al primo posto non c’e’ più il punto di vista del singolo o del partito. Al primo posto c’e’ la forza di una proposta condivisa ed elaborata attraverso una fase di ascolto del paese, di dialogo con la cultura e con il mondo del lavoro e dell’impresa. Un gruppo dirigente dell’Unione, che si fa carico dell’enorme ricchezza di movimenti e di associazioni che operano nella vita del paese.
Rispetto a questo non ci si può più smarcare alla ricerca di visibilità effimere anche se queste possono essere comprensibili alla luce dell’assurda legge elettorale che ci è stata imposta Questo vale per tutte le scelte. Per tutte le scelte che abbiamo insieme meditato e discusso e che abbiamo insieme scritte nel programma.Questo vale per le posizioni da tenere ogni giorno in questa campagna elettorale.Ciascuno deve rinunciare a qualcosa, per guadagnare tutti insieme e soprattutto perchè guadagni l’Italia.
Questo e’ l’orizzonte del nuovo riformismo, di quello che io ho chiamato il riformismo radicale, il riformismo che il Paese ci chiede. L’asse di questo riformismo e’ l’Ulivo.

Senza l’Ulivo tutto quello che stiamo facendo, lo stesso essere qui, oggi, in tanti, non avrebbe senso.
Si e’ davvero iniziato un processo che porterà profondi cambiamenti nelle forme della politica per essere all’altezza delle richieste del paese. Chi vive di nostalgia, chi tende a voltarsi indietro, come la moglie di Lot, resterà pietrificato nelle vecchie formule, che appaiono come un grottesco ritorno al passato. Per questo torno a dire che dovremo cambiare la legge elettorale fatta contro l’Italia e contro la sua stabilità.E la stabilità non sarà mai garantita da leggi elettorali che permettono l’ambiguità e lo sfregio della volontà degli elettori. E oggi il paese non si può permettere processi politici ambigui e governi ambigui.
Noi vogliamo vincere per l’Italia. Abbiamo fatto molte rinunce per questo. Abbiamo compiuto molti atti di coraggio per questo.
La mobilitazione di cui siamo stati capaci per la elaborazione del programma è la prova della nostra forza.
Soffermiamoci un attimo su questo argomento, per non dimenticarci perché ci siamo impegnati in un processo così lungo e faticoso, in discussioni tanto animate e lunghe, perché abbiamo sfidato l’ironia dei nostri avversari (e anche di qualche amico) consegnando alle stampe un documento così voluminoso.
La risposta a questi “perché” sta in una sola parola: responsabilità. Cosa vuol dire responsabilità?
Vuol dire avvertire la necessità di riforme radicali per diminuire e possibilmente abrogare le complicazioni che affliggono l’Italia.

Vuol dire studiare e trovare il modo di sciogliere i mille lacci che rischiano di soffocarla. Vuol dire essere consapevoli e coscienti dei danni che gli eccessi dei semplificatori, di quelli che hanno sempre la soluzione in tasca anche per le questioni più complesse, hanno determinato alla nostra società negli ultimi anni.
Vuol dire soprattutto affrontare tutti questi problemi e tutte le difficoltà di una coalizione complessa e di una legge elettorale infame, prima e non dopo le elezioni.Per lealtà verso gli italiani.
Era necessario perciò trovare una risposta forte e coerente, solida e convincente.
Da questa necessità è scaturito un metodo che ci è parso essere l’unico metodo accettabile. Abbiamo fatto ricorso a due semplici parole e ne abbiamo fatto le nostre parole d’ordine: ascolto e dialogo.
In un capannone industriale alla periferia di Bologna sono venuti a trovarci i rappresentanti di categorie e gruppi professionali, ci hanno parlato gli esperti di tanti settori, si sono affacciati gruppi rappresentativi delle diverse realtà della società. Con loro abbiamo discusso per giornate intere.
Ma, soprattutto, abbiamo ascoltato.
Il saldo in cifre di questa operazione, ancora provvisorio visto che continuano ad arrivare richieste di incontri e relazioni, è straordinario: 21 iniziative, che hanno coinvolto migliaia di persone e prodotto altre migliaia di contributi programmatici scritti (e, come detto, ne stanno ancora arrivando). E’ stata, quella della Fabbrica del programma, insieme alla istituzione delle primarie, una grande innovazione nel panorama della politica.

Non è stata, come taluni hanno forse pensato, una abdicazione della politica verso la società civile.
La Fabbrica e le primarie sono state un modo per la politica di avvicinare la società, di sfatare il mito della torre d’avorio in cui gli uomini dei partiti sarebbero rinchiusi, di costruire consenso attraverso il dialogo e l’ascolto e non attraverso gli slogan. Di parlare alla testa e non alla pancia dei cittadini.
Infatti abbiamo raccolto tutti gli spunti che questa attività ha generato e ne abbiamo fatto la base per la discussione tra i partiti della coalizione. Di qui è nato il Comitato per il programma, con le dodici commissioni.
Il loro lavoro è stato oggetto di discussione durante i due seminari di San Martino in Campo che si sono tenuti alla presenza dei segretari dei partiti. E, l’undici febbraio, il lavoro di questa straordinaria macchina organizzativa è diventato pubblico.
Abbiamo quindi messo il programma al centro della nostra azione politica, facendone il fulcro della nostra iniziativa. Non abbiamo cercato facili scorciatoie, non abbiamo privilegiato la demagogia degli slogan. Per questo siamo stati spesso criticati da quanti, anche tra i nostri amici, temono che l’aggressiva e martellante campagna pubblicitaria dei nostri avversari, una campagna senza esclusione di colpi e di mezzi quanto priva di contenuti reali, faccia premio sulla serietà e la coerenza del nostro approccio.Noi restiamo convinti che la coerenza e la serietà paghino.

Siamo convinti che gli Italiani abbiano capito e affidino a noi il compito di riportare l’azione politica al loro servizio e non al servizio di pochi.
Abbiamo costruito la cornice e stiamo, giorno dopo giorno, pennellata dopo pennellata, rendendo chiaro il quadro.In un programma di governo non basta elencare provvedimenti cari agli interessi di singole categorie. Abbiamo già visto quanto sia facile e al tempo stesso vano l’esercizio delle mirabolanti promesse di risolvere i problemi di tutti e di ciascuno.Noi dobbiamo perciò rendere chiaramente leggibile il filo rosso che lega le diverse idee e le trasforma in un coerente progetto di governo.E questo filo rosso è per noi l’equità e la giustizia.Più equità e più giustizia non sono solo un obiettivo ma diventano anche la principale risorsa che rende sostenibile l’intero programma dal punto di vista finanziario.Lasciatemi spiegare riprendendo i tre punti che ho avanzato in questi ultimi giorni: cuneo contributivo, casa e sostegno alla famiglia.In tutti questi punti noi proponiamo un processo di armonizzazione, di riequilibrio distributivo tra chi è incluso e chi è escluso. Proponiamo di rendere più armonico e giusto il nostro sistema fiscale ricercando una maggiore neutralità del fisco rispetto le decisioni di investimento.Affitti tassati con aliquota simile a quella utilizzata per le rendite finanziare, contributi previdenziali che rendono uguale il costo del lavoro stabile e del lavoro precario, assegni famigliari e deduzioni irpef per tutti, a cominciare dai più poveri, e non solo per alcuni privilegiati.Sono provvedimenti che hanno un costo ma che hanno anche la capacità di produrre oltre che un maggiore equilibrio e una maggiore coesione della nostra società anche una emersione di lavoro sommerso, di evasione contributivo e fiscale che li rende ulteriormente credibili sul piano finanziario.Vi posso assicurare che i conti li abbiamo fatti beni, fino all’ultimo euro, e che, nonostante l’eredità di un bilancio devastato, tutto quello che abbiamo fino a oggi proposto è assolutamente fattibile.A chi ci chiede “dove prenderete i soldi?” noi rispondiamo con realismo e senza demagogia, che un grande contributo verrà anche dalla lotta all’evasione e al privilegio.
Dicevo di un paese diviso e squilibrato.

Tra le armi che hanno usato per aumentare gli squilibri e le divisioni vi è stato anche l’Euro.Si proprio l’euro, quella che resta la maggiore se non unica difesa della nostra economia e del nostro paese dal caos finanziario e da una inflazione selvaggia.L’euro è stato per loro il cavallo di troia per politiche tese a premiare pochi impoverendo i più.Senza controlli e anzi con un uso deliberato dei differenziali di prezzo, all’ombra della difficoltà dei consumatori a percepire il rapporto tra prezzi e valore delle cose, si è consumata una gigantesca ridistribuzione di ricchezza.Questa è la verità sull’euro. Solo l’Italia ha conosciuto un fenomeno simile.Sono passati più di quattro anni dall’introduzione dell’Euro e il nostro Governo continua a rispondere ai consumatori esasperati per gli ingiustificati aumenti dei prezzi, che la colpa è di quanto avvenne tanti anni fa.Non voglio ricordarvi per l’ennesima volta la leggerezza o la complicità del governo su alcuni aumenti dei prezzi, ma vi voglio ripetere che noi siamo impegnati a porre rimedio al danno fatto.Non è possibile vivere in un paese in cui la frutta è pagata dal consumatore dieci volte il prezzo a cui è pagata al contadino e il pane costa dieci volte la farina.E gli esempi li possiamo purtroppo moltiplicare. Ed anche per questo i turisti fuggono dall’Italia.Ho detto che ritornare indietro è difficile.Ho detto che è come rimettere il dentifricio nel tubetto.Ma noi lo dobbiamo fare perché anche questo è uno strumento per rendere l’Italia un paese più giusto e più sereno.Con le armi della concorrenza, degli incentivi e dei controlli dobbiamo portare i nostri servizi ad un livello di efficienza europeo.
A dirci che abbiamo scelto la strada giusta sono prima di tutto i nostri avversari.

Hanno capito che il nostro metodo, la nostra tenacia e la nostra coerenza nella costruzione del programma cominciano ad essere percepiti come un valore positivo dagli Italiani. E allora cosa fanno? Raccontano agli Italiani il loro programma? Sostengono di avere un programma migliore del nostro? Niente di tutto questo. Ricorrono al più antico e retrivo degli espedienti. Si rifugiano nel negazionismo. Hanno sostenuto un giorno che non avevamo il programma e il giorno dopo che nel nostro programma non c’era scritto niente. Guarda caso, parlavano sempre e soltanto del nostro programma. Ieri, finalmente, hanno esposto il loro e, ineffabili come sempre, hanno sostenuto che non è necessario fare programmi lunghi e approfonditi, visto che il loro programma è la prosecuzione dell’attività di governo.
Ma cosa è? Una Minaccia? Un programma chiosato, con il tono e la presunzione di sempre, dal classico “ghe pensi mi”. E anche questa mi suona come un’altra minaccia.Ma c’è un’altra minaccia non scritta e non annunciata. Nel 2001 si sono presentati agli elettori con il loro contratto in cinque punti. Non si parlava di leggi sul falso in bilancio, sull’inappellabilità, sui decoder prodotti dai fratelli, sui tempi di prescrizione dei processi e di riforma elettorale. Quali leggi hanno pronte, questa volta, nel cassetto?
Intanto però, ad ogni buon conto, si travestono anche da opposizione (non si sa mai) alimentando una campagna, tutta a base di “no grazie”, attribuendoci le più efferate iniziative.

Ma, sia chiaro, siamo noi a dire “no grazie” e, con noi, lo dicono gli Italiani. Sia chiaro: sono loro che devono rendere conto di cinque anni di governo e non possono sottrarsi a questo giudizio.Hanno perfino dato la colpa ai magistrati di svendere il paese.E’ vero il paese è stato svenduto in questi anni.Nessun investimento estero nuovo ma l’acquisto massiccio di quanto era rimasto del made in Italy.Sono andati all’estero la mozzarella, l’olio d’oliva, i salumi, le banche, le centrali elettriche, le assicurazioni.E sono ben pochi i casi in cui le nostre imprese hanno avut la lungimiranza e la forza di acquistare concorrenti stranieri.E questo non è certo colpa dei magistrati.Il fatto vero è che in tutti questi anni il casereccio dirigismo del governo e i bisbigli di moral suasion della Banca d’Italia (senza l’apertura di alcuni dossier sia a Palazzo Chigi che a Via XX Settembre), hanno impedito agli istituti di credito italiani di rilevare le quote della BNL.E lo stesso casereccio dirigismo che ha favorito l’acquisto di quote di banche italiane da parte di banche straniere nell’illusione di poterle poi governare a piacere come era un tempo in grado di fare Enrico Cuccia.Questa è responsabilità del governo e non dei magistrati. Ai magistrati garantiremo indipendenza e dignità e mezzi. Ma chiederemo anche ai magistrati (insieme agli avvocati e a tutti coloro che partecipano allo svolgimento dei processi) uno sforzo straordinario per riportare alla normalità la durata dei procedimenti giudiziari e gli arretrati della giustizia.Ma torniamo a noi.

Oggi siamo qui a dare il via alla nostra campagna elettorale in nome di un simbolo, l’Ulivo, un simbolo ancora giovane.Ma è un simbolo che in poco più di dieci anni ha meritato un posto di primo piano nella storia della politica italiana. Un simbolo che ha creato attese e speranze in quanti, come noi, credono nell’unità delle forze riformiste, nella necessità di questa unità. Oggi l’Ulivo è tutto questo ma è anche la sola vera novità di questa campagna elettorale.Perché questo Ulivo è l’inizio di un progetto più grande e più ambizioso che finalmente oggi possiamo chiamare Partito Democratico.
Care amiche, Cari amici,noi vogliamo raccontare agli italiani un’altra storia.Noi vogliamo che i nostri figli ci guardino con altri occhi: gli occhi di chi non ha paura; gli occhi di chi spera; gli occhi di chi crede nel suo futuro.Noi vogliamo guardare al futuro con la certezza di chi sa come costruire il futuro.Perché vedete, quando leggiamo, come si legge in una recente indagine, che il 55 per cento dei giovani aspira a vivere all’estero, noi dobbiamo poter dire a questi giovani:DOPO IL 9 E IL 10 APRILE VENITE A VIVERE IN UN PAESE NUOVO: L’ITALIA.

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