Insieme

06 Feb 2006

Quante sono? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che siamo ormai agli sgoccioli e questi sono gli ultimi giorni utili per raccogliere le firme e c’è tempo esclusivamente per organizzare tavoli e banchini, all’aria aperta e all’interno. Poi le conteremo. Nel frattempo il silenzio che ci ha accompagnato dal dicembre scorso, quando cominciammo a muoverci, è stato rotto da alcuni interventi importanti. In genere l’accusa è rivolta ai partiti del centrosinistra: li avete lasciati soli, si dice. Lo ha sostenuto Galli della Loggia nel suo editoriale di domenica sul “Corriere della sera”, lo scrive Pietro Citati su “Repubblica”, raccontando con profonda amarezza di aver trovato un tavolo deserto a Largo Argentina. Come stanno allora le cose? Cercherò di fare un breve riassunto che aiuti a capire. Quando nel novembre scorso il Parlamento approvò la legge intitolata “Modifica alla parte seconda della Costituzione” (pubblicata sulla gazzetta Ufficiale del 18 novembre) discutemmo a lungo all’interno del Coordinamento nazionale dei comitati “Salviamo la Costituzione”, presieduto da Oscar Luigi Scalfaro e costituito da associazioni, partiti e sindacati, se fosse utile per la prima volta nella storia raccogliere le firme (500.000, dice l’articolo 138) perché anche i cittadini esercitassero il diritto a chiedere il referendum costituzionale.

In quella sede ci fu un’intesa generale: associazioni, partiti e sindacati scelsero di provare. Una impresa che sapevamo molto dura, col freddo che poteva limitare la possibilità di stare nelle piazze, il Natale che si avvicinava, la certezza che i partiti stavano per affrontare una fase assai impegnativa: l’inizio certamente burrascoso della campagna elettorale, la preparazione delle liste, gli ultimi accordi ed alleanze. Una fase che può portare a scontri e soprattutto a parlare di cose delle quali ai cittadini non interessa affatto, anzi li preoccupa e disturba.Noi della società civile dicemmo subito che mai e poi mai avremmo potuto con le nostre forze pensare a una mobilitazione così impegnativa. I partiti e i sindacati furono assolutamente d’accordo: insieme ce la possiamo fare. Se non ce la faremo, avremo comunque contribuito a informare la gente su questo fondamentale referendum che riguarda i diritti, le garanzie, l’unità del Paese.Insieme: un esperimento che stiamo facendo, giorno dopo giorno. I certificatori delle firme che si congelano con noi ai tavoli sono consiglieri comunali, chi raccoglie appartiene o al mondo della politica militante o a quello del volontariato, chi ci ospita a Roma e sopporta spese organizzative è la CGIL e così via. Vorrei che si credesse a ciò che dico: questa sfida possiamo vincerla soltanto se proseguiamo insieme. C’è un però, ovviamente, arrivati a questo punto. Che si rompa il silenzio dei mass media, che tutti coloro che hanno la possibilità di andare in Tv parlino anche di noi, che nessuno si perda d’animo o tenti di trovare responsabili per le difficoltà.Quando ci siamo trovati qualche giorno fa al Quirinale, davanti al presidente Ciampi (che ringrazio ancora per il suo importante intervento), il presidente Scalfaro ha detto: “Noi non facciamo le vittime, il vittimismo non ci appartiene”.

E ha pienamente ragione.In quei giorni di autunno pensammo che la raccolta andasse fatta per almeno tre motivi. Primo: la mobilitazione era ed è l’unico mezzo per rompere il silenzio su un referendum che avremo molto probabilmente alla fine di giugno, dopo le elezioni politiche, dopo le amministrative, dopo l’elezione del Capo dello Stato. Poco tempo per preparare i cittadini e chiedere loro di non andare al mare, pochissimi soldi da spendere nella campagna referendaria, alla quale la Cdl già si prepara con opuscoli zeppi di slogan pubblicitari, zeppi solo di menzogne.Secondo: il tema di questa riforma “incostituzionale” della Costituzione è un tema che unisce e preoccupa il cittadino non solo di centrosinistra. Non è solo lo “spirito delle Primarie” che si affaccia ai nostri tavoli, ma anche lo spirito di quegli italiani che hanno capito un paio di cose: la riforma non aiuta l’unità del Paese, la riforma non modernizza il sistema ma lo imprigiona in una molteplicità di centri decisionali estranei alla esperienza di qualunque moderna democrazia. La riforma lede il principio di uguaglianza fra tutti i cittadini.Terzo: per la prima volta nella storia repubblicana possiamo dare all’elettore un potere in più, un’occasione preziosa per appropriarsi della nostra Carta fondamentale. La Carta della nostra identità di italiani, caratterizzata da un filo che tiene insieme: Unità d’Italia, Resistenza, Carta Costituzionale.

Una Carta moderna e lungimirante, che può essere e sarà aggiornata come lo è stata nel passato. Ma che non deve esser sostituita da un’altra, scritta da chi ancora oggi predica impunemente la secessione, e domani se potesse la istigherebbe e sosterrebbe davvero.Ecco i motivi che ci danno ancora in questi giorni decisivi la forza di continuare a raccogliere le firme. E grazie a chi si occuperà di noi, e magari ci sarà accanto in un tavolo in una piazza d’Italia. Abbiamo molto bisogno che ognuno faccia una piccola parte e non si dia pace fin quando non trova, nella sua città, un gruppo di persone con i moduli pronti e le mani congelate. Vedrà che ci sono insieme iscritti ai partiti e semplicemente gente di buona volontà.

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