Gli intellettuali, Prodi e il partito democratico

17 Gen 2006

“Abbiamo messo alcuni paletti molto precisi per l’Ulivo e per il futuro partito democratico, quindi, come si deve fare nella vita, un passo alla volta ma nella direzione giusta”. Romano Prodi è tranquillo e sereno, al termine della riunione che ha visto riuniti attorno a un tavolo i vertici dell’Ulivo. La sua proposta, lanciata attraverso il sito romanoprodi.it, di arrivare al più presto alla costituzione del nuovo soggetto politico ha raccolto l’adesione di un gruppo di intellettuali. Mille firme in una manciata di ore, arrivate via mail direttamente al Professore. “L’idea è partita da Filippo Andreatta, che insegna scienze politiche e relazioni internazionali a Bologna e da Gregorio Gitti, bresciano, ordinario di diritto privato a Milano – spiega Gad Lerner, tra i firmatari dell’appello – Si era creata una certa aspettativa attorno alla mobilitazione: dopo la riunione dell’Ulivo credo che non se ne parli più, non ora nell’immediato, almeno per quel che intuisco dalla lettura dei quotidiani”. La mobilitazione che, come avevano chiarito i promotori, doveva essere “una mobilitazione culturale innanzitutto”, per qualcuno forse è stata anche la speranza, durata lo spazio di poche ore, di una lista civica fatta di prodiani, per altri, forse, ancora, di una lista unitaria al Senato. Ma il progetto più ampio che accomuna tutti i firmatari di questo appello è quello del partito democratico.

Un’idea che vanta un parterre ben più ampio di sostenitori. Prodi, subito dopo il vertice, ha indicato due obiettivi raggiunti: il primo, nel riferimento all’Ulivo nei simboli dei partiti per le liste del Senato e il secondo nell’impegno solenne per il gruppo unico, alla fine della legislatura.
Con Lerner, anche Aldo Bonomi, Salvatore Bragantini hanno firmato l’appello via mail a sostegno del Professore e del Partito democratico. A LeG spiegano il perché della loro adesione . “La cosa è molto semplice, almeno dal mio punto di vista”, dice Aldo Bonomi, direttore dell’Istituto di ricerca sociale AASTER di Milano e consulente del Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro. “Non mi occupo di politica, faccio ricerche di mercato – precisa – Ho firmato l’appello perché credo che se ci sarà una forma partitica innovativa, la società che cambia di continuo e che anche adesso è molto cambiata, potrà essere meglio rappresentata. C’è insoma una crisi profonda della rappresentanza degli interessi della società che coivolge il mondo delle imprese, del lavoro, insomma tutto. Dunque anche la politica. Una nuova forma partitica potrebbe essere una soluzione”.
Per Salvatore Bragantini, ex commissario Consob, amministratore delegato di Centrobanca e commentatore per il Corriere della Sera, il partito democratico è ormai “un passo necessario”. Solo che, sostiene, bisogna spostare il progetto a dopo le elezioni. “Invece – dice – fin da ora, è necessario segnare la strada per arrivare al partito democratico, un nuovo soggetto politico più rappresentativo.

Quello che è stato deciso ieri, nel vertice tra Romano Prodi, Piero Fassino e Francesco Rutelli, non è affatto in contraddizione con la necessità di fissare fin d’ora il percorso. Nessuno, credo, abbia pensato di accelerare i tempi: non è tecnicamente possibile. Ma il partito democratico è un progetto che resta vivo e che nasce, sostanzialmente, dalle primarie. Sono state quelle consultazioni la spinta principale, il motore di questo progetto”.

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