Non basta l’autocritica

05 Gen 2006

Formulare un’ipotesi, avanzare una proposta sul tema “che devono fare i Ds per risolvere le loro attuali difficoltà?”, è non soltanto difficile in sé, ma lo è soprattutto se si tiene conto del contesto generale in cui le scelte diessine debbono collocarsi, e i loro effetti. Il più grande partito dell’Unione, e altresì dell’Ulivo, non sceglie solo per sé, non ha da risolvere solo un conflitto interno: la dimensione della vicenda rimanda a una crisi del modo di fare politica, esige una risposta che sia insieme politicamente efficace ed esemplare sul piano dello stile (se non vogliamo dire dell’etica). Sappiamo bene che ogni partito, ogni raggruppamento politico che non sia una mera accozzaglia casuale di sentimenti e interessi ha una propria rispettabile logica interna, una storia che condiziona, un complesso di realtà personali, di gruppo, di culture, e perciò non ha senso farla facile e dire: ”il tale se ne deve andare, il talaltro speriamo che d’ora in poi stia zitto”. Certo, anche questo può essere, pur se doloroso e magari rischioso, necessario: quando ho letto l’intervista di Giorgio Napolitano, uno dei grandi vecchi che viene dal vecchio partito – tanto per dirne uno solo dei molti che sono intervenuti -, anche ripensando all’antico stile linguistico dei comunisti, quando dice che D’Alema e Fassino hanno “commesso errori”, l’ho interpretato subito come se dicesse:”se ne devono andare”.Ma un semplice regolamento interno a base di critiche e autocritiche, non sarebbe certo irrilevante, ma non risolverebbe, in fin dei conti, un bel nulla.

Com’è stato osservato ormai un migliaio di volte, la storia Ds-Consorte rivela una mentalità, uno stile, una concezione dei fini, che alla lunga non può reggere – a meno che non sia sostenuta da uno spirito davvero canagliesco, che i Ds non sembrano possedere , e verosimilmente non possederanno mai: se fai politica in partnership (stretta o lenta) con finanzieri e affaristi più o meno d’assalto, per quanto tu intenda agire per il bene del partito, al minimo ti capiterà di passare per un ingenuo irresponsabile, al massimo, per un comoplice, magari indiretto. E allora, le benintenzionate grida di protesta suoneranno come fastidiose strida. Diciamo che si tratta d’una questione d’”immagine” : ma non è poco (se non c’è altro). C’è in Italia un clima di degenerazione complessiva, e i Ds devono avere il coraggio di reagire positivamente, a costo di sacrifici, proprio perché sono il maggiore partito dell’opposizione, le cui responsabilità oggettive e la cui forza d’esempio s’estende all’intero campo dello schieramento democratico: se invece continua a reagire prendendosela coi giornali, dolendosi delle trappole, rivendicando le buone intenzioni, c’è il rischio che favorisca il proprio discredito, favorendo l’ovvio disegno della Destra, che può rimediare al proprio enorme discredito solo rendendolo bipartizan. Comunque, il ridicolo falso machiavellismo, il “realismo” d’accatto, l’antimoralismo da caffè dello Sport, si spera, scomparirà, dopo quest’amara lezione, dall’orizzonte della “diversità” diessina.

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